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Sono 15 i soggetti arrestati (12 in carcere e 3 ai domiciliari) nel corso di un’operazione di polizia giudiziaria eseguita dai carabinieri della compagnia di Maglie. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal Gip Marcello Rizzo su richiesta della Procura di Lecce. Al centro delle indagini un sodalizio criminale attivo nell’area della Grecìa Salentina, soprattutto nel comune di Martano. Le persone colpite dalla misura cautelare sono accusate, a vario titolo, di associazione armata per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, estorsioni con l’aggravante del metodo mafioso e di porto e detenzione di armi ed esplosivi.

Genesi delle indagini
Le indagini prendono il via il 9 agosto 2019 in seguito al ferimento di Alberto Specchia. In un primo momento sembrava che l’agguato fosse maturato solo nell’ambito di una contesa tra gruppi criminali per il controllo delle attività economiche relative al noleggio di attrezzature balneari a Torre dell’Orso. In realtà, sullo sfondo, c’era anche la lotta per la supremazia nel mercato degli stupefacenti e in altre attività illecite. Gli autori dell’agguato sarebbero Giuseppe Bevilacqua e Christian Stomeo, entrambi di Martano come la vittima. Stomeo è deceduto lo scorso 17 giugno in seguito a un incidente stradale. Dalle indagini è emersa la vicinanza dello Specchia a Nicola Greco, detto Nico, indicato da diversi collaboratori di giustizia come elemento di spicco della criminalità organizzata leccese, attualmente affiliato al clan di Pasquale Briganti, detto Maurizio e a Massimo Trovè, attualmente detenuto presso la Casa di reclusione di Oristano perché condannato il 18 dicembre 2001, con sentenza della Corte di Assise di Lecce, divenuta irrevocabile il 2 febbraio 2002 per i reati di associazione mafiosa e di associazione finalizzata al traffico illecito e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Non solo, risultano anche frequentazioni dello Specchia con il pregiudicato Santo Gagliardi e con esponenti della criminalità tarantina.
"Il tentato omicidio è stato commesso con modalità tali da evocare una continuità degli autori ad un’associazione mafiosa, in modo da creare nella comunità di Martano e dintorni una condizione di assoggettamento", evidenzia il Gip nelle 278 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare.

Lo spaccio di stupefacenti
Il contenuto della conversazione ambientale captata il 16 dicembre 2019 all’interno di un’autovettura conferma che Alberto Specchia, insieme a un non meglio identificato Giulio, si reca in un appezzamento di terreno in prossimità della via comunale Pasulo, in agro di Carpignano Salentino. Dopo aver prelevato un oggetto ben occultato, i due risalgono in macchina ponendo particolare attenzione a non versare il contenuto all’interno del veicolo. I commenti degli interlocutori fanno chiaramente desumere che si trattasse di sostanza stupefacente: «Basta che non se la mangino i topi, devi vedere come sballano anche i topi». Il giorno successivo gli investigatori trovavano sul fondo rurale in esame, in prossimità di un muretto a secco, occultato tra le sterpaglie, un vaso di vetro trasparente con tappo rosso, contenente cinque involucri in cellophane sigillati sottovuoto, dai quali effettivamente fuoriusciva un intenso odore, con all’interno marijuana. «È indubbio che quella sostanza fosse destinata allo spaccio visto il suo notevole quantitativo», scrive il Gip nell’ordinanza. Diversi indagati si sarebbero associati per commettere una serie di delitti in materia di stupefacenti nella zona di Martano e comuni limitrofi. Questo sodalizio sarebbe stato capeggiato da Giuseppe Bevilacqua e dal defunto Massimiliano Galiulo.

Le estorsioni e le ritorsioni nei confronti degli affiliati che violavano le regole
Il clan usava le maniere forti contro chi non pagava i debiti inerenti forniture di droga. A tal proposito viene contestato il reato di estorsione aggravata a Giuseppe Bevilacqua e a Christian Stomeo per aver usato la forza contro De Paulis. Minacce culminate con l’esplosione di colpi di pistola a scopo intimidatorio. Il credito vantato da Bevilacqua nei confronti di De Paulis nasceva da una cessione di stupefacente. De Paulis spacciava per conto di Bevilacqua e, a causa della sua condizione di tossicodipendente, incassava meno del dovuto e si attardava spesso nei pagamenti della droga ricevuta “in conto vendita”. Le minacce e le intimidazioni di Bevilacqua inducevano De Paulis a racimolare la somma di 380 euro per soddisfare almeno in parte le sue richieste. Ma questa somma, a detta di Stomeo, pare sia stata rifiutata dal Bevilacqua perché ritenuta solo una minima parte del debito.

A Bevilacqua e Stomeo viene contestato anche il reato di lesioni aggravate per aver usato violenza nei confronti del proprietario del locale della pizzeria gestita da Bevilacqua. Reazione scatenata dalle continue sollecitazioni del proprietario del locale che rivendicava il mancato pagamento dei canoni di locazione.

