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Luca Grossi: sui giorni dalla strage di Capaci a quella di via D’Amelio cancellati dalla retorica ufficiale gli elementi esterni alla mafia

Giovedì 16 giugno al teatro Careni a Pieve di Soligo (Tv) si è tenuto uno spettacolo artistico del Movimento Our Voice, inserito all’interno della rassegna “57 giorni per ricordare”, promossa dall’associazione culturale Careni.
Performance musicali intervallate da letture di ANTIMAFIADuemila hanno accompagnato la serata: performance artistiche che hanno visto esibirsi la band Saras ed i cantanti Lesmas, Alieno, Chiara e Stella, accompagnati dalle letture di Sara Innocente e Marco Lo Presti.
Una denuncia lanciata con il linguaggio dell’arte, della musica, della performance artistica, fino al giornalismo d’inchiesta con l’intervista finale al giornalista Luca Grossi di ANTIMAFIADuemila condotta da Francesco Ciotti, membro di Our Voice.
“A distanza di 30 anni dalle stragi non siamo ancora in grado di dire esattamente cos’è successo. Si è raccontata fino ad adesso una favoletta che incarna perfettamente quello che non è successo. La favoletta è la seguente: ‘Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, due simboli del bene incarnato, della moralità e della fedeltà si mettono in testa di combattere la mafia; con il Maxiprocesso assestano un primo grosso colpo a Cosa Nostra, che si vendica; questi due magistrati diventano due martiri, c’è la reazione dello Stato, incarnazione dell’istituzione granitica che vuole combattere la mafia; c’è una stagione di ‘riscatto’, e dopo questa stagione la brutta storia finisce’. Una favoletta semplice, facile da ricordare, ma che non corrisponde alla verità”.
Così ha esordito Luca, sintetizzando quella che è la versione dei fatti più gettonata dalla versione ufficiale “politicamente corretta”.


lautieri chiara fra ciotti


“Sullo sfondo di quei 57 giorni delle stragi di Capaci e via D’Amelio vengono cancellati dalla retorica ufficiale i colletti bianchi, gli elementi esterni a Cosa Nostra, la Trattativa, e tutti quegli altri elementi che ci inducono a ritenere che ci sia un’altra storia da raccontare” ha continuato il giornalista che ha precisato, come in un determinato periodo storico c’è stata una convergenza di interessi esterni ed interni a Cosa Nostra.
Lo stesso Riina, avrebbe dichiarato più avanti che ‘Nessuno mi ha cercato, mi hanno cercato loro. È bene ricordare, inoltre, come oggi abbiamo le prove giudiziarie che parti deviate del nostro Stato hanno trattato con la mafia per fermare le stragi; la sentenza di appello del Processo Trattativa ha stabilito che ciò non costituisce reato, nonostante indubbiamente abbia legittimato la logica stragista di Cosa Nostra per alzare la posta in gioco.
Ma che elementi abbiamo, che soggetti esterni a Cosa Nostra, abbiano partecipato alle stragi e perché c’è stata questa accelerazione sull’assassinio di Borsellino con la strage di via d’Amelio? Un’esecuzione che, secondo le parole di Riina, rappresentava un bene per Cosa Nostra, nonostante di fatto avesse portato a trasformare in decreto quella norma per il 41-bis che introduceva il carcere duro per i mafiosi. Una norma, che, altrimenti, sarebbe decaduta il 7 agosto, quindi pochi giorni dopo. Perché questa fretta? Cosa ha spinto Cosa Nostra a osare fino a questo punto?


