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Lunedì mattina, al Teatro Regina Margherita di Caltanissetta, in occasione della giornata della Legalità scuole ed istituzioni si sono incontrate affrontando il tema “Cittadinanza e legalità nella scuola italiana”.
Un momento importante di confronto e riflessione, fortemente voluto dal Provveditorato e organizzato dall’Ufficio Scolastico Regionale Sicilia – A.T. di Caltanissetta ed Enna in collaborazione con il Comune di Caltanissetta per consentire di “affondare le radici della legalità” nelle coscienze dei giovani dando avvio avvio ad un percorso capaci di formare cittadini attivi del present e del domani.
Protagonisti dell’incontro, come soggetti attivi, le delegazioni degli studenti delle scuole secondarie di II grado presenti sul territorio di Caltanissetta ed Enna e i rappresentanti delle Forze dell’Ordine.
Per questo motivo hanno partecipato il Prefetto di Caltanissetta Chiara Armenia, il Prefetto di Enna Maria Carolina Ippolito, il Sindaco di Caltanissetta Roberto Gambino, il Sindaco di Enna Maurizio Dipietro, il Componente del CSM ex magistrato italiano Gioacchino Natoli, il Presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta Maria Grazia Vagliasindi, il Dirigente tecnico con funzioni ispettive, Coordinatore regionale degli ispettori USR Sicilia Filippo Ciancio e in videoconferenza il Sostituto Procuratore Nazionale antimafia Nino Di Matteo. Tutti moderati dal dirigente scolastico Dario Costantino.

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Si è così parlato di vari temi, ricordando l'impegno di tanti martiri come Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici, e così via, che non erano "eroi", ma "magistrati che hanno fatto il proprio dovere".
Si è parlato di mafia, della sua evoluzione, dell'impegno quotidiano che ognuno può mettere.
Sono stati anche ricordati i risultati ottenuti in questi oltre trent'anni che ci separano dalle stragi di Capaci e via d'Amelio, con gli arresti dei boss mafiosi, ma anche delle nuove verità ottenute con processi nisseni come il Borsellino quater o il Capaci bis, entrambi definiti fino al terzo grado di giudizio in Cassazione.
Particolarmente atteso era il confronto con il magistrato Nino Di Matteo il quale ha risposto anche a diverse domande dei giovani. "E' un confronto importante - ha detto - perché permette di far vedere le istituzioni non come qualcosa di distante, ma di vicino, di raggiungibile. Noi magistrati dobbiamo sempre ricordare che il nostro è un ruolo di servizio alla collettività in nome alla nostra Costituzione che significa quindi aiutare i più deboli e le minoranze". Di Matteo ha dunque ricordato come in Sicilia da cinquant'anni a questa parte, si è pagato un prezzo altissimo di sangue nella lotta contro la mafia, con decine e decine di magistrati, ufficiali di polizia, carabinieri, preti, giornalisti, imprenditori, cittadini comuni.


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Quindi ha evidenziato anche il dato per cui "la mafia siciliana sia stata sempre capace di intessere e coltivare e mantenere rapporti con il potere ufficiale, politico, istituzionale e imprenditoriale. Questa è l'essenza di Cosa nostra che dobbiamo comprendere per reagire contro il fenomeno mafioso che è presente nella nostra terra. Un fatto evidente anche se capisco, perché anche io ne soffrivo, il dispiacere che si prova nel sentire bollata la Sicilia ed i siciliani con la mafia e la mafiosità. A questo dobbiamo rivendicare con orgoglio che in questa terra si sono scontrati il bene e il male. Ed abbiamo avuto siciliani come Falcone, Borsellino, Livatino, Saetta e tanti altri che hanno sacrificato la propria vita per gli ideali in cui credevano". Un altro argomento è stato anche quello dell'informazione e Di Matteo ha anche evidenziato i rischi che si celano dietro la "rappresentazione rassicurante" che oggi "la mafia sia stata sconfitta".


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Dunque ha invitato ai giovani "a prendere la parola anche quando non siete d'accordo con la condotta di esponenti istituzionali. Perché il pericolo più grande che grava in generale nella società italiana, ma ancor di più voi che rappresentate il futuro del Paese, è quello della rassegnazione. Ma le cose possono essere cambiate". Anche per questo è necessario che "le istituzioni, ed in particolare la politica, faccia la sua parte nella lotta alla mafia mettendo il contrasto ai primi posti dell'agenda". Dopodiché Di Matteo ha anche commentato ciò che è avvenuto il 23 maggio a Palermo con i giovani che sono stati manganellati dalla polizia.
Successivamente ha preso la parola Gioacchino Natoli che ha raccontato gli anni di lotta del pool a Palermo, e l'impegno che c'è stato immediatamente dopo le stragi, ma anche cercando di ragionare sulla necessità di nuove forme di comunicazione con i giovani e le istituzioni. Un concetto ribadito anche dagli altri presenti. Infine c'è stato spazio anche a dei doni-simboli come i bonsai, dati ai presenti, volti a rappresentare le radici della legalità, nella speranza che possano espandersi nelle coscienze dei tanti ragazzi presenti.

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