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Il messaggio ai giovani del conduttore di Report: “A chi vuole fare il mio mestiere dico: battete il marciapiede, scarpinate”

La politica è stata appiattata ai portavoce. O ai monologhi sui social, Non appena fai una domanda vera s’infuriano. Querele? Due a puntata. Il record per l’indagine su Tosi: diciannove per trentasei minuti di servizio. Tutte vinte sempre, e faccio gli scongiuri”. Sigfrido Ranucci racconta così, in un’intervista al settimanale “Venerdì” di La Repubblica, i retroscena di Report, la trasmissione d’inchiesta che conduce dal 2017, in onda in prima serata ogni domenica. Per Ranucci, tra l’altro recentemente “processato” in commissione di Vigilanza Rai per il suo lavoro, “il giornalismo di inchiesta è illuminare le zone d’ombra, con libertà, senza padroni. E’ incidere, col tuo lavoro, sulla vita dei cittadini”. Il giornalista ha raccontato di aver iniziato a lavorare in Rai nel 2003. “Quando sono arrivato al TG3, come assistente di programma, osservavo Roberto Morrione che di buon mattino arrivava in redazione con le cassette per scalettare il suo pezzo. Io lo facevo per gli altri, lui lo faceva da solo. Poi mi volle con sé a Rai International e lì feci molti colpi. Con la mia telecamera - ha raccontato - testimoniai l’uso di armi chimiche, da parte degli Usa, sulla popolazione della città irachena di Falluja. Fece rumore. Milena Gabanelli mi volle con sé. Era il 2005”.
Quindi il conduttore di Report è sceso nei particolari della sua quotidianità spiegando come nasce un servizio di inchiesta. “Le inchieste nascono dalle fonti dei giornalisti o dalle segnalazioni. In una stagione ne arrivano 78mila. Ogni inchiesta richiede una lavorazione sul terreno di due, tre mesi almeno. Ho una squadra straordinaria. Controllo i testi cinque volte. Non è solo una questione di precisione, ma anche di narrazione, di ritmo. Non posso sbagliare prima di una pausa publicitaria, per non fare cambiare canale allo spettatore”. Un lavoro molto faticoso, ha confessato. “Durante la programmazione non stacco per 170 giorni di fila. Come guidare ogni giorno una Ferrari a 300 chilometri orari. Non puoi permetterti di sbagliare una curva”.
Per via del suo lavoro e del suo team, Ranucci è stato anche minacciato da un ‘ndranghetista e per questo, da tre anni, vive protetto da agenti scorta. Ma questo, ha rassicurato il giornalista, “non ha inciso sulla qualità della mia vita. Report è totalizzante. Quest’anno ci hanno dato quaranta minuti in più, ogni settimana va presentata un’inchiesta di oltre due ore. Un format unico al mondo”. E spesso arrivano lettere di avvocati. “La Rai ogni volta che mi arriva una citazione civile è costretta ad accantonare il 15 per cento della cifra richiesta. Fino ad ora è andata bene, e l’azienda se li ritrova in un fondo. Alla fine quello che rischia di essere un costo è una risorsa”. Ad oggi, dopo 38 anni di giornalismo, Ranucci vanta ancora la fedina penale pulita nonostante 176 tra querele e richieste di risarcimento danni.
Quelli che si sono arrabbiati di più - ha rammentato - sono stati Renzi, Gasparri, Brugnaro. Tremonti ingaggiò battaglie furibonde con Gabanelli, ci definiva iettatori”.
Il criterio che segue la sua redazione è “il giornalismo”. “Un fatto vero, verificato, esposto con continenza, va reso pubblico”. E a chi accusa Report di essere faziosa Ranucci ha risposto “non guardiamo in faccia nessuno. Ho pubblicato molte volte cose di parti con cui non sono d’accordo”. Infine, il giornalista ha dato consigli ai più giovani che vorrebbero fare il suo mestiere: “Il mio consiglio è battere il marciapiede, scarpinare. Al tempo di internet non è mai stato così necessario”.

Foto © Paolo Bassani

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