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Paolo Borrometi, oltre ad essere un amico, è un grande giornalista. Coraggioso, come testimoniano le sue numerose inchieste antimafia che le sono costate la possibilità di vivere serenamente. Da 9 anni, infatti, vive sotto scorta per le minacce mafiose subite. Era il 16 aprile 2014 quando la vita di Paolo cambiò, dopo essere stato massacrato di calci e pugni da due uomini incappucciati in aperta campagna. Aveva da poco svolto un’inchiesta giornalistica nei confronti del clan di Scicli, nel ragusano. Da quel momento è finito non solo sotto scorta ma anche sotto delegittimazione. E con lui la sua famiglia. Le minacce sono continuate anche via social ma, nonostante tutto, Paolo Borrometi non ha fatto un passo indietro. E con grande coraggio di recente ha alzato ancora di più l’asticella puntando il dito verso i “traditori” da cui prende il nome il suo ultimo libro (ed. Solferino): “Traditori. Come fango e depistaggio hanno segnato la storia italiana”. Quattrocento pagine di grande giornalismo e memoria storica con cui il condirettore dell’AGI è andato oltre la linea d’ombra, la coltre di fumo, la verità comoda che, come pietra tombale, sotterra i segreti di Stato della nostra Repubblica. Quattrocento pagine che chiedono: perché tante stragi e delitti in Italia rimangano impuniti; perché la ricerca della verità sia sempre così difficile; e, soprattutto, perché come disse Giovanni Falcone “in questo paese per essere credibili bisogna essere ammazzati” - e questo Paolo lo sa - e, a volte, neanche questo basta. In “Traditori” Borrometi non fa sconti a nessuno e ricostruisce con dovizia di particolari e fonti gli anni della strategia della tensione e quelli della P2, di Via Fani, le stragi dall’Italicus al Rapido 904, per passare da Capaci a via d’Amelio, ma anche il delitto Agostino, i “suicidi” indecifrati dentro e fuori le carceri di Attilio Manca (urologo) e Antonino Gioè (boss di Altofonte), e poi le stragi del ’93, “in Continente”, che rappresentavano quel terrorismo mafioso ordito da Totò Riina per trattare con lo Stato da una posizione di forza; fino ad arrivare al recente arresto di Matteo Messina Denaro. Ricostruisce quel filo rosso che collega stragi e delitti eccellenti alzando la cortina dei depistaggi che li accomuna. “Mani” che ripuliscono luoghi velocemente, testimonianze ignorate, documenti spariti, di connessioni dolosamente ignorate. Di fronte a tutto ciò, “Traditori” è un libro ribelle, scomodo e contrario alle chiacchiere - troppe e inutili - che negli anni hanno invaso commemorazioni e dibattiti pubblici e politici. Libri come questo scoprono il “velo di Maya” mettendo nero su bianco quello che non si vuole vedere, ovvero che non esiste “non è mai esistita una mafia sporca e uno Stato pulito”. 


 

''Traditori'': Paolo Borrometi alza la cortina dei depistaggi della Repubblica con il suo nuovo libro

Il condirettore dell’AGI analizza la macchina del fango dei “traditori” della verità dietro le pagine buie del Paese

di Jamil El Sadi
L'Italia è la Repubblica dei misteri, dei casi perennemente irrisolti, delle infinite inchieste che si inoltrano su piste tortuose. Ma è anche il Paese dei depistaggi (talvolta di Stato), che spesso si annidano dietro le indagini inconcluse tra manipolazioni e piste create ad arte per sviare dalla verità. Ed è proprio questo il cuore del nuovo libro di Paolo Borrometi, giornalista e condirettore dell’AGI che da 9 anni vive sotto scorta per le minacce mafiose contro di lui: "Traditori. Come fango e depistaggio hanno segnato la storia d'Italia" (ed. Solferino).
Per Borrometi i traditori sono quegli attivisti impegnati nel “confunde et impera”, variante del “divide et impera” dei latini. Confondi, intorbida le acque, rimesta nel fango, e dominerai. La confusione come strumento di potere (occulto, ma anche palese).
“A ben vedere - si legge nel primo capitolo del libro -, la storia del nostro Paese si snoda lungo un percorso ininterrotto di capitoli drammatici in cui proprio il chaos sembra essere stato da sempre l’arma vincente, se non la prima, di chi ha lottato (e lotta) per conquistare il potere, o per conservarlo. Confondere per generare paura, seminare discordia, per difendere interessi illegittimi. Confondere per nascondere trame indicibili, confondere per sovvertire, confondere per dividere. Confondi e dividi, dividi e conquista”.
“Traditori” ricostruisce con un rigore documentale "storie di lotta per il potere che si sono mosse in direzioni molto diverse da quelle di un legittimo confronto democratico, riproducendo schemi e strategie che hanno fatto delle stragi, dei tradimenti e del chaos una costante della dialettica politica dell'Italia Repubblicana". La narrazione parte da una pagina, controversa, di storia: la sbarco alleato in Sicilia, e il ruolo che la mafia ebbe nei preparativi di quell'operazione decisiva per le sorti della Seconda guerra mondiale. Non solo per i contatti tra il boss italoamericano Lucky Luciano e l'intelligence della Marina militare statunitense, ma anche per il più generale convincimento dei servizi segreti americani che solo Cosa Nostra avrebbe potuto controllare le masse contadine siciliane. È già allora che si affacciano i "traditori", quando "in uno Stato che ancora stava per nascere, concessioni, benevolenze e incarichi pubblici affidati ai mafiosi andarono a comporre l'intelaiatura del perverso intreccio di potere tra mafia e istituzioni che ancora oggi tristemente conosciamo", scrive Borrometi.


