Combattere l’ipocrita memoria di cui è impregnata la narrazione dei gravissimi eventi che hanno segnato la storia di questo Paese; parlare di Strategia della tensione, stragi politico-mafiose: per questo in occasione del cinquantatreesimo anniversario della strage di piazza Fontana, i ragazzi del coordinamento “Studenti PMO” hanno organizzato un’assemblea aperta.
Chiaramente non casuale è la data. La strage del 12 dicembre ’69 segnò l’inizio della Strategia della tensione ed è emblematica per depistaggi, minimo comun denominatore fra moltissime delle stragi italiane, in quel caso, perpetrati già a partire da poche ore dopo l’esplosione al Banco Nazionale dell’Agricoltura.
Difatti, nel 1987 vennero condannati, per depistaggio, in via definitiva due uomini dei Servizi Segreti, appartenenti al SID: il generale Gianadelio Maletti e il capitano Antonio Labruna.
Attraverso le bombe, neofascisti, golpisti all’interno dei Servizi Segreti, delle Forze Armate, della Polizia, circoli massonici deviati, mafiosi e ‘ndranghetisti puntavano a destabilizzare l’ordine costituito. Gli obiettivi erano quelli di portare l’Italia ad una stretta autoritaria ed evitare, in ogni modo, l’arrivo dei comunisti al governo, mantenendo il paese, ancor più profondamente, nell’orbita d’influenza statunitense. Intorno a queste determinazioni, il cosiddetto “sistema criminale integrato” ha ucciso innocenti, leali servitori dello Stato, tentato, perfino, un colpo di Stato.
Tutti gli studenti intervenuti in assemblea hanno sostenuto l’importanza di affrontare, anche e soprattutto a scuola, il post-Seconda guerra mondiale. Moltissime classi, infatti, seguendo il programma di storia, non riescono ad arrivare neppure alla nascita della nostra Repubblica.
Fare trattare gli eventi che, più di tutti, hanno influenzato la nostra politica nazionale, permettere di conoscere la vita di coloro i quali hanno perso la vita per un paese libero dalle prevaricazioni e dalle ingiustizie, dare agli studenti degli esempi, non da commemorare una volta l’anno, ma da seguire ogni giorno: dovrebbero essere imperativi per l’istruzione
in un paese serio. Ahinoi, tocca sottolineare che questo in Italia non accade. E non è più accettabile.
Forse la realtà è che non c’è la volontà di costruire dei cittadini che sappiano e che pensino. Italiani che vivano perseguendo valori alti, avendo il coraggio di contrapporsi al vento di conformismo e retorica che asfissia questo Paese.
La certezza, tuttavia, è che, seppure scomodi, seppure screditati e non presi sul serio, continueranno ad esistere giovani che hanno sete di verità e giustizia, che ripudiano il silenzio, le passerelle e le commemorazioni ipocrite, che stanno dalla parte dei magistrati isolati nella lotta al crimine organizzato, nella lotta allo Stato-mafia. Studenti disposti a sacrificare qualche voto scolastico, ad impiegare il proprio tempo, per conoscere. Per studiare quello che non deve essere studiato.
Quando la voglia di abbattere quel muro di silenzi e ingiustizie, oggi incredibilmente spesso, apparterrà a sempre più giovani, sempre più studenti, tutti figli e fratelli di questa nostra terra macchiata di sangue, il sentiero illuminato dal sorriso dei martiri prenderà forma in un sogno d’amore, di libertà.