Gli ex membri togati del Consiglio superiore della magistratura Giuseppe Marra e Giuseppe Cascini sono indagati per omessa denuncia: Cascini, procuratore aggiunto a Roma, è indagato per competenza a Perugia, mentre su Marra, in forza al Massimario della Cassazione, procedono i pm capitolini.
La vicenda riportata dal 'Fatto Quotidiano' e dal quotidiano 'La Verità' riguardava la diffusione dei verbali degli interrogatori resi da Piero Amara ai magistrati milanesi nei quali si faceva riferimento alla 'Loggia Ungheria' e poi arrivati ad alcune testate giornalistiche e al Csm.
A denunciare tutto questo fu l'allora consigliere togato Nino Di Matteo - ora sostituto procuratore nazionale antimafia - durante la seduta plenaria del Csm nell'aprile del 2021: "Nei mesi scorsi ho ricevuto un plico anonimo tramite spedizione postale contenente una copia informale, priva di sottoscrizioni, di un interrogatorio di un indagato davanti all'autorità giudiziaria. Nella lettera anonima che accompagnava il documento quel verbale veniva ripetutamente indicato come segreto. Nel contesto dell'interrogatorio l'indagato menzionava, in forma diffamatoria se non calunniosa e come tale accertabile, circostanze relative a un consigliere di questo organo" aveva detto Di Matteo.
Il percorso dei verbali verso il Csm era stato assai tortuoso: le carte erano state rese dall’avvocato Piero Amara – ex consulente esterno dell’Eni – al pm di Milano Paolo Storari. Il magistrato lamentando una presunta inerzia investigativa dei suoi capi (l’allora procuratore Francesco Greco e l’aggiunta Laura Pedio) li aveva consegnati a Piercamillo Davigo, allora consigliere del Csm. Davigo, a sua volta, nella primavera del 2020 aveva fatto girare i documenti a palazzo dei Marescialli, mostrandoli (o descrivendone il contenuto) ad almeno cinque consiglieri, al vicepresidente dell’organo David Ermini e al primo presidente e al procuratore generale della Cassazione, Pietro Curzio e Giovanni Salvi.
Per queste condotte il tribunale di Brescia ha condannato a un anno e tre mesi (pena sospesa) Piercamillo Davigo per rivelazione del segreto d'ufficio mentre Storari è stato assolto in rito abbreviato.
Le considerazioni del gup Nicolò Marino
Il giudice di Roma Nicolò Marino già nelle motivazioni della sentenza con cui aveva prosciolto la ex segretaria di Davigo, Marcella Contraffatto, aveva specificato che i verbali consegnati da Davigo a Ermini e ad altri consiglieri del Csm fossero coperti da segreto investigativo e che, in quanto segretati, costituissero corpo di reato.
"Detti punti fermi - si legge nella sentenza di proscioglimento - dovranno essere presi in considerazione da chi voglia, anzi, debba analizzare il comportamento esigibile da ciascun consigliere dell'organo di autogoverno della magistratura allorché di quei verbali avesse avuto la disponibilità. Il comportamento esigibile, del resto, coincide con quello adottato dal solo consigliere togato Nino Di Matteo una volta ponderati gli improvvisi accadimenti che lo avevano visto protagonista, ovvero la denuncia alla competente autorità giudiziaria, pure suggerita dallo stesso Di Matteo e dal consigliere Ardita al senatore Morra".
Da osservarsi come il gup di Roma non abbia fatto nomi di singoli consiglieri, ma che anzi abbia allargato il campo riferendosi a "ciascun consigliere dell'organo di autogoverno della magistratura" che avesse avuto disponibilità di quei verbali.
"Deve osservarsi - ha scritto il gup - come il vice presidente Ermini abbia sottolineato, a proposito di quanto comunicatogli da Davigo su Ardita la circostanza che questi potesse appartenere alla massoneria e come il massone dovesse essere considerato tale anche se assonnato. Trattasi di affermazioni gravissime (naturalmente quelle di Davigo), unitamente alle esternazioni sul contenuto dei verbali di Amara, comunicate da Davigo anche ad altri consiglieri del Csm, al vice presidente Ermini, a Salvi, con la apparente ferma convinzione che il portato dichiarativo di Amara corrispondesse a verità, addirittura svolgendo accertamenti sulla credibilità del dichiarante tramite il consigliere Cascini, in palese violazione delle norme di legge che regolamentano le attribuzioni meramente amministrative e collegiali di componente del Csm, con la conseguenza di avere arrecato ad Ardita un danno ingiusto, consistito nell'isolamento di questi all'interno del Csm, per di più sconsigliando il senatore Morra dal portare avanti una proposta di collaborazione istituzionale dello stesso Ardita con la Commissione Parlamentare Nazionale Antimafia (secondo il racconto di Morra)". Quanto alla deposizione resa da Giuseppe Cascini il 15 novembre 2022 scorso al tribunale di Brescia, il gup Marino spiega che "il racconto offerto dal consigliere nel corso dell'esame e del controesame cui è stato sottoposto ci consegna un'immagine preoccupante ed assai allarmante del Csm, che ancora una volta sembrerebbe avere operato, in questa o in altre vicende, non sulla base di conoscenze, rituali comunicazioni e/o atti formalmente acquisiti dall'organo di autogoverno della Magistratura, bensì nella logica della 'congiura di Palazzo'".
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