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Il libro 'The end 1992-1994. La fine della prima Repubblica negli archivi segreti americani', scritto da Andrea Spiri, docente di Storia dei partiti all’Università Luiss di Roma e pubblicato da Baldini+Castoldi, rivela l'esistenza di un documento dell’intelligence americana che già a partire dagli anni 80 ipotizzava l’esistenza di “trattative” tra pezzi dello Stato italiano e Cosa Nostra.
Inoltre i membri dell’intelligence Usa avevano anche posto l'attenzione su come, esponenti delle frange istituzionali, stavano lavorando nell’ombra al fine di disinnescare le strategie di contrasto alla mafia. Nel libro, si legge sul 'Fatto', viene indicato un documento in cui si specifica come il 27 luglio ’92 il console Peter Semler, da Milano, aveva scritto alla Segreteria di Stato che “il 24 luglio ho incontrato Di Pietro, il quale mi ha confermato che tre giorni prima dell’uccisione di Borsellino, le forze dell’ordine hanno ricevuto, da fonti molto attendibili, la notizia che un attentato alla sua vita e a quella dello stesso Borsellino sarebbe avvenuto nel periodo compreso tra il 16 e il 26 luglio”. L’ex magistrato, secondo il documento, aveva detto di avere “inavvertitamente toccato gli interessi della mafia con le sue indagini sulla corruzione”, riferendosi “all’arresto di un politico di piccolo calibro al quale adesso egli attribuisce un ruolo importante nel riciclaggio dei profitti mafiosi al Nord”.
Nel libro, si legge sempre sul 'Fatto Quotidiano' in un articolo di Stefano Baudino, sono stati raccolti alcuni documenti, tra cui un Secret Report della Cia indirizzato al Directorate of Intelligence del 31 gennaio 1986, in cui viene illustrato lo scenario che avrebbe fatto da teatro al Maxiprocesso istruito dal pool antimafia di Palermo, che si sarebbe aperto solo pochi giorni dopo:  “Il percorso dibattimentale – è scritto nel rapporto – inizia tra la crescente convinzione dei magistrati e degli investigatori che da Roma verranno rimangiate le promesse di sostenere gli sforzi regionali contro l’influenza mafiosa. Gli omicidi nell’estate scorsa in Sicilia di alcuni esponenti delle forze dell’ordine (il commissario Beppe Montana, il vicequestore Ninni Cassarà e l’agente di polizia Roberto Antiochia, nda), letti dalle autorità come segnali di intimidazione preventiva, hanno messo a dura prova i rapporti già tesi fra Palermo e Roma sull’inadeguata allocazione delle risorse per combattere la mafia. Diversi funzionari che agiscono in posizione di rilievo hanno confidato al nostro console a Palermo le loro previsioni in merito ad uno scenario post-processuale di ‘pax mafiosa’ che segnerà la fine degli attuali sforzi di contenimento della mafia e un ritorno allo status quo ante”.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

Foto © Shobha

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