Lo spettro di una guerra tra clan si è fatto più concreto
Il dato è oggettivo: Cosa Nostra è tornata a sparare.
Dagli atti dell'inchiesta "Vento" condotta dai Carabinieri sul mandamento di Porta Nuova emerge un disegno violento e vendicativo. Giuseppe Incontrera, freddato a colpi di pistola una settimana fa in via Imperatrice Costanza, voleva vendicare la morte di Emanuele Burgio (figlio del boss Filippo, coinvolto anche lui nel blitz 'Vento') assassinato il 31 maggio 2021 alla Vucciria.
Per l'omicidio sono stati rinviati a giudizio Domenico Romano, il figlio Giovanni Battista e il fratello Matteo. Tutti questi personaggi erano legati a Borgo Vecchio ed avevano anche attentato alla vita del figlio di Giuseppe Incontrera, Salvatore, pure lui arrestato due giorni fa. Il figlio del boss, secondo gli investigatori, sarebbe il responsabile di un colpo all’agenzia di scommesse di via Silvio Pellico: il primo gennaio di quest’anno era stato portato via tutto il denaro che c’era in cassa, 14 mila e 500 euro. Ad ogni modo il rischio era concreto. La situazione era tale che si sarebbe potuta scatenare una spirale di morte a Palermo: una vera e propria guerra tra clan (quello di Porta Nuova e Borgo Vecchio) che si sarebbe trascinata dietro altri morti. Nonostante gli arresti degli ultimi giorni non è detto che il pericolo sia passato del tutto.
L'attentato al figlio del boss risale, secondo le ricostruzioni degli investigatori, all'uno Novembre 2020: le telecamere installate a Borgo Vecchio avevano ripreso Domenico Romano, accompagnato da altri parenti, mentre con la pistola in mano stava cercando di aggredire Salvatore Incontrera e altri ragazzi della Zisa. Per fortuna quella volta non era accaduto nulla poiché l'arma, con tutta probabilità, si era inceppata.
Questo episodio era stato confermato anche in un dialogo tra Giuseppe Incontrera e la moglie Maria Carmelina Massa.
L'accaduto, secondo gli inquirenti della Dda, avrebbe delle importanti analogie con l'assassinio di Emanuele Burgio poiché commesso sempre da "membri del nucleo famigliare Romano proveniente dal Borgo".
Guai sul 'fronte interno'
“Qua ci sono tre pilastri che non si possono toccare” aveva detto Giuseppe Incontrera: i “pilastri” mafiosi a Porta Nuova erano Giuseppe Di Giovanni, Tommaso e Calogero Lo Presti.
Tutti e tre sono tra i 18 fermati nel blitz dei carabinieri del Nucleo investigativo, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido, e dai sostituti Giovanni Antoci, Luisa Bettiol e Gaspare Spedale.
Secondo gli inquirenti, per i vertici di Porta Nuova sarebbe stato Leonardo Marino (ritenuto uno dei capi della piazza di spaccio della Vucciria assieme a Filippo Burgio) il responsabile dell’assassinio di Emanuele Burgio.
Più precisamente, nel corso di una conversazione del 3 giungo 2021, Giuseppe Incontrera, per conto di Giuseppe Di Giovanni, aveva contestato a Marino (il quale era incaricato di risolvere le diatribe fra le parti) di essere stato troppo permissivo nei confronti dei Romano, i quali per niente intimiditi avrebbero continuato la loro diatriba con Emanuele Burgio, fino ad arrivare all'omicidio.
Per i capi di Porta Nuova, inoltre, Marino non avrebbe valutato adeguatamente l'attentato contro Salvatore Incontrera, "ma cosa ancor più grave" hanno spiegato i pm, è stata la "non immediata ritorsione contro i Romano" con i quali si era incontrato poco dopo "l'assassino di Burgio" (Emanuele n.d.r). In quell'occasione anziché infliggere ai Romano delle misure punitive più severe, si sarebbe limitato, hanno spigato sempre gli inquirenti, "a farsi consegnare la pistola usata per commettere l'omicidio".
Tutto questo non era piaciuto affatto a Giuseppe Incontrera. Infatti il boss aveva sollecitato più volte Leonardo a prendere provvedimenti contro i Romano, assassini del figlio di Filippo Burgio.
Lo stesso Marino ad un certo punto si era detto pronto ad un'azione violenta. Infatti aveva detto ad un amico: "Mettiti nel motore con me. Gli andiamo ad ammazzare pure i nipoti. Io lo faccio, mi devono morire i miei figli che lo faccio". Ma stando ai fatti, tale proposito non si è mai verificato.
