La scrittrice racconta la loggia che inquinò la prima Repubblica e l’amica Tina Anselmi che la combatté
“L’altra faccia della luna”, così Tina Anselmi, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, descriveva la loggia guidata dal “Maestro venerabile” Licio Gelli. A ricordarlo è stata Anna Vinci, scrittrice e biografa della compianta deputata veneta, un tempo partigiana, in un’intervista contenuta in “Qui si fa l’Italia”, un podcast online su Spotify che vuole raccontare la storia politica italiana a chi non l’ha vissuta. L’ultima puntata, narrata da Lorenzo Pregliasco e Lorenzo Baravalle, è dedicata proprio alla “Propaganda 2”, la loggia scoperta dai magistrati di Milano nel 1981, che per decenni inquinò la prima Repubblica e della quale hanno fatto parte ministri, parlamentari, membri dei servizi segreti, uomini della marina militare, dell’areonautica, prefetti, generali, imprenditori e giornalisti.
“La loggia P2 era un potere occulto che tentava di erodere lo stato dall’interno istituzioni in modo segreto”, l’ha descritta Tina Anselmi. A capo di questa loggia c’era lui, Licio Gelli, “Belzebù”, come lo descrisse in un articolo l’ex premier Bettino Craxi, anche lui protagonista della prima Repubblica. Il “burattinaio” venne allo scoperto in un’intervista storica rilasciata al Corriere della Sera, giornale sul quale la loggia aveva messo le mani in quegli anni, a Maurizio Costanzo, noto giornalista e conduttore tv, anche lui iscritto alla P2 (tessera N° 1819). In quell’intervista, datata 5 ottobre 1980, “il burattinaio viene allo scoperto”, ha commentato la scrittrice. E lo fece “precisando quello che è il piano vero della P2: la completa revisione della Costituzione che definisce un abito liso e sfibrato e la Repubblica deve stare molto attenta nei suoi movimenti per non rischiare di romperlo definitivamente. Tipico linguaggio piduista che parla a chi deve capire”, ha spiegato l’ospite del podcast. Il 21 maggio 1980, più di due mesi dopo la scoperta degli elenchi della loggia a Castiglion Fibocchi da parte dei finanzieri coordinati dai pm Giuliano Turone e Gherardo Colombo, gli stessi elenchi vennero resi pubblici dall’allora governo. Immediate le dimissioni del primo ministro Arnaldo Forlani, al suo posto salì Giovanni Spadolini che istituì il primo governo non democristiano e che a luglio 1981 decise di sciogliere tutte le organizzazioni segrete, a partire dalla P2.
Fu in quel periodo che a Tina Anselmi venne assegnata una commissione parlamentare inquirente che indagasse sulle ramificazioni della P2 e sulla sua struttura. La parlamentare, prima ministra donna della storia italiana, era decisa ad andare fino in fondo a scoprire la verità: “Lo dobbiamo alla Repubblica e al popolo che ci ha eletti”, diceva. 147 furono le sedute della commissione, 198 le audizioni. A deporre venivano chiamati membri dei servizi segreti, politici, giornalisti, membri delle forze armate.
“In quell’epoca c’erano due blocchi, l’Europa da un lato, molto attenzionata dall’America, e dall’altra parte l’Unione Sovietica e i suoi Stati altrettanto comunisti”, ha detto la scrittrice ricordando il contesto geopolitico di quegli anni. “L’Italia in questa divisione geopolitica aveva un ruolo particolare, perché è un Paese di confine. La P2 si muoveva e sapeva benissimo che i suoi movimenti erano condizionati. Aveva un’accondiscendenza oltreoceano. Un permesso o un divieto. Tina Anselmi diceva spesso che i colpi di Stato non si fanno solo con i carri armati, riferendosi all’Uruguay o all’Argentina di Videla”.
La relazione finale della Commissione venne consegnata dalla Anselmi alla presidenza di Camera e Senato il 12 luglio 1984. Come il 1944, anno in cui abbracciò il fucile da partigiana dopo aver assistito all’esecuzione di 31 compagni antifascisti, il 1984 fu un anno cruciale per la parlamentare, ha detto l’amica Anna nel podcast. Nella relazione Anselmi si affermava che la loggia è tanto segreta da ricordare organizzazioni mafiose, si evidenziava che la loggia era un progetto politico per il quale, tra le altre cose, Gelli aveva stretto legami anche con forze dell’eversione nera, coinvolta in stragi e tentativi di golpe. Veniva riportata, inoltre, l’uso privato delle funzioni pubbliche da parte di alcuni apparati di Stato, provvidenzialmente protetti dai servizi segreti. Ma oltre alle indicazioni e le aspre condanne morali e politiche - quella di Tina Anselmi era solo una commissione inquirente - dopo la relazione del 1984 “di frutti non ce ne sono stati”, ha affermato Anna VInci. Anche perché “sono i magistrati che devono andare avanti”, ha spiegato. “Però, ugualmente, lei sentiva che aveva compiuto il suo dovere fino in fondo”. “L’importanza del lavoro di Tina è stata quella di riuscire a ricollegare i tasselli”, ha affermato. “Non si dava pace”. Con un colpo di spugna, dieci anni dopo, a Roma, dove nel frattempo la procura riuscì a strappare i procedimenti sulla loggia dalle mani dei magistrati di Milano e Brescia sollevando un conflitto di competenza, tutti gli imputati, incluso Gelli, vennero assolti in Corte d’Assise dal reato più grave, quello di attentato alla Costituzione mediante cospirazione politica. Una sentenza poi confermata in corte d’Assise d’Appello nel 1996. Se però, da un lato, la giustizia non era riuscita a incastrare giuridicamente la P2, la commissione di Tina Anselmi, è riuscita comunque a demolirla sotto gli occhi dell’opinione pubblica che ancora ne riconosce il lavoro di grande coraggio e sacrificio. “Tina Anselmi riceveva lettere, veniva fermata per strada e accompagnata nel suo lavoro alla commissione, era impressa nell’immaginario collettivo”, ha rammentato Anna Vinci. “E poi non dimentichiamo che era una donna, non dimentichiamo erano gli anni ’80 e la massoneria, chiesa, esercito, polizia e mafia erano in mano agli uomini”.
“La gente mi fermava alla presentazione del libro e ne parlava con amore”. “E’ strano. Era una forza”, ha concluso.
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