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Nuova istanza alla procura di Roma per la riapertura delle indagini sulla morte di Pier Paolo Pasolini, avvenuta all'Idroscalo di Ostia il 2 novembre del 1975. A depositarla è stato l'avvocato Stefano Maccioni, a nome del regista David Grieco e dello sceneggiatore Giovanni Giovannetti: nell'atto si chiede ai pm di piazzale Clodio di approfondire in modo più compiuto la questione legata ai tre Dna individuati dai carabinieri del Ris nel 2010 sulla scena del crimine. I presentatori dell'istanza di riapertura del fascicolo aggiungono che "nella prima indagine questo si è fatto in modo parziale, vennero esaminati circa 30 Dna ma oggi è tempo di fare verifiche più diffuse tenendo presenti anche le dichiarazioni di Maurizio Abbatino, esponente della Banda della Magliana, che alla Commissione Antimafia dà una giustificazione sul perché Pasolini si recò all'Idroscalo di Ostia: non era lì per consumare un rapporto sessuale occasionale con Pino Pelosi (l'unico condannato definitivamente a 9 anni e 7 mesi, ndr), con il quale lo scrittore aveva una relazione, ma per riottenere le bobine del film 'Salò, le 120 giornate di Sodoma' che gli erano state sottratte e a cui teneva tantissimo". Per Maccioni, Grieco e Giovannetti Pasolini venne "attratto in una trappola e lì venne aggredito a morte. Nell'istanza di centinaia di pagine forniamo molti elementi, tante tessere che i magistrati devono mettere insieme".
Sul presunto coinvolgimento della banda della Magliana "c'è un'ombra importante, perché il testimone chiave, lo dico dal 2015, Ubaldo De Angeli, era il proprietario del bar dove la banda della Magliana si ritrovava", ha aggiunto il legale. "Ora confidiamo in un'attività di indagine per incrociare i dati che ci sono: le evidenze ci sono e sono moltissime ma vanno esaminate. Occorre sentire bene Maurizio Abbatino e anzi, lanciamo un appello perché chi sa parli: lui sa molto e può dare ancora importanti piste".
Nella relazione della commissione Antimafia si sottolineava che ci sono state inchieste di giornalismo investigativo che hanno “definitivamente sgretolato l’iniziale ipotesi, purtroppo allora sostenuta dai mezzi di comunicazione e da alcune pronunce giurisdizionali, secondo cui l’assassinio dello scrittore sarebbe stato solo il tragico esito di un incontro sessuale sfociato estemporaneamente in una aggressione da parte di un unico individuo e cioè Pino Pelosi”. Ripercorrendo recenti lavori di ricerca, l’Antimafia ha ricordato “omissioni particolarmente gravi” rispetto agli “accertamenti immediati che si sarebbero dovuti svolgere” come “la mancata audizione dei testimoni che abitavano nelle baracche della zona e che avevano udito quanto avvenuto quella notte e che avrebbero sin dal principio dato conto dell’evidenza che l’aggressione fu condotta da numerose persone” o “la mancanza, dopo l’omesso confinamento della zona ove il delitto era avvenuto, di approfondite perizie sulle gravi ferite riportate da Pasolini e sui mezzi con i quali queste erano state inferte”.

Foto © Archivio Letizia Battaglia

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