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“I loro gesti fanno scuola. I giovani uccisi dalla droga sono giovani uccisi dalla mafia perché l’industria della droga è nelle mani della mafia”

Se alcuni rappresentanti delle istituzioni fanno uso di cocaina mi domando allora se la loro assenza nelle occasioni pubbliche in cui abbiamo affrontato l’emergenza droga sia motivata non soltanto dal disinteresse o da altri impegni istituzionali, ma anche dal fatto che loro stessi sono coinvolti. La droga dei ricchi, mentre a poche centinaia di metri dal parlamento siciliano, i ragazzi muoiono per gli scarti della stessa droga”. 

E’ durissimo l’attacco che l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice rivolge a chi nel mondo delle istituzioni, come l’ex presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, è solito fare uso (ora o in passato) di sostanze stupefacenti. “Gli adulti hanno una grande responsabilità nei riguardi dei giovani che si perdono nella droga. Credo che i giovani siano così sbandati perché siamo noi adulti i primi a esserlo. Siamo immaturi, adolescenti che dovrebbero introdurre nella loro vita altri adolescenti e non ci riescono. Il nodo siamo noi adulti non i ragazzi e gli ultimi fatti di cronaca che raccontano il consumo di droga fra i rappresentanti dell’Ars riporta alla ribalta questo tema cardine”, ha chiosato.

Secondo l’arcivescovo, intervistato da La Repubblica, chi fa il parlamentare e viene trovato a consumare droghe non può liquidare la questione giustificando la cosa come una debolezza umana, un qualcosa che riguarda la sfera personale.

I loro gesti fanno scuola: a quel punto non potranno più salire in cattedra e dire come risolvere, per esempio, la vicenda dei giovani in preda al crack, dire come combattere questa emergenza, proporre una legge per contrastarla se magari loro stessi fanno uso di droga. Come si fa? Quale autorevolezza potrebbero avere? Credo che si stia perdendo completamente questa consapevolezza, cioè che quando si assume una funzione pubblica, un ruolo civile, un tuo gesto può condizionare in positivo o in negativo chi lo vede o chi lo legge”, ha affermato. A detta di Lorefice “si è perso di vista il ruolo educativo dei rappresentanti delle istituzioni, che sono prima di tutto dei formatori, non dei semplici burocrati. Chi decide di mettersi in gioco in politica e quindi nella costruzione della città degli uomini deve essere capace di una vita esemplare. Come lo è ancora padre Pino Puglisi a trent’anni dalla sua morte per mano mafiosa. Questo non si può dimenticare. E nel caso dell’uso della droga c’è anche un’aggravante”.

I giovani uccisi dalla droga, sono giovani uccisi dalla mafia perché l’industria della droga è nelle mani delle organizzazioni mafiose come è noto. I politici che consumano cocaina alimentano quest’industria, la stessa che con cinque euro distrugge la vita dei ragazzi, li raggiunge per strada, all’uscita di scuola. Se c’è il crack, lo scarto della cocaina, la droga dei poveri, è chiaro che a monte c’è chi si può permettere di pagare una dose di cocaina cento euro. Una doppia beffa: come rappresentante delle istituzioni alimento tutte le conseguenze dell’industria della droga in mano alla mafia. Attenzione a questo. Chi consuma droga, chi la spaccia alimenta questa industria. Sia chiaro”, ha affermato.

Non è una questione moralistica - ha aggiunto - si tratta di etica. Quando muore un giovane a 19 anni per crack, come fa un rappresentante delle istituzioni che fa uso di cocaina a presentarsi? Probabilmente sanno che dal punto di vista etico non possono assolutamente rappresentare nulla. L’assenza è motivata anche da questo? Me lo chiedo”.

Per l’arcivescovo i politici dovrebbero “riappropriarsi dell’identità etica di chi rappresenta le istituzioni: non sono un luogo di ostentazione di potere, ma sono un luogo di servizio perché devono costruire la città umana. Sono al servizio soprattutto della libertà dei cittadini da ogni forma di potere che strumentalizza, invece, le problematiche sociali che vive una città come Palermo per altri fini che sono quelli tipici della mafia”. E nel concreto lo politica a Palermo potrebbe dare seguito, ha suggerito Lorefice, “alla proposta di legge regionale per un intervento sociosanitario integrato sulle dipendenze che il dipartimento di Giurisprudenza sta portando avanti con il lavoro di studenti, docenti ed esperti non deve essere l’ennesima che finisce nel dimenticatoio del parlamento siciliano”. “Non possiamo disattendere il lavoro che è stato fatto dal basso, dalla carne delle persone che hanno scelto di avere un ruolo politico autentico nella città che abitano. Perché la politica non è quella che si fa nei palazzi e nei partiti. A maggior ragione dopo questi fatti di cronaca, dunque - ha concluso - il governo regionale deve assumersi la responsabilità di portarla avanti”.

Foto © Deb Photo

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