29.260 le potenziali vittime secondo l’Osservatorio permanente della Rete l’Abuso: “Basso il livello di indagini, anche solo preventive”
Sono 164 i sacerdoti aventi una condanna definitiva negli ultimi 15 anni. A riportarlo è l’Osservatorio permanente della Rete l'Abuso, l'associazione italiana che raccoglie le vittime di abusi sessuali da parte dei preti. ''Il report - spiega il relatore e presidente della Rete l'Abuso, Francesco Zanardi - è stato prodotto con i dati pervenuti all'Associazione Rete L'Abuso ed è da considerarsi in difetto alla reale portata del fenomeno; l'arco temporale di riferimento è di circa 13 anni; le segnalazioni contenute nel documento sono raccolte direttamente dalle denunce delle presunte vittime; i dati si riferiscono unicamente a sacerdoti e non comprendono l'indotto (catechisti, educatori, animatori e laici in generale); tutti i casi conteggiati sono riconducibili unicamente ad abusi sessuali a danno di minori''.
Il report dei sopravvissuti agli abusi del clero italiano, viene precisato, “non ha l'obbiettivo di fornire dei numeri, ma insieme a questi fornire in assenza di dati governativi un quadro di consapevolezza più ampio, spiegando perché il problema endemico dei sacerdoti pedofili, in Italia, sia particolarmente allarmante rispetto agli altri paesi, non solo nell'area dell'Unione Europea''. Nel report si riportano i dati regione per regione (''elenco parziale'', si precisa). I casi non noti: 86, ''segnalati da vittime che per improcedibilità spesso legata alla prescrizione non sono noti alle autorità civili''. 166 è il numero segnalato dal Report della Rete l'Abuso, di sacerdoti accusati, si tratta di preti attualmente denunciati, indagati, in attesa di giudizio o in attesa di sentenza definitiva in Italia. ''Il dato - fa presente Rete l'Abuso - conteggia anche chi si è salvato dalla prescrizione''. Il totale dei casi censiti nel Report che restano potenzialmente pericolosi è 418. Le potenziali vittime 29.260 (il dato - precisa l'associazione nel Report - tiene conto di quello francese che parla di 72 minori in media a sacerdote).
L'Associazione Rete l'Abuso, nel presentare il Report sugli abusi sessuali da parte del clero, denuncia ''un basso livello di indagini anche solo preventive. Quasi sistematicamente casi dove solo uno dei minori abusati denuncia fatti che l'Autorità giudiziaria poi conferma, se pur ci si trovi alla presenza di più minori, questa non procede con indagini nei confronti delle altre potenziali vittime, anche per un eventuale soccorso. Nella sostanza raramente procede d'ufficio''. Ecco perché Francesco Zanardi, presidente della Rete l'Abuso, dà atto che ''se pur ne approfitti legalmente e ometta sistematicamente la denuncia anche sotto l'aspetto morale all'Autorità civile, la chiesa spesso ha ragione quando afferma di avere fatto il suo. In Italia non ha né il potere legislativo, né quello esecutivo e meno ancora quello giudiziario. Si muove nei vuoti legislativi e nelle inadempienze dello Stato, non certo con la priorità dell'interesse superiore del minore''. Entrando nel merito dei dati, l'Associazione delle vittime di abusi registra che ''se pur vero che molti casi risultano prescritti relativamente al fatto stesso del reo, tuttavia la Convenzione che l'Italia ha ratificato nel 1991, imponeva allora e impone prioritariamente, nell'interesse superiore del minore'', che si proceda con tutti gli sforzi possibili accertando la pericolosità sociale del presunto reo e l'entità delle eventuali vittime, provvedendo quando necessario, ad impedire che questo possa commettere altri crimini. Quindi nel "principio non è come spesso pensiamo, che se una persona è prescritta per questi reati venga meno ''l'interesse superiore del minore'', casomai deve venire meno la prescrizione che di fatto è ostativa al raggiungimento dell'obbiettivo. È qui che lo Stato deve attuare tutti gli sforzi possibili per adeguare per esempio il termine prescrittivo, “affinché si possa procedere verso l'obbiettivo''.
''Ad oggi - sottolinea Zanardi - non esiste terapia che garantisca la non pericolosità sociale di chi soffre di questa che non è una malattia, ma una grave devianza della personalità. Si può tentare di contenere monitorando i soggetti, tuttavia, oltre l'alto tasso di recidività, questi restano comunque privi del controllo sufficiente e vanno intesi come socialmente pericolosi''. ''Dal 1991, pur essendosi impegnato nella stipula della Convenzione per i diritti dell'Infanzia, 32 anni dopo nei fatti, lo Stato membro - segnala il presidente della Rete l'Abuso - non ha provveduto con sforzi apprezzabili nell'adeguamento dei parametri oltre che richiesti dalla convenzione, basilari per buonsenso, come l'adeguamento della prescrizione, raddoppiata (ma insufficiente rispetto alla maturazione del trauma) solo per merito della ratifica della Convenzione di Lanzarote. Quanto introdotto successivamente (come il certificato anti pedofilia) reso spesso vano dal Legislatore, quasi ad indicare al predatore la Free Zone”.
Fonte: AdnKronos
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