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Un presidio per protestare contro l'applicazione delle norme sulla presunzione di non colpevolezza introdotte dal decreto legislativo 188 del 2021, "di cui la libera informazione in Italia attende da parte dei ministeri competenti una corretta lettura attraverso nuove circolari esplicative che non mettano a repentaglio (come sta avvenendo) il diritto di cronaca": è il senso della manifestazione, promossa da Rete No Bavaglio - Liberi di essere informati e da altre associazioni a Roma, davanti al tribunale a Piazzale Clodio. Hanno aderito - fanno sapere gli organizzatori - Fnsi, Ordine dei Giornalisti, Usigrai, Ordine dei giornalisti del Lazio, ControCorrente Lazio, Articolo 21, Libertà e Giustizia Lazio, Libera Informazione, GayNet, Sindacato Cronisti Romani, Associazione Stampa Romana, The Women Sentinel, InfoFuturo, Puntoacapo. Un'analoga manifestazione si è svolta davanti alla procura di Terni, con il sostegno dell'Assostampa Umbria. "Vietato parlare con i giornalisti - hanno sottolineato i promotori -. Più che concentrarsi sulla prevenzione e repressione dei reati, a Roma, ormai procura e questura sembrano, piuttosto, impegnate a imbavagliare la stampa. La legge sulla presunzione di innocenza appare un pericoloso alibi. Eppure è fondamentale permettere la verifica di fatti e notizie nell'immediatezza, oltretutto, in un momento così delicato per la vita del Paese colpita da una crisi economica gravissima che rischia di generare grandi tensioni sociali. Ma per la paura di assumersi responsabilità o di essere 'redarguiti', tutti i livelli coinvolti in quello che dovrebbe essere un aperto confronto con gli organi di stampa, nel rispetto dei ruoli, si stanno trincerando dietro un 'no comment' che spesso è o sfiora la censura. Una condizione inaccettabile: chi opera in difesa dello Stato e dei cittadini deve anche essere in grado di potere interloquire con i professionisti dell'informazione i quali, ricordiamo, hanno dei doveri già sanciti dai codici deontologici". I cronisti romani ritengono "assurdo che nella capitale del Paese, sede di tutte le istituzioni, a decidere cosa sia di interesse pubblico, se e cosa debba essere detto o non detto ai giornalisti sia esclusivamente una persona, un procuratore. Se non altro per la mole di procedimenti e fatti di cronaca che avvengono a ogni ora del giorno e della notte: sarebbe umanamente impossibile. Da anni ai giornalisti di Roma, poi, è stato sbarrato addirittura l'ingresso nel palazzo di via di San Vitale, sede della Questura. È stata chiusa e mai più riaperta la storica sala stampa. Sembrava di avere toccato il punto più basso nei rapporti, invece, no". Da qui la richiesta al nuovo governo e al nuovo Parlamento "di rivedere il meccanismo che ha portato a questo deterioramento dei rapporti che rischia di privare tutti i cittadini (non solo a Roma, ma in tutta Italia) della conoscenza effettiva di ciò che succede nelle loro città".

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