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Il bardo del capitale

Non sono mai stato un estimatore di Draghi. L’ho sempre ritenuto una delle espressioni del capitalismo, non solo italiano, ovvero uno dei difensori del sistema di potere politico-economico che regge la produzione e l’accumulazione di ricchezza del pianeta. La sua carriera, dalla Banca d’Italia, a quella europea, alla Goldmann Sachs non è diversa da quella di altri politici italiani, primo fra tutti Prodi: il capitalismo si regge sulle grandi imprese che dispongono di grandi capitali e che vanno comunque assistite ove si presentassero situazioni e minacce di crisi. La tendenza generale è quella della scomparsa della piccola economia e della concentrazione di tutto il sistema produttivo in poche mani, dalle quali non sarà possibile alcuna deviazione su possibili altre soluzioni al di là di quelle storicamente collaudate. Il sistema bancario è il fulcro di questo volano che non gira automaticamente, ma che dispone di chi aumenta o rallenta i giri: le mie scarse conoscenze d’economia mi lasciano soltanto intuire quel che c’è sotto, a partire dalla volatilità della moneta, con i vari “pagherò” che girano come moneta reale, ai pacchetti di azioni vendute a coloro che, pur di realizzare qualcosa rischiano di perdere quanto investito e una serie infinita di percorsi sotterranei per aggirare gli ostacoli di punitive tassazioni e solidificare l’evasione fiscale.

Il capitalismo mafioso
Il flusso di ricchezza dei mercati azionari, con l’accendersi e spegnersi di enormi fortune, riesce a moltiplicare all’infinito il  punto iniziale da cui tutto si muove, ovvero l’immarcescibile strategia dello spremere sino all’ultima goccia la forza lavoro e retribuirla con piccole cifre al limite della sopravvivenza: non c’è più neanche l’altro fattore fondamentale nel secolo scorso, ovvero la riproduzione di altre forze lavoro, i figli, onde continuare la permanenza del sistema, poichè le migrazioni e l’aumento progressivo delle povertà mettono a disposizioni grandi quantità di lavoratori spesso tra loro concorrenziali. Prestiti e finanziamenti alle imprese, a condizione di una garanzia a copertura, sono momenti della generale strategia che porta al fallimento della piccola impresa indebitata, all’incameramento di quanto dato come copertura e  al potenziamento della strategia di concentrazione delle ricchezze e delle strutture che le controllano. E’ una tecnica da sempre usata dalla mafia, che compra per niente le aziende in dissesto, subentra  ai proprietari in crisi rilevandone una parte maggioritaria e assorbe, senza neanche più ricorrere al pizzo, ta totalità dei guadagni : la stessa tecnica adottata dal capitalismo mondiale, che quindi, senza ombra di dubbio, potrebbe definirsi mafioso. Il pensiero al modello “Trump” è inevitabile.

Sei domande
Ci sono alcune domande che, in un paese di critici, commentatori, opinionisti , esperti, analizzatori ecc..., a mio parere sono rimaste tuttora senza risposte definitive:

- Uno: cosa ha determinato la nomina di Draghi a Primo ministro in un momento in cui Conte il 26 gennaio 2021 venne accompagnato alla porta dopo avere appena ottenuto la fiducia a un suo decreto? In quel caso Mattarella non lo rinviò alle camere. Eppure, a vantaggio del governo Conte 2 c’era una positiva gestione dell’epidemia del Covid e l’ottenimento dei 210 miliardi del PNRR. Forse la spiegazione sta proprio qui, ovvero in un’occasione economica che non poteva tagliare fuori la Lega.

- Due:  L’avere lasciato il ruolo dell’opposizione solo nelle mani dei Fratelli e cognati d’Italia, è stata una scelta studiata a tavolino? E perché, nel momento in cui si parlava di governo di unità nazionale? E’ ben risaputo che in governi con una così ampia maggioranza, il ruolo dell’opposizione non può che accrescerne i consensi, poiché finisce con il convogliare al suo interno qualsiasi tipo di dissenso. Escludo l’inconsistente cespuglio di estrema sinistra di Fratoianni, anche perché nessuno si preoccupa di dargli gli spazi che spetterebbero a un’opposizione. Possibile che Draghi non  sapesse? Ma se lo sapeva, così come lo sapevano i suoi supporters europei, vuol dire che era stato calcolato sin da allora che a Draghi dovessero succedere Meloni e gli amici Salvini e Berlusconi.  

