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Nel rapporto del colonnello Gregori, errori nella perizia del ‘92: “I reperti furono contaminati”

A distanza di 31 anni dalla tragedia del Moby Prince, una nuova perizia incaricata dalla Commissione parlamentare d’inchiesta ha smentito la versione avanzata nel ‘92 dalla procura di Livorno, secondo la quale l’incendio divampato a bordo del traghetto Moby Prince sarebbe la diretta conseguenza di un'esplosione avvenuta all’interno della stessa imbarcazione.
Secondo la nuova versione dei fatti, frutto di analisi effettuate con strumenti all’avanguardia, a bordo del traghetto di proprietà della Nav.Ar.Ma. (oggi MOBY spa, ndr), entrato in collisione con la petroliera Agip Abruzzo nel porto di Livorno la sera del 10 aprile del ‘91, non ci sarebbe stata nessuna esplosione.
Dal quotidiano “La Repubblica” si apprende che l’ultima perizia condotta dal colonnello dei carabinieri Adolfo Gregori, comandante della sezione chimica del Ris di Roma, ha dimostrato che a bordo del traghetto dove persero la vita 140 persone, non ci sarebbe stato nessun esplosivo ma solo “evidenti tracce di contaminazione esterna” presenti sia all’interno del locale motore di prua che nel garage sovrastante alla Moby Prince.
Dalle analisi effettuate nel ‘91 dalla polizia scientifica della Criminalpol e dall’Enea, su numerosi reperti emersero tracce di sette tipi di esplosivi diversi: dalla nitroglicerina al nitrato di ammonio fino al T4; “Tutti esplosivi che, ad eccezione del nitrato di ammonio - ha illustrato Alessandro Massari che all’epoca procedeva insieme alla Procura di Livorno nel reato di omicidio colposo -, risultano essere ad alto potenziale, sia singolarmente che in miscela. Le tracce di questi esplosivi  - ha puntualizzato Massari -, erano presenti nel locale motore dell’elica di prua, anche se, essendo in quantità inferiori ai limiti strumentali, non è stato possibile accertare i singoli reperti che li contenevano”.
Oggi, ad avvalorare la tesi del Ris di Roma, il fatto che l’esplosivo da contaminazione sia stato rinvenuto non solo sui singoli reperti ma anche all’esterno dei vari contenitori che custodivano il materiale; sulla base di questo dettaglio che indicherebbe una conservazione non ottimale del materiale repertato, la base su cui si fondano le vecchie conclusioni, errate secondo il colonnello Adolfo Gregori.
Resta il fatto che la tragedia del Moby Prince, rimane ancora fitta di misteri. La nuova perizia condotta dal Ris di Roma, incentrata più sugli errori della precedente che sulle dinamiche dirette, potrebbe non essere sufficiente a spiegare la presenza, avvalorata da una testimone oculare (Marina Caffarata, moglie del secondo ufficiale della Moby Prince Lido Giampedroni, ndr), di due soggetti estranei sorpresi a bordo del traghetto prima della tragedia, tantomeno, ad escludere concretamente il possibile coinvolgimento della criminalità organizzata, oggetto di una recente inchiesta condotta dalla Dda di Firenze.

Foto © Imagoeconomica

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