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Il condirettore dell'AGI, Paolo Borrometi © Imagoeconomica


Quel lontano germoglio di connivenze ha prodotto frutti avvelenati che il libro fotografa freddamente, impietosamente, guidando il lettore lungo un percorso di sangue, di un orrore che si annida non solo nella cruenta catena dei delitti, ma che abita soprattutto nella negazione della verità.
Borrometi, però, continua ripercorrendo la storia della Repubblica. Lasciandosi alle spalle lo sbarco degli Alleati arriva cavalca le decadi degli anni ’60, ’70, ’80 e ’90. E quindi il Piano Solo, il Golpe Borghese, la strategia della tensione, ma anche Gladio, le bombe, l'Italicus; la mafia "nera" (nel senso politico dell'aggettivo), il sequestro Moro, il delitto Impastato, la strage di Alcamo; l’omicidio di Piersanti Mattarella, la strage di Bologna e la recente sentenza di condanna in capo all’ex Nar Paolo Bellini; l'omicidio del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il Rapido 904; l’omicidio Agostino, le stragi di Capaci e di via d'Amelio, in cui si è verificato - secondo sentenza definitiva - “un depistaggio di Stato”. E poi le stragi del ’93, “in Continente”, che rappresentavano quel terrorismo mafioso ordito da Totò Riina per trattare con lo Stato da una posizione di forza; i suicidi indecifrati, fuori e dentro le carceri, come quelli dell’urologo Attilio Manca e di Antonino Gioè, boss di Altofonte “suicidato” in circostanze oltre modo surreali nel carcere di Rebibbia la notte tra il 28 e il 29 luglio del 1993 (uno dei pochi a conoscenza dei segreti sulla stagione delle bombe grazie al canale diretto che aveva con Riina, nonché un soggetto con un orecchio a disposizione dei servizi segreti). Morti inspiegabili come quella di Luigi Ilardo – anche lui oggetto del libro -, boss reggente di Caltanissetta, infiltrato per conto dello Stato (il Ros) ed ucciso poco prima che venisse ufficializzata la sua collaborazione con la giustizia. “Fonte Oriente” - questo era il suo nome in codice da confidente dell'allora colonnello Michele Riccio -. Negli anni ha offerto un contributo fondamentale per l’arresto di vari latitanti mafiosi e al contrasto delle attività criminali. Grazie alla sua collaborazione con il colonnello Riccio, nel 1995 Ilardo riuscì addirittura a condurre i Carabinieri del Ros a un passo dal covo di Bernardo Provenzano, latitante da oltre tre decenni, il quale, però, incredibilmente non venne catturato dai Carabinieri guidati al tempo dall’ex generale dei Carabinieri Mario Mori, che sulla vicenda venne poi assolto dall’accusa di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra insieme al colonnello Mauro Obinu. Successivamente, Ilardo venne assassinato la sera del 10 maggio 1996.
“Traditori”, dunque, è un libro coraggioso e ricco di storia che arriva fino alla cronaca più recente con l’arresto di Matteo Messina Denaro, le domande e le perplessità celate dietro i suoi 30 lunghi anni di latitanza protetta da faccendieri, ovviamente, ma anche da una parte di istituzioni, mondo delle professioni, mafia e massoneria.
Uno sguardo totale quello di Borrometi, al quale non sfugge un solo filo della trama di intrighi e mistificazioni tessuta dai traditori, che hanno sempre lo stesso volto criminale.
La ricerca della verità è un percorso a ostacoli e in troppi casi, prima ancora di cercare i colpevoli, si è messa in dubbio la credibilità di chi accusava. E per cercare la verità bisogna avere il coraggio di addentrarsi nel “deep State”, nella storia alternativa che si cela dietro il lato oscuro del Paese.
(Prima pubblicazione: 11 Maggio 2023)

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