“E sfida i gruppi di potere criminali…” sarebbe la giusta continuazione del titolo.
Un vento caldissimo sferza l’aria di questa mattinata a Catania: siamo nella zona del porto, davanti allo scheletro che fu, sino a qualche decennio fa, uno dei più grandi cementifici siciliani.
E’ qui che la Fillea Cgil di Catania, con il suo segretario Vincenzo Cubito, ha chiamato a raccolta le forze più fresche della città, tra loro l’Arci e I Siciliani Giovani, oltre a singoli cittadini, e la Camera del lavoro catanese, per denunciare a gran voce e senza fronzoli l’ennesimo tentativo di speculazione edilizia che rischia di consumarsi nella città etnea: cemento al posto di una progettazione partecipata e di rigenerazione urbana!
I fatti
E’ Luisa Santangelo, giovane e coraggiosa giornalista catanese, che, quasi per caso, fa esplodere lo scandalo: qualcuno le suggerisce di osservare la zona del porto di Catania, perchè particolarmente importante e soprattutto già cementificata. Una soffiata che le fa capire che probabilmente intorno a quest’area della città ci sono degli interessi da seguire dal punto di vista giornalistico. Luisa impiega circa un anno per mettere insieme i pezzi del puzzle e alla fine scopre che c’era stata già una compravendita per quest’area, che c’erano degli imprenditori interessati e, addirittura, degli advisore che si occupavano di “discutere” e trattare con la Amministrazione pubblica, proponendo collaborazioni tra pubblico e privato, (o tra privato e pubblico secondo il punto di vista) , incastrando i vari interessi: quelli dell’Autorità portuale, della Amministrazione e , naturalmente, quelli dei privati stessi.
Quale è però l’anomalia in questa storia? Il fatto che non esistano documenti pubblici, niente! Soltanto, a quanto pare, la voltura di un passo carrabile.. Ben poca cosa, o meglio, a fronte dei grandi interessi sull’area, cosa che farebbe alzare dalla sedia qualsiasi magistrato che si trovasse ad esaminarne la documentazione.
Tutto questo avrebbe meritato sicuramente più dialogo tra amministrazione e cittadini, anche per metterne in chiaro eventuali opacità. Appare quasi scontato che questo modus operandi non apre al confronto e innesca tanti , troppi dubbi , in chiunque.
“E’ una città, Catania, che ha bisogno di un piano regolare generale, che ne ha bisogno...” mi dice Vincenzo Cubito, e continua… é probabile che la mancanza di un piano regolatore risponda ad una precisa, e criminale, scelta politica: non conviene a chi intendeva e intende speculare… Non possono essere soltanto i privati, spesso esponenti di gruppi di interessi poco o per nulla trasparenti, a dettare l’agenda degli interventi in materia di edilizia urbana.” continua Cubito.
“Catania è una città che non vive nelle regole!” mi dice senza mezze parole il segr. gen. della Fillea Cgil Sicilia Giovanni Pistorio, “soprattutto per ciò che riguarda il rispetto del territorio e gli interventi urbanistici disprezza assolutamente le regole”.
Infatti è dagli anni '60, cioè da quando Piccinato tentò di mettere ordine attraverso un progetto di Piano regolatore per la città, che questa città è cresciuta nel disordine totale, preda di speculatori e palazzina senza scrupoli.
Catania è una città che perde ogni anno 30.000 abitanti, una vera e propria emorragia in linea con l’andamento drammatico dei dati dell’emigrazione nel sud Italia, non può essere quindi concepita e accettata una idea di città che prevede di “spalmare” indiscriminatamente tonnellate e tonnellate di cemento solo per favorire gli affari sporchi di chicchessia.La battaglia che al momento, ma solo al momento, la Fillea di Catania, la Cgil Catania e le altre associazioni hanno iniziato in solitudine e con grande coraggio, è una battaglia che deve riguardare tutti i catanesi, fuori dalle appartenenze e fuori dagli schieramenti politici, perchè è una battaglia di civiltà, per il futuro e la bellezza di una Catania che merita verde, che merita ossigeno e libera, definitivamente, dal giogo mafioso.
Speculazione edilizia: a Catania c'é chi dice no!
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- Alberto Castiglione