- Tre: il percorso che ha visto l’implosione dei cinque stelle, la scissione dimaiana, il mancato voto di fiducia ecc, è una vicenda affidata al normale svolgersi degli eventi e alla incapacità politica  dei grillini, oppure c’è anche qui lo zampino di Draghi, come sembra desumersi dalle dichiarazioni di De Masi?  L’operazione non presentava eccessive difficoltà, bastava sventolare sotto il naso dei riottosi esponenti pentastellati qualche progetto, tipo l’inceneritore di Roma, o la modifica delle norme sul reddito di cittadinanza e il gioco era presto fatto. Il tutto potendo contare su una massiccia campagna mediatica che avrebbe distrutto la credibilità di Conte e dei suoi seguaci, presentandoli come irresponsabili, amici di Putin, legati alle poltrone, ecc.

Quattro: non ci vuole molto a prevedere il prossimo inverno terribile, sotto tutti i livelli: poiché, per le solite selvagge leggi del capitalismo  nessuno metterà un tetto al prezzo dei carburanti,(Draghi lo ha solo “proposto” ai partners europei, ma si è guardato bene dall’imporlo all’Italia), tutto questo porterà ad ulteriori aumenti che metteranno in crisi e porteranno alla chiusura di aziende non in grado di sostenere il ritmo dei costi delle materie prime e quello di pagamento della forza lavoro. Inutile aggiungere le condizioni di milioni di famiglie ridotte alla fame. Ad ora nessuno affronta il problema con la gravità che nasconde. In tutto questo le responsabilità di Draghi sono evidenti. Egli si è gettato a capofitto sulle sanzioni, volute da Biden, senza tenere conto dei danni di ritorno che esse potevano comportare. Prima di farlo avrebbe dovuto garantirsi una fornitura di materie prime energetiche in sostituzione di quelle russe, e invece ci sta cominciando a pensare adesso. L’Inghilterra può contare sul petrolio del mare del Nord, la Francia sul gas algerino, la Germania sta cercando in tutti i modi di aggirare le sanzioni per non affondare la sua economia, (con grande ira di Zelenski): l’Italia invece cerca la bandierina di prima della classe, da presentare a Biden, sia per le sanzioni, sia per la fornitura di armi all’Ucraina. In pratica un oltranzismo politico filoccidentale che nasconde poca accortezza nei confronti dell’economia nazionale. La domanda, di ispirazione travagliana, è se Draghi voglia andarsene e abbia volutamente respinto le motivazioni dei grillini, per  non essere accusato dello sfacelo che si presenterà inevitabile tra qualche mese.

 - Cinque: come si sa, Draghi, negli anni in cui è stato alla Banca d’Europa, è stato un sostenitore dell’inflazione, come strumento per stornare verso l’imprenditoria capitalista il margine di spesa in più gravata sul consumatore. Adesso che lo scatto, superando ogni previsione, è ufficialmente schizzato all’8%, ma in realtà è ben oltre il 25%, nessun provvedimento strutturale, ma solo una politica di “prebende”, “ristori”, “bonus” che alimentano sempre il sistema di trasferimento delle risorse nelle tasche dei ceti più ricchi, ovvero dei destinatori finali dei flussi di denaro. La domanda, a cui solo Draghi può rispondere, è se egli ritiene ancora l’inflazione come un fattore positivo.

- Sei: la persistente politica di affidamento di ogni settore economico statale a privati ha subito un’accelerazione, sia a causa del Covid, che delle speculazioni seguite alla guerra, che della siccità, che della generale stagnazione economica: si è continuato a svendere porzioni di territorio nazionale, principalmente coste e spiagge, con concessioni date per pochi soldi a speculatori affaristi che ne hanno fatto una proprietà privata. La gestione dei rifiuti ormai procede con l’affidamento del servizio a privati, dalla raccolta al conferimento in discarica, idem dicasi per l’acqua, bene pubblico diventato liquido prezioso che quelli che la possiedono e la vendono a peso d’oro. Sulla sanità si sta compiendo il definitivo colpo di grazia, ovvero una strage nazionale di malati, causata dal congestionamento degli ospedali, dalla scarsità di medici e infermieri, dalla mancanza di elementari strumentazioni e forniture, oltre che di strutture: nessun problema invece per la sanità privata: paga e sarai assistito subito e bene. La domanda è una sola: perché?

