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Alle 7.30 del 29 agosto di 31 anni fa Libero Grassi veniva barbaramente ucciso in una via di Palermo perché non voleva pagare il pizzo.
Qualche mese prima con una lettera sul Giornale di Sicilia aveva scritto:
“Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia”.
Il successivo 19 marzo i suoi estorsori vennero arrestati dopo la sua denuncia.
Ma prima di morire aveva avuto modo di esprimere la sua amarezza per le incoerenze dello Stato nella lotta alle estorsioni ed alla mafia e di denunciare la solitudine per la mancanza di sostegno di una associazione regionale di categoria.
E poi il suo terribile omicidio che sarebbe servito per spezzare la resistenza di chi si opponeva al pizzo.
Da quel giorno Libero Grassi è divenuto simbolo della lotta alle estorsioni e cosa nostra, a causa della rivolta di molti commercianti che avevano iniziato a denunciare, aveva dovuto spesso rinunciare al “pizzo“.
Dopo 31 anni però le associazioni antiracket denunciano un calo di tensione ed una attenuazione dei benefici che - a partire dall’omicidio di Libero Grassi - lo Stato aveva assicurato a chi denuncia il racket. Come capita in molti settori dell’antimafia si è tornati indietro. Anche in questo caso fare memoria può aiutare a non attenuare la tensione. Per evitare che Libero Grassi sia morto invano.

Fonte: facebook.com

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