E ancora, il reato di tentata violenza privata viene contestato a Bevilacqua a Stomeo e a un soggetto non identificato perché avrebbero tentato di costringere il titolare di un bar, testimone oculare di un’aggressione, a non collaborare con le forze dell’ordine. Dalle indagini emerge anche l’aggressione a un minore per questioni di droga.

A Giuseppe e Rocco Bevilacqua e a Stomeo sono contestati anche i reati di tentata estorsione per le minacce rivolte al titolare di una macelleria di Martano, concretizzatesi con l’incendio, nella notte tra il 13 e il 14 aprile, di una porta di ingresso dell’attività commerciale.

I contatti con il clan Tornese di Monteroni di Lecce
Dalle intercettazioni emergono i contatti tra Giuseppe Bevilacqua e soggetti legati alla criminalità organizzata leccese. A partire dal 13 ottobre 2019, infatti, sono appurati quelli con Cristian Caracciolo, figlio di Davide, detto “frasola” (gravato da precedenti penali per associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, furto, ricettazione) cognato di Mario Tornese, capo dell’omonimo clan, insieme ai fratelli Angelo e Antonio.

Il canale olandese per l’approvvigionamento di marijuana
Le indagini documentano che il clan riusciva a rifornirsi di marijuana dall’Olanda. In una telefonata, Cristian Stomeo, alla richiesta di stupefacente da parte di una donna, rispondeva di avere la disponibilità di marijuana del tipo “skunk”, di provenienza olandese: «Cinquanta euro tre grammi, ti fai una canna e ti stendi! Quest’erba non ce l’ha nessuno perché è olandese!».

La solidarietà nei confronti dei sodali detenuti
Come spesso emerge dalle indagini sui sodalizi criminali, soprattutto di stampo mafioso, è stato riscontrato dagli inquirenti il versamento di una percentuale dei guadagni ai detenuti, al fine di realizzare «quella solidarietà che rappresenta il legame tra gli affiliati detenuti e quelli in libertà, costituendo un efficace strumento per mantenere saldi i vincoli tra gli associati stessi».

Il 7 marzo 2020, in seguito a un’aggressione subita, un uomo precisava che gli autori della violenta aggressione gli avevano proferito testuali parole: «A Martano si deve fare quello che diciamo noi. Ci sono i carcerati da aiutare».

Il carattere armato dell’associazione
Il sodalizio era in possesso di armi che utilizzava per eseguire atti intimidatori e agguati, come il tentato omicidio di Alberto Specchia e l’aggressione ad Antonio De Paulis. Dalle conversazioni captate emergeva che le armi erano occultate in aperta campagna, in una località sita in largo Pozzelle a Zollino. Il 25 settembre 2019, Bevilacqua e De Paulis raggiungevano il luogo suddetto manifestando il timore che potessero essere scoperti evidenziando nei loro dialoghi di aver trovato quanto detenuto illegalmente.

La cassa comune del clan gestita da Giuseppe Bevilacqua
Giuseppe Bevilacqua
ricopriva un ruolo direttivo, di coordinamento e di gestione all’interno del clan. E gestiva anche la cassa comune, come risulta dalle intercettazioni che descrivono riscossioni e conteggi di denaro. Come quella del 15 ottobre 2019, giorno in cui Giuseppe Bevilacqua e Antonio De Paolis raggiungevano l’abitazione di una donna per riscuotere i soldi guadagnati dalla stessa grazie allo spaccio. Lo stesso giorno Bevilacqua, Stomeo e De Paulis erano intenti a conteggiare il denaro da destinare alla “cassa comune”.

L’omertà
Intorno al clan c’era un clima di omertà favorito dall’uso della violenza per la risoluzione di ogni tipo di controversia che generava timore. Come nel caso dell’aggressione ricevuta da un ragazzo per non meglio precisati motivi legati al mondo dello spaccio. «Sta pisciando sangue, sta pisciando sangue», si sente in un’intercettazione. La vittima, ascoltata dalle forze dell’ordine, pur confermando l’aggressione, per paura di ritorsioni negava di aver riconosciuto i suoi aggressori.

La figura di Maria Assunta Stella
Le indagini, incentrate soprattutto sul territorio di Martano, hanno fatto emergere la figura di Maria Assunta Stella e, di conseguenza, del marito ergastolano Salvatore Rizzo, capo dell’omonimo clan. La donna è rispettata dalle organizzazioni criminali attive sul territorio, non solo in virtù del legame coniugale con un importante esponente della criminalità mafiosa ma anche per il suo stesso carisma criminale che le consente di coltivare una fetta di interessi strettamente personali che le consentono tuttora di esercitare un significativo controllo sul territorio. Da anni, ormai, vive ad Andria dove il 17 dicembre 1992 fu arrestato il marito dopo un periodo di latitanza e dove lavora presso una ditta che ha per oggetto la fabbricazione di mangimi per animali attraverso la macellazione dei relativi scarti, intrecciando proficui interessi nel tessuto criminale del luogo, anche attraverso la conoscenza di Salvatore Beneloucif, personaggio di spicco della criminalità organizzata, arrestato insieme a Filippo Griner, che diversi collaboratori di giustizia indicano quale affiliato al clan di Salvatore Rizzo.

Immagine originale: it.depositphotos.com

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