Altri propositi di vendetta
Filippo Di Marco era un giovane soldato del clan Porta Nuova. Ora è un collaboratore di giustizia e interrogato a marzo aveva riferito di un piano organizzato dai Burgio: nello specifico aveva detto di aver incontrato un cugino della vittima, il quale gli avrebbe chiesto di trovare una pistola calibro nove.
Stando alle confidenze ricevute, la persona indicata da Filippo, non potendosi vendicare sui Romano, poiché detenuti, avrebbe deciso di uccidere un loro parente e un non meglio specificato soggetto della Vucciria, interessato a ostacolare l'ascesa criminale di Emanuele nel settore del traffico di droga.
I Boss di Porta Nuova
Secondo Giuseppe Incontrera i tre "pilastri" del mandamento erano Giuseppe Di Giovanni, Tommaso e Calogero Lo Presti.
Allo stato attuale sono tutti e tre in stato di fermo in attesa della convalida dell’arresto da parte del giudice per le indagini preliminari Filippo Serio.
“Per la prima volta io sono entrato a marzo dell’anno scorso”, aveva detto Di Giovanni al consuocero Incontrera, collocando nel 2019 l’inizio della sua stagione al vertice.
Di Giovanni dava gli ordini e Incontrera li eseguiva: dalla droga al pizzo. Le cose però erano cambiate nel febbraio 2020 con la scarcerazione per fine pena di Tommaso Lo Presti, soprannominato 'il lungo' per distinguerlo dal cugino omonimo detto 'il pacchione'. “S’astutaturu i cuntaturi” (si erano spenti i contatori), aveva detto amaramente Incontrera.
Il capomafia scarcerato era stato accolto con un regalo: una bicicletta elettrica regalatagli da Incontrera e Di Giovanni. I due sapevano che il boss è sprovvisto di patente di guida.
C'è una conversazione che gli inquirenti ritengono un primo riscontro al rientro al vertice della cosca di Lo Presti. Incontrera, parlando con la moglie, gli aveva riferito del suo incontro con "il lungo": le aveva detto che il capo lo aveva mantenuto nel ruolo di vice - reggente del mandamento, ma lo aveva invitato a delegare quanto più possibile l'esecuzione delle sue direttive ai soldati per paura che potesse essere arrestato: "Ti devo mandare al macello? 20 anni devi andare a prendere?" Aveva domandato Lo Presti, per poi invitarlo a mollare la presa: "Vai divertiti..."
Il ritorno di 'Don Masino' (Tommaso Lo Presti) era coinciso con l’intraprendenza di Giuseppe Auteri, da qualche mese latitante. Auteri era stato piazzato a gestire la cassa del clan assieme a Incontrera: “Ora appena diventa il numero uno manco si deve fare vedere”, aveva detto Auteri di Lo Presti che andava tutelato e coperto.
Prima di 'Don Masino' era tornato in libertà anche Calogero Lo Presti, che a Porta Nuova chiamano zio Pietro. Di lui Incontrera diceva “una belva è”.
Estorsioni e storie di coraggio
Il 21 giugno dell’anno scorso degli uomini si erano presentati in un cantiere per la ristrutturazione di un edificio, in via Zisa, e avevano urlato ad un operaio: "Ma tu non lo sai come funziona? Ti devi andare a informare per lavorare...per stare qua devi portare 2000 euro". Tre giorni più tardi, come raccontato da Salvo Palazzolo su 'Repubblica' erano tornati: "Allora, com’è andata a finire?". L'operaio aveva riposto che non era riuscito a contattare il titolare della ditta. A quel punto l'esattore
(Girolamo Botta, incaricato da Giuseppe Giunta e Giuseppe Incontrera) aveva detto: "Allora saliti il materiale, chiudi tutto e te ne vai".
La seconda volta ci era andato pure Incontrera ma l'imprenditore non aveva mai ceduto. Infatti poco dopo si era rivolto ai carabinieri. Con lui anche Filippo Di Marco.
Ma anche un altro imprenditore aveva avuto il coraggio di opporsi al clan di Porta Nuova. Le minacce erano sempre le stesse: "Devi metterti a posto portando subito 2000 euro" oppure "Dovete pagare o potete subito levarci mano".
Patrizia Di Dio, vice presidente nazionale di Confcommercio e presidente di Confcommercio Palermo, ha lodato il coraggio dei due imprenditori: "Speriamo diventi contagioso” aveva detto aggiungendo che “Da anni sosteniamo non solo che la legalità ci piace, ma anche che la legalità conviene. Per questo la nostra struttura continuerà a sostenere gli imprenditori onesti con tutti i mezzi. Nessuno si deve sentire solo".
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