La sorella di Paolo: “Mi rivolgo ai giovani perché ritrovino la capacità di indignarsi, perché pretendano che la verità sia sempre vera e la giustizia sia sempre giusta”
Rita Borsellino si era spenta il 15 agosto 2018 all'ospedale Civico di Palermo. A distanza di quattro anni dalla sua scomparsa molte cose sono accadute in questo grande, disgraziato e bellissimo Paese.
Come ad ogni commemorazione del 19 luglio, anche quest'anno sono state rinnovate le stesse domande, accompagnate da tristezze, delusioni e indomito spirito di riscatto: chi (oltre ai soliti mafiosi) ha dato l'ordine di uccidere Paolo Borsellino, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina?
E poi: davvero il popolo italiano è destinato a vivere per sempre in un limbo dantesco fatto di verità taciute, menzogne esaltate, corrotti premiati e 'onorevoli' traditori?
Non è facile rispondere. Ma 'rendere le armi' a favore della rassegnazione non può e non deve diventare un'opzione.
Ci sono attivisti, magistrati, giornalisti, avvocati e tanti altri cittadini che hanno 'ereditato' (ognuno a suo modo) il compito di non far morire 'il sogno di Paolo'.
Un sogno d'amore, un sogno utopico, forse.
Esistono ora molte voci che dal popolo iniziano a gridare, come aveva gridato al tempo Rita, di voler "capire cosa ha portato alla morte di Paolo, cosa è successo in quei 57 giorni (trascorsi dalla strage di Capaci, ndr), vogliamo capire cosa c'era scritto nell'agenda rossa, quali sono i motivi per i quali bisognava fare subito fuori Paolo".
Un intervento forte quello di Rita, capace di spezzare quel clima imperante del "politically correct" in una trasmissione condotta su Rai Uno da Fabio Fazio, Pif e Roberto Saviano in occasione dei 25 anni dalle stragi del 1992.
Nonostante la stanchezza che la malattia le causava da tempo, la sorella del giudice Borsellino, di fronte all'Italia intera, aveva trovato ancora una volta la forza per mettere all'angolo le Istituzioni presenti (accanto a lei vi era l'ex presidente del Senato, Pietro Grasso) sulla ricerca di quelle verità indicibili che stanno dietro le stragi di Stato.
"Ci sono dei punti fermi da cui ripartire - aveva sottolineato Rita - come delle sentenze, una che dice che la trattativa tra Stato e mafia c'è stata, che ci sono stati innocenti, poi colpevoli per altre cose, che sono finiti in galera perché qualcuno ha voluto mandarceli per dare in pasto all'opinione pubblica delle cose. Noi vogliamo sapere ora perché, a chi serviva e a chi è servito”. Quelle parole, così come i fatti, non potranno mai essere cancellate: la Trattativa tra Stato e Mafia c'è stata. Per i giudici della sentenza di Appello non costituisce reato. Ma c'è stata; l'agenda rossa esiste e qualcuno la tiene nascosa con i suoi segreti; si è verificato, maturato sotto la gestione di Arnaldo La Barbera, l’allora capo della squadra mobile di Palermo che in passato aveva pure lui collaborato coi servizi, il "più grande depistaggio della storia giudiziaria italiana" in merito alle indagini sulla strage di via d'Amelio; ci sono stati dei giuda che hanno tradito Borsellino, "un amico mi ha tradito" aveva detto Paolo ai magistrati Alessandra Camassa e Massimo Russo; ci sono stati uomini dello Stato che hanno cercato una interlocuzione con il boss corleonese subito dopo che era stato sparso il sangue con la strage di Capaci. Azioni 'improvvide' dei militari del Ros, come precisato nelle motivazioni della sentenza di Appello del processo Trattativa.
A questi fatti incontrovertibili però vi sono ancora molte domande: Chi aveva azionato il telecomando che fece esplodere l'autobomba il 19 luglio 1992? Quali sono le ragioni dell’accelerazione dell’eliminazione di Paolo Borsellino? C’è stata una finalità di occultamento della responsabilità di altri soggetti nella strage, nel quadro di una convergenza di interessi tra Cosa Nostra e altri centri di potere che percepivano come un pericolo l’opera del magistrato? Chi era la persona rimasta sconosciuta, indicata da Spatuzza, presente al momento della consegna della Fiat 126? Chi sono gli infiltrati in via d’Amelio ai quali si riferiscono Mario Santo Di Matteo e la moglie nella nota intercettazione del loro dialogo? E poi: perché è cessata la campagna stragista dopo il fallito attentato allo stadio Olimpico nel 1994?
Anche a queste domande non sarà facile dare una risposta. Ma una cosa è certa: ai silenzi, all'ipocrisia, alle passerelle di Stato e al 'puzzo della complicità' si deve continuare a rispondere, come ha fatto Rita Borsellino, con la testardaggine e l’ostinazione nel ricercare la verità, rifiutandosi categoricamente di accettare ogni compromesso morale.
Così come Paolo Borsellino aveva fatto nell'ultima lettera scritta nel giorno della sua dipartita anche Rita si era rivolta ai giovani, ultima vera speranza di questa martoriata Italia: "In una società che ritiene che tutto si possa comprare e vendere, non c’è posto per i Paolo Borsellino - aveva detto amaramente - Eppure i nostri giovani e quella parte ancora sana della nostra società guarda ai pochi esempi credibili come punti di riferimento irrinunciabili. E a loro mi rivolgo perché ritrovino la capacità di indignarsi, perché pretendano che la verità sia sempre vera e la giustizia sia sempre giusta”.
Un invito che è necessario raccogliere senza riserve per liberare il popolo italiano dall’oppressione dei corrotti, dei prepotenti e degli assassini.
Foto © Imagoeconomica
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