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Alla libreria “Tantestorie” di Palermo presentato l’ultimo libro del condirettore dell’Agi

Traditori sono coloro che hanno vestito una divisa e hanno tradito. Sono le persone che si girano dall’altro lato. Sono quella borghesia che nei fatti copre i mafiosi. Sono coloro che lasciano soli grandi magistrati, come Nino Di Matteo, rendendosi complici del loro isolamento. Sono le persone che continuano a ‘mascariare’ la verità e a nascondere il sole con un dito, cercando di far comprendere che in questo Paese non c’è stata una trattativa che invece c’è stata”. A dirlo è Paolo Borrometi, intervistato da ANTIMAFIADuemila a margine della presentazione del suo ultimo libro, “Traditori” (editore Solferino), avvenuta ieri sera alla libreria “Tantestorie” di Palermo assieme al libraio Giuseppe Castronovo e al giornalista di La Repubblica Salvo Palazzolo

Il libro del condirettore dell’Agi ripercorre la storia recente dell’Italia, insanguinata da decine di episodi stragisti e delitti eccellenti, e avvelenata da depistaggi e segreti di Stato.


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Da sinistra: Giuseppe Castronovo, Paolo Borrometi e Salvo Palazzolo


In quattrocento pagine il giornalista ragusano, da anni sotto scorta, non fa sconti a nessuno e ricostruisce con dovizia di particolari e fonti gli anni della strategia della tensione e quelli della P2, di Via Fani, le stragi dall’Italicus al Rapido 904, per passare da Capaci a via d’Amelio, ma anche il delitto Agostino, i “suicidi” indecifrati dentro e fuori le carceri di Attilio Manca (urologo) e Antonino Gioè (boss di Altofonte), e poi le stragi del ’93, “in Continente”, che rappresentavano quel terrorismo mafioso ordito da Totò Riina per trattare con lo Stato da una posizione di forza; fino ad arrivare all’arresto di Matteo Messina Denaro. Fatti e misfatti resi possibili grazie al lavoro sinistro di tanti infedeli: magistrati, politici, poliziotti, carabinieri, ispettori, funzionari, agenti dei servizi segreti. “In questo Paese tantissimi servitori dello Stato che hanno indossato con orgoglio la divisa sono stati messi troppo spesso in secondo piano rispetto a quelli che sono stati e sono traditori”, ha affermato Borrometi.

Il condirettore dell’Agi ha fatto quindi riferimento ai tanti documenti preziosi sottratti da mani invisibili a chi indagava sui martiri della giustizia. Documenti che avrebbero potuto restituire verità sulle morti di questi martiri. Salvo Palazzolo, sull’argomento, ha usato l’espressione “parole rubate”. Le “parole rubate di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, di Peppino Impastato, di Carlo Alberto Dalla Chiesa, di Ninni Cassarà ecc…”. “Io non credo che le parole rubate siano state nelle celle di Totò Riina, Bernardo Provenzano o Matteo Messina Denaro. Io credo che siano all’interno di qualche archivio di Stato”, ha dichiarato. “C’è stato un metodo del delitto a Palermo”, ha poi spiegato Palazzolo.


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Dopo gli omicidi eccellenti, qualcuno è sempre entrato nelle scene del delitto nelle case, negli uffici, portando via le ultime parole delle nostre vittime. E’ successo con Borsellino, con Falcone, con Cassarà, con Impastato, con Dalla Chiesa e con Nino Agostino”. Il nonno di Agostino, Vincenzo, era presente ieri alla presentazione del libro insieme alla figlia, Flora Agostino. “La storia di Vincenzo Agostino è una di quelle circostanze che mi ha spinto a scrivere questo libro”, ha rivelato Borrometi ringraziando della presenza il padre del poliziotto ucciso insieme alla moglie Ida Castelluccio il 5 agosto 1989. “La barba bianca di Vincenzo Agostino (il padre dell’agente non la taglia dal giorno dell’omicidio del figlio, ndr) la interpreto sempre come la sofferenza di ognuno di noi. Non possiamo pensare che lo sforzo di ricerca di verità e giustizia appartenga solo ai familiari delle vittime di mafia, ognuno di noi se ne deve fare carico”, ha detto l’autore. “Altrimenti è inutile dire che ‘le loro idee cammineranno sulle nostre gambe’ (famosa citazione di Falcone poi parafrasata dai collettivi antimafia, ndr) se poi ci giriamo il giorno dopo dall’altro lato. E’ semplicemente questo quello che ho tentato di fare”, ha affermato Borrometi. “Ho tentato di raccontare e dare voce a donne e uomini che non ci sono più e tante donne e uomini che ci sono ancora e continuano a chiedere verità e giustizia”.

