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Nicola Morra alla presentazione del libro: “Un sistema che premia chi fa schifezze è esso stesso schifoso”

L’Italia ha sempre prediletto intrighi, malaffare e vittime rese tali perché poco gradite al ‘sistema’ e la storia del maresciallo dei Carabinieri Paolo Conigliaro, purtroppo, rientra tra queste. Lo ha dimostrato anche il giornalista Giuseppe Lo Bianco attraverso il suo ultimo libro: “Un'indagine pericolosa. Un maresciallo e gli intrighi di Capaci”. Lo Bianco ha infatti raccontato la storia del maresciallo Conigliaro, il comandante della stazione dei Carabinieri di Capaci dal 2013 al 2018, ascoltato nel 2020 dalla commissione Antimafia presieduta da Nicola Morra, per aver denunciato la necessità di dover sciogliere per mafia il comune di Capaci, permeato da “un sistema affaristico, politico e mafioso”.
Una denuncia che, all’epoca dei fatti, non venne mai inviata alla Prefettura di Palermo ma inaugurò il calvario di Conigliaro insieme a quello della sua famiglia.
Dopo essere stato demansionato, indagato e perquisito davanti ad altri colleghi senza poter indossare nemmeno la biancheria intima, Conigliaro, come da prassi, ha intrapreso la ‘Via Crucis’ che attende coloro che non intendono piegarsi alle intimidazioni. In molti ricorderanno le parole pronunciate - nel 2017 - dal maresciallo Conigliaro durante la 25esima commemorazione della strage di Capaci: “Ci sono comportamenti che sono più dirompenti del tritolo utilizzato durante un attentato; proprio come l’amministratore pubblico che familiarizza con il mafioso del paese. In piccole realtà come queste, dove tutti sanno chi sono i mafiosi del posto, questi signori si sentono legittimati e questo dona loro una forza superiore al tritolo come a qualsiasi arma da fuoco. Comportamenti come questi vanno stigmatizzati, isolati ed emarginati, non bisogna girarsi dall’altra parte sostenendo che il problema non è nostro”.
Oggi, sei anni dopo il toccante discorso di Conigliaro, la penna del giornalista Giuseppe Lo Bianco ha raccolto all’interno del libro “Un' indagine pericolosa”, tutti i particolari di una vicenda definita dal giornalista Attilio Bolzoni (autore della prefazione del libro, ndr): “Una storia di mafia senza mafiosi, di un potere che non ha bisogno di uccidere perché capace di esercitare una forza enorme contro la persona che intende colpire”.





Durante la presentazione del libro, il Gen. Paolo Azzarone ha ribadito: “La cosa che mi scandalizza, mi offende e indigna come cittadino e mi disonora come Carabiniere - ha precisato Azzarone -, è dovuto al fatto che in tutti questi anni, a Palermo, nonostante l’alternanza di tre Prefetti e tre procuratori della Repubblica, nessuno ha sentito il dovere di rendere una giustificazione all’opinione pubblica che chiede di sapere”.
Anche l’ex Senatore Nicola Morra, ospite durante la presentazione del libro, ha raccontato la storia del maresciallo Conigliaro utilizzando quello che lui stesso ha definito: “uno scenario da vomito”.
Le schifezze che ha subito Conigliaro non sono state perpetrate da Cosa nostra ma da uomini dello Stato - ha sottolineato Morra -. Conigliaro si è opposto ad una rete relazionale che rimanda ad Antonello Calogero Montante, ‘con tutti gli annessi e connessi’. La cosa ‘divertente’ risiede nel fatto che in quella rete erano presenti anche i suoi superiori gerarchici che naturalmente hanno fatto carriera.” - prosegue - “Qualcuno ha mai pagato per la mancata perquisizione del covo di Riina? Qualcuno ha mai pagato per la mancata cattura di Matteo Messina Denaro a Mezzojuso dopo la morte di Luigi Ilardo? Assolutamente no - ha ricordato Morra -, semmai, alcuni personaggi hanno anche fatto carriera. Se il sistema premia chi fa schifezze, significa che il sistema stesso è schifoso".
Infine, il giornalista Giuseppe Lo Bianco ha spiegato la necessità di dover raccontare storie come quelle del maresciallo Paolo Conigliaro. “Questa è la storia di un maresciallo dei Carabinieri che compie il proprio dovere da ‘eretico’ - ha spiegato Lo Bianco -. Una vicenda di livello nazionale che descrive un vero e proprio sistema integrato”. Ma è anche la storia che ha devastato la serenità di una famiglia, quella di Paolo Conigliaro, costretta a resistere ai colpi inferti da chi, invece, avrebbe dovuto premiarli per fedeltà e devozione verso il proprio Paese e la sua Costituzione. Un Paese che, nonostante i suoi trascorsi, non riesce a redimersi sulla strada che conduce al recupero della propria credibilità.

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