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Ma del fascicolo del Vaticano non si sa nulla. Pietro Orlandi deve ancora essere sentito: “Non mi viene permesso di portare prove decisive

Si terrà domani, mercoledì 15 febbraio, la discussione per l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa, avvenuta il 22 giugno 1983, della giovane Emanuela Orlandi. La proposta di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa della quindicenne era stata presentata il 1° dicembre scorso dal deputato del Movimento 5 Stelle Francesco Silvestri (che però l'aveva presentata anche nel 2018): "Già nella scorsa legislatura era stata presentata analoga proposta di legge nella forte convinzione che non solo la famiglia Orlandi ma tutto il Paese abbia il diritto di conoscere la verità sulla scomparsa di una giovane ragazza", si legge nella proposta del deputato, "su cui sono state fatte, nel corso del tempo, numerose ipotesi. Ancora oggi il caso presenta nuovi elementi di indagine, secondo quanto ha sostenuto di recente lo stesso fratello di Emanuela Orlandi che, dalle pagine del quotidiano la Repubblica, chiede ancora una volta al Parlamento di occuparsi del caso, in quanto i nuovi elementi acquisiti hanno un fortissimo rilievo per l’indagine, avendo come protagonisti i rapporti intercorsi a quel tempo tra il Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI) e la procura della Repubblica di Roma". E ancora: "Si ritiene dunque che il caso Orlandi debba essere oggetto di inchiesta da parte di una Commissione parlamentare, per verificare se la verità su questa sparizione non sia stata deliberatamente celata, al fine di proteggere personalità di vario livello e ambito. È necessario che quest’organo individui le responsabilità di chi doveva o poteva pervenire almeno ad una verità processuale. Tale necessità di giustizia non è solo della famiglia Orlandi e dell’Associazione Penelope, interessata direttamente a come vengano svolte le indagini su tali casi, ma di tutta la comunità, che necessita di risposte anche dallo Stato della Città del Vaticano, deputato a proteggere i propri cittadini, soprattutto quando vi siano forti elementi, come in questo caso, per supporre che siano intercorsi tentativi di soggetti interessati a occultare la verità". 
Nel frattempo, lo scorso 9 gennaio il promotore della giustizia Vaticana Alessandro Diddi ha aperto un’inchiesta, la prima in 40 anni, sul giallo. L’apertura del fascicolo è stata fatta proprio dopo la morte del Papa dimissionario Benedetto XVI. Una coincidenza non da poco. Ad ogni modo Pietro Orlandi non è ancora stato sentito dalla giustizia vaticana. "Il Vaticano non mi permette di portare prove decisive sulla sparizione di mia sorella. A cosa serve la nuova inchiesta?”, ha affermato Pietro a La Repubblica. Un ennesimo colpo di scena di una vicenda che non smette mai di stupire. Prima la Santa Sede promette di fare chiarezza sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e poi non convoca Pietro e il suo avvocato. Questi ultimi hanno in mano delle carte da mettere a disposizione dei pm di Oltretevere, nello specifico delle chat tra alti esponenti del clero che parlano della sparizione della 15enne. Tuttavia i magistrati della Santa Sede non li chiamano. Anzi pochi giorni fa hanno inviato una mail in cui comunicano a Sgrò che, solo alla fine dell’indagine, verranno convocati. "Verrete convocati a fine indagine". Questa, in estrema sintesi, la comunicazione via mail fornita all'avvocato di Pietro Orlandi, Laura Sgrò. Una missiva spedita dalla procura della Santa Sede e che ha mandato su tutte le furie la famiglia Orlandi e il loro legale. Un comportamento inspiegabile per Orlandi e il suo avvocato.

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