Felice Lima: “La magistratura finge di essere come i magistrati uccisi dai propri colleghi attraverso la solitudine”
“Abbiamo scritto questo libro perché oggi si vive di propaganda e certi mezzi di comunicazione non sono altro che la valvola di sfogo di questa stessa propaganda”. Lo ha detto l’avvocato Fabio Repici durante la presentazione del libro “I soldi della P2. Sequestri, casinò, mafie e neofascismo: la lunga scia che porta a Licio Gelli” (ed. Paper First). Si tratta di un libro in “controtendenza e anti-tweet” che Repici ha scritto insieme alla giornalista Antonella Beccaria e al già magistrato Mario Vaudano per sollecitare i lettori ad indirizzare la propria attenzione su vicende diverse dai soliti gossip e delitti efferati. Dello stesso parere anche il sostituto procuratore generale di Messina, Felice Lima. Spiegando che nella vita esistono anche “piaceri che richiedono l’intenzione di dover investire il proprio tempo”, parlando del libro, Lima ha spiegato che occorre analizzare la giustizia e “il suo livello qualitativo, non sempre straordinario”. “Anche sulla magistratura occorre fare un grosso lavoro culturale perché al suo interno si è verificato e si verifica ancora una mistificazione drammatica. La magistratura finge di essere come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rosario Livatino, Bruno Caccia e Gaetano Costa, tuttavia, questi magistrati ‘sono stati uccisi dai loro colleghi attraverso la solitudine’ - ha spiegato tra le virgolette il magistrato Lima -. Per questo occorre una riflessione sul modo in cui è organizzato il potere al suo interno”. E ancora: “Questo libro avvicina le vicende giudiziarie relative all’omicidio del magistrato Bruno Caccia con quelle relative alla morte di Paolo Borsellino.Sul processo relativo alla morte di Borsellino, la magistratura italiana avrebbe dovuto mettere il massimo della sua qualità e del suo impegno etico e tecnico. Si è trattato di uno dei più grossi e clamorosi depistaggi della storia giudiziaria italiana e su questo la magistratura italiana non ha investito un minuto di riflessione, mai un convegno, una riunione o un semplice appuntamento tra amici per dire: signori, incontriamoci e cerchiamo di capire cos’è successo. Come per la vicenda Caccia, questo libro - ha concluso Lima - ci consegna una realtà dove la magistratura ha un grandissimo bisogno di aiuto”.
Il filo che lega la morte dei magistrati Vittorio Occorsio, Bruno Caccia e Giovanni Selis
“Occorsio stava indagando su alcuni sequestri di persona che si erano verificati nella città di Roma - ha ricordato Repici -. Poco prima della sua uccisione aveva arrestato la banda dei marsigliesi e, sempre nella stessa inchiesta, anche il figlio di un alto Ufficiale e segretario della Loggia P2: l’avvocato Gian Antonio Minghelli, accusato di riciclare i soldi dei sequestri di persona”. Grazie alle indagini sarebbero emersi dei collegamenti tra i soldi ottenuti con i sequestri di persona e alcuni fondi “utilizzati da Licio Gelli per l’acquisto della sede dell’Ompam (sede massonica di interesse internazionale, ndr)”. - prosegue - “L’omicidio di Occorsio, oltre ad essere legato alla P2 e a Gelli, è anche una specie di manuale sulla tecnica del depistaggio. L’esecutore materiale dell’omicidio (Pierluigi Concutelli, ndr) lascia un volantino accanto al cadavere per rivendicare una vendetta relativa al processo Ordine Nuovo. In realtà, con quel gesto Concutelli mette una pietra tombale sulle indagini, difatti, la sentenza definitiva raccoglie la teoria dell’assassino”. Anche Bruno Caccia, alla guida della Procura di Torino, negli ultimi mesi di vita si stava occupando dell'ipotesi di riciclaggio di denaro insieme ad alcuni sequestri di persona collegati al Casinò di Saint Vincent e anche lì emersero gli stessi nomi. Gli stessi che emersero anche durante le indagini del magistrato Giovanni Selis, dapprima scampato per miracolo ad un attentato, poi morto suicida nel suo scantinato di casa a Saint Christophe, alle porte di Aosta.
La critica per i giornalisti e la sfida culturale
Durante la presentazione, l’avvocato Repici ha anche lamentato scarsa attenzione da parte dell’informazione italiana sulle vicende trattate all’interno del libro. “Fa male notare che giornalisti, cronisti e intellettuali, anziché parlare per voce propria non fanno altro che fare da cassa di propaganda per questa o per quella lobby giudiziaria”. Alle critiche di Repici si è aggiunta anche l’analisi del magistrato Felice Lima che ha ricordato l’importanza di dover combattere “una partita di natura culturale” dove i cittadini realizzano di non essere “semplici elettori e consumatori”. Lima ha ribadito questo concetto spiegando le circostanze che hanno inevitabilmente accompagnato il processo sulla trattativa Stato-Mafia. “Il processo sulla trattativa è finito come doveva finire. In questo Paese ci saremmo dovuti stupire di un esito diverso, tuttavia, - ha spiegato Lima - questo processo ha lasciato un segno su cui riflettere. Per questo motivo una fetta di magistratura si è schierata contro e lo ha combattuto all’arma bianca”. Infine, la presentazione del libro “I soldi della P2. Sequestri, casinò, mafie e neofascismo” ha visto anche il commento del professor Ernesto De Cristofaro. “Si tratta di una lettura impegnativa che ripaga l’attenzione richiesta. Per scriverlo sono stati consultati centinaia di atti giudiziari, saggi e archivi. Estremamente documentato, questo testo aumenta il nostro livello di consapevolezza. Anche per questo motivo - ha concluso De Cristofaro - occorre ringraziare Fabio Repici, Antonella Beccaria e Mario Vaudano”.
Fonte: radioradicale.it
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