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Pietro Orlandi stupito per l’attenzione sul contenuto dei verbali: "Una cosa vecchia e scontata"

Marco Sarnataro, morto nel 2007 all’età di 46 anni, secondo le dichiarazioni rilasciate da suo padre Salvatore Sarnataro alla squadra mobile il 24 settembre del 2008, sarebbe uno degli uomini che, per conto della Banda della Magliana, avrebbe rapito Emanuela Orlandi. La notizia è stata riportata in esclusiva da ‘Repubblica’ in un articolo a firma di Giuseppe Scarpa.
A 39 anni di distanza, la scomparsa di Emanuela Orlandi rimane uno dei misteri più intricati e complessi nella storia del nostro Paese. La vicenda, nata con il rapimento della figlia 15enne di Ettore Orlandi, era stata immediatamente indicata da Papa Giovanni Paolo II come un caso di “rapimento”, oltretutto, reso ancora più complesso dalla totale mancanza di collaborazione perpetrata dalle alte sfere ecclesiastiche nonostante un fascicolo aperto dal Vaticano, la cui esistenza è stata corroborata da alcune intercettazioni eseguite dalla vecchia Gendarmeria.
La polizia, si legge su ‘Repubblica’, aveva ascoltato Salvatore Sarnataro dopo che due amici della 15enne rapita, Angelo R. e Paola G., tra le tante foto della polizia, avevano riconosciuto nel volto di suo figlio Marco, il viso di quel giovane che li seguiva in modo ossessivo.

Le dichiarazioni messe a verbale di Salvatore Sarnataro
Il racconto di Salvatore Sarnataro è stato reso all’autorità giudiziaria nell’ottobre del 2008. Al suo interno le parole del figlio Marco deceduto: “Poco tempo dopo il sequestro, ricordo che eravamo al Regina Coeli, sia io che mio figlio (accusati per spaccio e detenzione di armi, ndr). Quest'ultimo durante l'ora d'aria mi confessò di aver partecipato al sequestro dell'Orlandi nei termini seguenti: mi disse che per diversi giorni, sia lui che "Ciletto" (Angelo Cassani, ndr) e "Giggetto" (Gianfranco Cerboni, ndr), pedinarono Orlandi per le vie di Roma su ordine di Renato De Pedis, da loro chiamato il "Presidente" (il boss della Banda della Magliana, ndr)". “Mio figlio mi disse che dopo averla pedinata per alcuni giorni, ebbero da De Pedis l'ordine di prelevarla. Marco mi riferì che l'avevano fatta salire su una Bmw a piazza Risorgimento ad una fermata dell'autobus. La ragazza salì sulla macchina senza problemi. Almeno questo mi raccontò Marco - ha dichiarato Sarnataro -. Mio figlio mi disse che erano stati sempre loro a prelevare la ragazzina, non mi specificò se erano tutti e tre. Di certo c'era Marco e uno tra ‘Giggetto’ e ‘Ciletto’, però potevano essere anche tutti e tre perché Marco usò l'espressione ‘l'abbiamo presa’. Quindi la condussero al laghetto dell'Eur dove li stava aspettando Sergio, che era l'autista e uomo di fiducia di De Pedis (boss della banda della Magliana ndr)”. “Stando al racconto di Marco si legge sempre su ‘Repubblica sia la ragazza che l'autovettura vennero prese in consegna da Sergio. Venni a sapere poi che mio figlio, per questa cortesia, ebbe in regalo una moto Suzuki 1100. Non mi ricordo se Marco mi disse chi gli avesse dato la moto, se Raffaele Pernasetti (esponente della Banda della Magliana, ndr), oppure un'altra persona. Io non so davvero perché Marco decise di raccontarmi del suo ruolo nel sequestro Orlandi, io compresi subito che stava passando un periodo di paura".

Tutto lo stupore di Pietro Orlandi
Intanto, il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, intervistato da Adnkronos ha sottolineato tutto il suo stupore per l'attenzione intorno al verbale di Sarnataro: “Si tratta di una cosa vecchia e scontata”, ha detto.
“Capaldo (ex procuratore aggiunto ora in pensione ndr) ci credeva tantissimo a quelle dichiarazioni - ha sottolineato Pietro Orlandi - poi quando il procuratore di Roma Pignatone gli ha tolto l'incarico, venne archiviato. Lo stesso Pignatone, ora presidente del tribunale vaticano - ha rimarcato Orlandi -, in quella richiesta di archiviazione, dice che c'erano elementi indiziari che avevano avuto un riscontro sul ruolo di alcuni elementi della Banda della Magliana nel sequestro di Emanuela, ma invece di approfondire fu deciso di archiviare tutto”.

Un boss in mezzo ai Papi
Le spoglie del boss della Magliana Enrico De Pedis si trovano nella Basilica Sant’Apollinare a Roma, all’interno di un sarcofago di marmo bianco e argento sulla quale compare la scritta contornata da zaffiri e recante il suo secondo nome: Renato. Quella di Sant'Apollinare rimane sicuramente uno dei luoghi di culto storicamente più importanti e, probabilmente, il più inadatto ad ospitare le spoglie di un uomo, la cui vita è stata segnata da una forte inclinazione criminale.
Intanto, la famiglia Orlandi rimane ancora in attesa di una tomba dove poter ricordare dignitosamente Emanuela Orlandi, scomparsa il 22 giugno del 1983 e mai ritrovata.

Fonte: roma.repubblica.it

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