Tina Anselmi, insegnate, partigiana e politica italiana. In occasione dell'anniversario della sua morte, e per conoscere meglio la vita di questa grande donna, è uscita la versione aggiornata del libro "La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi" (Casa Editrice Chiarelettere) di Anna Vinci, amica e biografa personale di Tina. La ristampa del libro, a cura dell'autrice con alcuni aggiornamenti rispetto alla I edizione, racconta la storia della Commissione Parlamentare sulla loggia P2 e gli inizi dei suoi lavori, nell’ottobre 1981 e la loro conclusione, nell’estate 1984.
Il volume comprende l'elenco completo degli iscritti alla P2, lettere di Cossiga, Gelli, Sindona ed estratti della relazione della Commissione. Con la prefazione di Dacia Maraini, una testimonianza di Giovanni Di Ciommo, un nuovo saggio di Anna Vinci e la postfazione di Giuliano Turone.
“Che cosa resta, a trent’anni da quell’inizio degli anni Ottanta, delle parole del potere che emergono dai preziosi foglietti di Tina, questo segreto diario, che ci proietta sul palcoscenico dell’Italia di ieri e che ci spinge a riflettere sull’Italia di oggi? Una testimonianza di persona onesta che si trova davanti alle menzogne, ai sotterfugi, alle compromissioni di un potere segreto e maligno che s’insinua nelle istituzioni e riesce troppo spesso a corrompere quello che c’è ancora di sano nel paese. Le armi per combattere questi orrori stanno in altre mani. A lei non resta che il racconto dei fatti, con il rischio sempre di non essere creduta”. È un rischio concreto quello paventato dalla scrittrice Dacia Maraini nell’introduzione.
E alla effettiva possibilità di non essere creduti si aggiunge una consapevolezza oggettiva: la P2 ha saputo cambiare pelle ed è ancora viva e operante sotto altre forme. “L’uso distorto delle parole – scrive nel capitolo “A volte ritornano” Giovanni Di Ciommo, ex segretario della Commissione parlamentare sulla P2 –, che Gianrico Carofiglio chiama la ‘manomissione delle parole’, è la prima e la più perniciosa fra tutte: la corruzione delle menti. Chi ne vuole un esempio, legga la lettera di Licio Gelli indirizzata al presidente della Repubblica Francesco Cossiga, e mentre la legge ponga mente alla discrasia tra le parole altisonanti del testo e la realtà, ben meno nobile, a esse sottostante”. “Come ha potuto permettersi di scrivere una tale lettera? – si chiede sgomenta Anna Vinci – Il fatto che Gelli avesse la spudoratezza di scrivere, di tirare fuori la testa, significava che i tempi erano veramente cambiati e quella lettera non era una delle tante, faceva temere che una pietra tombale fosse stata messa sui lavori della Commissione”.
La Presidente Tina Anselmi, in quegli anni aveva preso appunti su pagine a quadretti, con la sua grafia, per tutto il periodo. Cronologicamente e meticolosamente. Davanti a Tina avevano sfilato le massime cariche dello Stato e dei partiti, militari, burocrati, massoni in vita e in sonno, piduisti e non piduisti. Una varia umanità di mediocri. Tutti avevano negato. Altri invece, accusato. Altri, come oggi, hanno avuto poca memoria. Tutto ruotava attorno a Licio Gelli il “materassaio” di Arezzo, al centro di un gruppo di potere eversivo. I diari di Tina Anselmi sono rimasti segreti sino al 2011, quando Anna Vinci aveva pubblicato la I edizione. Poi era venuta la II nel 2018. La Relazione ufficiale della Commissione sulla P2 presentata al Parlamento nel 1984, era stata di fatto trascurata dalle forze politiche. Tutte, in maniera trasversale.
Ma questa è una storia che si ripete giorno dopo giorno in uno Stato che non intende processare sé stesso, né tanto meno ammettere l’esistenza di una o più trattative con la mafia. L’ultimo “foglietto” di Tina Anselmi riportato nel prezioso volume di Anna Vinci è del 5 Ottobre 1990, riguarda gli appunti su Vincenzo Parisi (capo della Polizia dal 1987 al 1994 che, se fosse rimasto in vita, sarebbe stato indagato nell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia). Il suo contenuto è quanto meno interessante: “C’è stata in tutti questi anni un’azione dei servizi segreti stranieri (non dell’Est) per mantenere debole e perciò controllabile il sistema politico italiano. Bologna, Ustica, Emanuela Orlandi, l’attentato al papa sono interpretabili così. Pazienza (lo consideravano) servizi francesi e americani più intelligente di Gelli, alla fine degli anni Ottanta in Usa si decise di inviarlo in Italia per sostituire Gelli. La chiave di lettura della Commissione sulla P2 è giusta e ancora attuale. Gelli oggi non è operativo ed è sotto controllo, dovrebbe essere in carcere e i beni confiscati. È una vergogna che così non sia”.
Giuliano Turone (il giudice di Milano che insieme a Gherardo Colombo, nel marzo del 1981 ordinò alla Guardia di Finanza di perquisire Castiglion Fibocchi, dove venne trovata la lista della P2) mentre nella sua postfazione auspica che “possano un domani finalmente spiegarci come mai, nonostante l’autorevole ed esaustiva relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta, e nonostante l’importantissima e rigorosa Risoluzione 6 marzo 1986 della Camera dei Deputati, l’Italia non abbia ancora saputo mettersi decisamente alle spalle la filosofia di fondo ‘predemocratica’ ed ‘eversiva’ del sistema P2: quella ‘visione politica che tende a situare il potere negli apparati e non nella comunità dei cittadini politicamente intesa», quale emerge dal cosiddetto «Piano di rinascita democratica’”. Turone confida che quegli studiosi possano spiegare una volta per tutte come sia stato possibile avere avuto fino a pochi anni fa “un presidente del Consiglio titolare della tessera P2 numero 1816”, cioè quella di Silvio Berlusconi.
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