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Su disposizione della Procura di Caltanissetta, uomini della Dia e del Ros, nelle scorse ore, in diverse parti d'Italia, hanno perquisito le abitazioni dei due figli e della compagna del collaboratore di giustizia Armando Palmeri, morto lo scorso 17 marzo (si attende l'esito dell'autopsia) alla ricerca di un memoriale. Palmeri è morto pochi giorni prima di un confronto, che avrebbe dovuto tenersi nel Tribunale di Caltanissetta, con Baldassare Lauria, primario in pensione del reparto di Chirurgia dell'Ospedale di Alcamo, da Palmeri accusato di aver organizzato, nella primavera del '92, pochi mesi prima delle stragi, tre incontri tra uomini dei Servizi deviati ed il capomafia di Alcamo Vincenzo Milazzo.
In particolare negli ultimi anni le sue dichiarazioni erano state prese in seria considerazione in tutte le indagini che riguardavano la stagione delle stragi, ed in particolare sulla ricerca dei cosiddetti mandanti esterni.
"Nei mesi precedenti la scomparsa di Vincenzo Milazzo, da gennaio 1992 a qualche settimana prima del suo omicidio, lo stesso si incontrò per tre volte con dei soggetti appartenenti ai servizi segreti che dovevano mettere in atto una destabilizzazione dello Stato. Si parlava di bombe, di una guerra batteriologica" aveva dichiarato quando era stato sentito della Corte d'Assise d'Appello di Palermo nel processo d'Appello sulla trattativa Stato-Mafia. Parole che erano state ripetute a Caltanissetta (processo Capaci bis e quello per le stragi del '92 contro Matteo Messina Denaro) e Reggio Calabria (processo 'Ndrangheta stragista).
Seppur non formalmente affiliato Palmeri si era ritrovato a gestire la latitanza dello stesso Milazzo (così come quella di altri sodali del gruppo, Antonino Alcamo, Vito Diliberto e Simone Benenati), pian piano entrando in confidenza fino a condividere i segreti del boss a cui faceva da confidente, autista e braccio destro.
Più volte aveva accompagnato Milazzo ad appuntamenti, anche con politici ed imprenditori, ma quegli incontri nei primi mesi del 1992 segnarono profondamente la vita di entrambi.
"Lui sapeva che si sarebbe dovuto incontrare con uomini dei servizi, ma non sapeva cosa volessero esattamente - ha ricordato rispondendo alle domande del sostituto Pg Giuseppe Fici - Al primo incontro avrebbe voluto che partecipassi anche io, ma ho sempre preferito restare defilato".
Quindi aveva riferito i commenti che Milazzo fece dopo gli incontri: "Diceva sostanzialmente che questi erano matti, che erano loro la vera mafia. Mi disse che volevano che ci adoperassimo per la destabilizzazione dello Stato. Io credo che quella era una cosa molto riservata. Ricordo che Milazzo tremava. C'era un periodo di tensione molto forte. Lui mise in atto la 'strategia del Ni'. Da un lato si mostrava restio e contrario, dall'altro aveva comunque paura di poter essere eliminato se avesse detto no. Quindi preferì un'azione mista".
Quel "Nì", evidentemente, non piacque ai vertici che lo ucciso il 14 Luglio 1992, pochi giorni prima della strage di Via D'Amelio. E il giorno dopo fu uccisa anche la compagna, incinta, Antonella Bonomo, che aveva un parente proprio nei servizi segreti, così come riscontrato dalla Procura di Caltanissetta.
Proprio la ricerca delle motivazioni che si nascondono dietro le uccisioni di Vincenzo Milazzo ed Antonella Bonomo sono tra i punti che tutt'oggi vengono approfonditi dagli organi inquirenti.
Ed è chiaro che Palmeri aveva notizie di prima mano sul punto. Al processo trattativa Stato-mafia Palmeri ha detto di ricordare ancora oggi alcuni dettagli somatici dei due soggetti che vide con Milazzo. Ma quando nel 1998 gli mostrarono un album fotografico per individuarli i volti di queste persone non c'erano. "Nulla di occulto si nascondeva e si nasconde tra le mura dei familiari, estranei alle vicende giudiziarie del prossimo congiunto - dice all'Ansa l'avvocato Alessandra Delrio, del foro di Sassari, legale dei familiari di Palmeri -. Ci si augura che le Procure vogliano fare luce sugli anni bui delle stragi, come auspicava il Palmeri". Intanto sono usciti i risultati dell'autopsia svolta sul cadavere del pentito. Secondo le prime conclusioni l'ex boss di Cosa Nostra è stato stroncato da un infarto, dunque è morto di morte naturale. Sul decesso, da subito riportato a cause naturali, è stata aperta un'inchiesta proprio per il ruolo avuto dal collaboratore di giustizia in alcune indagini delicate, quindi per sgomberare il campo d'eventuali altre ipotesi.

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