saras bend fra ciotti


“Cosa Nostra non aveva nessuna reale e oggettiva motivazione per attuare quella strage…. L’allora boss di Porta Nuova, Salvatore Cancemi, membro della Commissione di Palermo aveva dichiarato che Riina era stato 'accompagnato per la manina’ nell'esecuzione delle stragi. Ci sono delle anomalie molto evidenti, che non rispecchiano il modo di fare di Cosa Nostra. Gaspare Spatuzza quando si è pentito, si è autoaccusato del furto della 126 imbottita di tritolo e della preparazione dell’esplosivo, ma ha anche detto che durante la preparazione di questa autobomba era presente un soggetto che non apparteneva a Cosa Nostra. Poi abbiamo la presenza di elementi dei servizi segreti subito dopo la strage in via d’Amelio, abbiamo dei fortissimi riscontri che parlano di ‘elementi ibridi’. Lo stesso artificiere della strage di Capaci era un membro della destra eversiva, tale Pietro Rampulla. Ebbene, questi, secondo le dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia, avrebbe appreso l’utilizzo dell’esplosivo dai servizi segreti stessi. La storia giudiziaria ci dice che è stato Giovanni Brusca a premere il bottone con cui è stato ucciso Falcone. Ma c’è un dato particolare. Per le regole di Cosa Nostra, se un uomo d’onore si rifiuta anche tramite una sciocchezza, una scusa, di eseguire un ordine, viene automaticamente ucciso. Ebbene, colui che era designato a premere il bottone era proprio Pietro Rampulla, alla strage di Capaci. Tuttavia, costui si ritira improvvisamente, con una scusa risibile. E, attualmente, l’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, in una intervista recente, ha sottolineato che, da rilevamenti processuali, emergono altri coinvolgimenti della destra eversiva. Quindi abbiamo sullo sfondo tantissimi elementi da chiarire, per i quali sono ancora in corso delle indagini, e che potrebbero portare a dei nomi nuovi rispetto a quelli che fino adesso sono stati raccontati”.


lopresti marco ov fra ciott

Un quadro, quello delineato dal giovane redattore, nel quale emerge la presenza di una longa manus occulta che attraverso quelle stragi avrebbe potuto cambiare le sorti politiche del nostro paese. Verità indicibili che stanno emergendo dalle indagini di magistrati come Nino Di Matteo, Nicola Gratteri, Luca Tescaroli. Un percorso giudiziario che oggi potrebbe essere minato dalle recenti riforme avallate da questo governo.
Ricordiamo la legge sull’ergastolo ostativo che introdurrebbe benefici penitenziari anche nei confronti dei detenuti stragisti che non collaborano con la giustizia, di fatto scoraggiando quel fenomeno del pentitismo che fin ora ci aveva concesso di raccogliere verità di primo rilievo sulle stragi.
Nell’ultima parte dell’intervista Luca Grossi ha denunciato in modo particolare i gravi risvolti rappresentati da quella riforma Cartabia che ha ricevuto ieri l’approvazione al senato con 173 si, 37 no e 16 astenuti: “L’attuale governo, del quale fa parte la ministra Marta Cartabia, con uno slancio diretto, ha messo mano alla giustizia penale, introducendo quello che da molti magistrati è stato definito un vero e proprio ‘obbrobrio’, cioè il criterio della ‘improcedibilità’ (per fortuna non più estesa ai reati per mafia)… Che cos’è il criterio della improcedibilità? Mettiamo caso che un operaio debba fare un determinato lavoro, e che gli venga dato un determinato tempo. Ebbene, quando il tempo scade, il lavoro semplicemente decade. Stessa cosa accadrà per i processi. Nello specifico, se un processo supera i due anni in Appello, e un anno in Cassazione, viene automaticamente tagliato. Questo significa che più del 50% dei processi in Italia andrà al macero. Quindi, noi vedremo all’alba del 1° gennaio 2025, una grandissima quantità di cittadini, che magari sono stati truffati, aggrediti"  privati della possibilità di avere giustizia.


lupo lautieri fra ciotti


Un altro elemento grave che è stato messo in evidenza ha riguardato la norma inserita nella riforma che concede alla politica la strada da seguire nelle indagini alle procure: “La giustizia in una repubblica libera è un qualcosa di indipendente di autonomo rispetto al governo. Notiamo che sul piatto di questa riforma che è stata approvata oggi al senato è stata aggiunta la demolizione di quel muro che separa il potere giudiziario dal potere politico. Le procure dovranno obbedire al parlamento secondo i reati da perseguire. Sarà il parlamento che dirà alle procure quali reati dovrà perseguire. Si infrange di fatto il principio della separazione dei poteri, si infrange l’obbligatorietà dell’azione penale”.
Un grave attacco alla nostra costituzione, quello descritto da Luca Grossi, con l’amara considerazione che grazie a queste riforme “i punti del papello di Riina stanno venendo soddisfatti”.

Foto © Francesco Ciotti/Francesco Piras

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