Draghi in mezzo al guado
Membro di un club più grande, è venuto fuori quando non c’era bisogno di una crisi, più o meno, come fece Renzi, nello stesso modo in  cui Di Maio ha rotto con il resto dei suoi amici di cordata: per entrambi lo stesso obiettivo, liquidare Conte e sognare la creazione di un grande centro, di una sorta di nuova DC, comprendente i vari cespugli, da Calenda, a più Europa, ai resti dei berluscones, a Totti, ai vari profughi pentastellati, a più Europa ecc... come polo di riferimento tra destra e sinistra. A seconda delle opportunità: la strategia del passato è stata quella, da parte dei governi di centrodestra,  di dilapidare le risorse con  manciate di denaro a pioggia, essenzialmente in prospettiva elettorale, di trarre questo denaro aumentando il passivo già stratosferico del debito nazionale e poi di farsi sostituire dal PD, unica forza politica ancora in grado di far da sostegno alla traballante diligenza, per poi, una volta tornati i conti, rovesciare sulla sinistra l’accusa di essere tassaioli e danneggiatori dell’economia nazionale, che ha bisogno di fondi da togliere naturalmente dai salari dei lavoratori.
Il suo governo, presentatosi come coalizione di “unità nazionale”, con riferimento alle strategie tedesche della Merckel,  è nato soprattutto per coinvolgere la Lega e tutto il sistema economico del Nord Italia che la sostiene, in un quadro che avrebbe potuto essere stabilizzante senza la riottosità politica di una forza imprevedibile e inesperta politicamente, come quella dei pentastellati. C’è stato il tempo di farli implodere, di frantumarli e riassorbire all’interno delle solite regole intoccabili di sistema i resti più sensibili alla sirena della salvezza, della responsabilità e dell’autorità internazionale di cui siamo una componente. Con l’avvertenza, ove ce ne fosse bisogno, che dietro di tutto c’è sempre la solita politica statunitense, che ancora considera l’Europa come un suo feudo o una sua appendice, dai tempi della seconda guerra mondiale.

La guerra e il medioevo capitalista
La guerra in Ucraina ha alimentato questo ritorno al mondo diviso in due blocchi, esasperando le scelte di sicurezza putiniane, alimentandole con l’espansione della Nato, l’invio di armi da troppo tempo ammassate negli arsenali e le speculazioni spudorate sulle forniture energetiche, che hanno di colpo comportato uno sbalzo dei prezzi di tutti i generi, anche quelli ben lontani da ogni motivazione, dal 30 al 50% con conseguente accelerazione della politica che ormai caratterizza quest’ultima fase del capitalismo arcaico: spremere più soldi possibili dalle tasche dei meno abbienti e espandere al massimo la cesura tra i detentori di ricchezza e le vittime della povertà, verso una nova fase che si prefigura il ripristino delle gerarchie feudali, dal re-capitalista ai servi della gleba, con in mezzo una scala dui vassalli, valvassori, valvassini, militi, ognuno con reddito annuale da 100 mila in su, e in fondo i servi della gleba, al limite della sopravvivenza, fissata in un massimo di 500 euro mensili (le cifre sono relative alla realtà economica italiana). Sono convinto che i cosiddetti “gerarchi” occidentali hanno plaudito alla guerra, l’hanno ritenuta un dono piovuto dall’alto, hanno persino in cuor loro osannato Putin, salvo poi esternare disprezzo e obbedire al diktat americano dell’imposizione delle sanzioni.  

Meglio Draghi
Draghi è uno dei tanti, non saprei dire se strumento o attore di un perverso disegno che vuole rimettere in discussione il settantennio di sostanziale stabilità e crescita della ricchezza mondiale, susseguito alla Seconda Guerra mondiale. E tuttavia mi trovo a sperare che resti al suo posto perché, lo dico soprattutto a quelli che stanno esultando, da sinistra, non ci sono alternative , dopo di lui la Meloni è già pronta, avrà preparato già il discorso per l’investitura e l’intramontabile Salvini tornerà al suo posto di ministro degli interni, con buona pace del reddito di cittadinanza, del bonus del 110%, degli arrivi di stranieri, ucraini compresi e con tutta una serie di altre violenze alla democrazia, all’economia, alla povertà, che ci faranno credere un paradiso il momento che stiamo vivendo. L’ottica del “tanto peggio, tanto meglio”, mi sembra proprio da stupidi, secondo quella prima legge sulla stupidità individuata dallo  storico C.M.Cipolla, secondo cui la vera stupidità  consiste nel causare «un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita». Insomma la stessa stupidità messa in atto dall’occidente con le sanzioni, dal momento che è più il danno arrecato alla propria economia che a quella dei russi, i quali hanno a disposizione un mercato mondiale sconfinato per vendere i loro prodotti. Nella strategia degli USA un’Europa debole e dipendente dal dollaro è più facilmente controllabile, in quella di Draghi c’è addirittura la trovata che, per ottenere la pace basta diminuire di qualche grado i condizionatori. Malgrado ciò, se penso ai danni che potrebbe causare l’ineffabile caciottara romana,  pur con qualche repulsione, spero che Draghi resti al suo posto.

Foto © Imagoeconomica

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