Un libro come questo è per continuare a riflettere, perché vedo troppe cose che vengono date per scontate. La sofferenza non è una cosa scontata”, ha aggiunto.


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I traditori di oggi
Ci sono tante cose che non sappiamo. Sono convinto che l’art. 21 della Costituzione non sia soltanto il diritto e dovere di noi giornalisti a informare ma sia soprattutto il diritto dei cittadini a essere informati”, ha detto l’autore del libro. Su questo spunto, Salvo Palazzolo ha ricordato che i “traditori” non sono storia del passato, ma storia contemporanea.

Il 16 gennaio di quest’anno è stato finalmente arrestato l’ultimo grande latitante di mafia: Matteo Messina Denaro”, ha esordito il giornalista sul punto. “Fra i suoi pizzini ce n’era uno che riguardava le indicazioni che dava alla sorella su certe telecamere. Le diceva di stare attenta ad alcune telecamere particolari. Indicazioni che probabilmente il latitante aveva saputo da qualcuno. In un altro si faceva riferimento al fatto che nella strada di campagna dove c’era la sorella del boss, in cui si trova una vecchia ferrovia, tutto era andato a ‘scatafascio’ perché aveva saputo che c’erano telecamere piazzate sia dal Ros che dallo Sco”. Ecco che, secondo Palazzolo, “non possiamo immaginare e dire che l’ultimo latitante sia stato libero per trent’anni perché è stato più bravo delle squadre di eccellenza del Ros e dello Sco”. “Più volte sembrava vicina la cattura del latitante - ha spiegato Palazzolo - . Più volte stavano per realizzarsi blitz, ma poi all’improvviso tutto svaniva”, ha ricordato il relatore. “Per molti anni la partita è stata truccata. E allora chi ha aiutato Messina Denaro?”, si è chiesto Palazzolo. “Non sappiamo ancora qual è la sua rete di favoreggiatori”. Altro elemento che, a detta di Palazzolo, indica che i traditori non appartengono al passato ma al presente riguarda la vicenda giudiziaria dell’ex presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro, condannato (pena scontata) per favoreggiamento a Cosa nostra.


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Qualche giorno fa - ha rammentato Palazzolo - La Repubblica ha realizzato una riunione di redazione in università e Alfredo Morvillo (uno degli ospiti, ndr) ha parlato di ‘traditori’, dicendo che traditori sono quei politici che hanno fatto patti con la mafia. E Morvillo ci ha ricordato che una persona, un traditore, Totò Cuffaro condannato (pena scontata, ndr) per aver passato notizie al boss di Brancaccio, ha il diritto di rifarsi una vita ma la politica dovrebbe dirgli 'no grazie'”.

Questo argomento, ha sottolineato il giornalista, “a che fare con i traditori”. “E’ il tema dei segreti”. “Perché Totò Cuffaro è così potente ed ha potuto fare in una difficilissima campagna elettorale l’ago della bilancia riuscendo a mettere d’accordo il centro-destra? Andiamoci a rivedere la requisitoria in cui i magistrati ci dissero che Salvatore Cuffaro non ha mai svelato chi fosse la talpa romana che gli diede la notizia dell’indagine su Michele Aiello e sulle talpe romane”. Allora, ha dedotto Palazzolo, “Cuffaro detiene un segreto grande”. “Chi era questo politico romano che all’epoca gli svelò questa indagine? Forse un politico del centro-destra? Ci sono intercettazioni [...] Più volte gli ho chiesto chi fosse ma Cuffaro dice di non avere segreti”.

 


Per concludere sia Borrometi che Palazzolo, hanno sottolineato l’importanza di una società civile attenta e sensibile. Entrambi hanno focalizzato l’attenzione sull’importanza di una ricerca della verità sulle stragi e sui delitti di mafia che non parta solo dagli addetti ai lavori ma anche dalla gente comune.

Queste domande devono essere fatte da noi cittadini perché quelle verità ci appartengono e non si può guardare al futuro senza chiudere quei conti con il passato”, ha detto l’autore del libro. “Quei morti si possono seppellire solo con la verità”.

In foto di copertina da sinistra: Giuseppe Castronovo, Paolo Borrometi e Salvo Palazzolo © Giorgio Di Stefano

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