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Botte con bastoni, cinghie, razionamenti estremi dell'acqua da bere, prigionieri nella stiva e la morte di alcuni compagni di viaggio per il caldo e la disidratazione. E' il racconto dell'incubo vissuto da decine di migranti a bordo di una carretta del mare che ne trasportava circa 600, soccorsi la scorsa estate e giunti nei porti di Messina, Catania e Siracusa il 24 luglio a bordo di motovedette della guardia costiera: sono quattro i presunti scafisti, e nei loro confronti sono stati adesso emessi altrettanti ordini di custodia cautelare in carcere per i reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, con l'aggravante di aver sottoposto i migranti a "trattamento inumano e degradante", e per omicidio aggravato. Nel porto di Messina la motovedetta approdò con a bordo 5 cadaveri e 179 migranti. Terminate le operazioni di accoglienza, gli investigatori della squadra Mobile e del Gico, coordinati dalla Procura della Repubblica di Messina e con la collaborazione dei colleghi di Catania e Siracusa, avviarono le indagini: dopo circa un mese di permanenza in una 'connection house' sulle coste Libiche e il pagamento di circa 3000 euro ciascuno per il viaggio, il peschereccio partì alla volta dell'Italia nella serata del 19 luglio. Fu una nuova lunga tappa dell'orrore che si aggiungeva agli abusi probabilmente già subiti in Libia. I migranti hanno raccontato di violenze subite a bordo, del caldo insopportabile nella stiva, del viaggio accanto ai cadaveri: cinque presunti scafisti, tutti di nazionalità egiziana, furono sottoposti a fermo di polizia giudiziaria per i reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. All'esito degli ulteriori approfondimenti, per quattro di loro è arrivata la richiesta di misura cautelare in carcere e poi la sua applicazione.

Foto © Imagoeconomica

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