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E dei giorni scorsi la notizia che la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Milano con cui il 16 giugno 2021 aveva negato per la seconda volta in un anno i benefici penitenziari a Giuseppe Barranca, boss di Cosa Nostra, 66 anni di cui gli ultimi 25 trascorsi dietro le sbarre e fino al 2008 in regime di carcere duro al 41-bis.
Per Angelo Corbo, uno dei tre agenti che si trovava a bordo della Fiat Croma che seguiva quella dei giudici Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, si tratta di "scelta ad hoc e significativa, forse sono le mie fantasie un pò strane, il mio cervello è malato. Tutte queste richieste stanno avvenendo in un particolare momento. Chi dice che siano tra i punti del famoso papello non ha torto".
Secondo Corbo "la famosa trattativa Stato Mafia è racchiusa in quel fatidico documento che non si è mai voluto trovare. Siamo qui molte volte a osannare certe persone che non vanno osannate. Siamo qui ancora a capire chi sia stato il mandante della strage di Capaci, di via D'Amelio, chi aiutava Riina, Provenzano, Santapaola, Graviano. Tutte queste cose piano piano stanno arrivando. Forse Ciancimino junior non aveva torto quando diceva che il 'papello' era formato da questi punti". Corbo ha detto di "non posso essere contento di una scarcerazione come questa". Tra i tanti condannati per la strage di Capaci, anche se al momento solo in primo grado, c'è Matteo Messina Denaro, il superlatitante di Trapani: "Per me, brutto dirlo perché fino a qualche anno fa facevo parte della polizia di Stato, non c'è la voglia di catturarlo. Probabilmente forse è lui che custodisce quel famoso 'papello' e quindi tiene per la cintura le persone che contano nella nostra Repubblica".
"Ricordo che eravamo lì, da soli"
ha detto Corbo ricordando quel pomeriggio del 23 maggio, "Noi pensavamo che i nostri colleghi della prima macchina con a bordo Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani fossero passati indenni da quell'autostrada. Che grazie a loro sarebbero arrivati i soccorsi. Ci siamo ritrovati noi ragazzi, perché all'epoca il più grande di noi aveva 28 anni". "Ci siamo trovati in quell'atmosfera, in quella situazione e sapevamo che loro, i responsabili erano lì, che ci stavano guardando e osservando ed eravamo sicuri che sarebbero scesi per completare il lavoro. Ricordo che venni portato via da quel luogo dai soccorsi e fino a quel momento Falcone era vivo. Quando il caposcorta di turno Gaspare Cervello lo chiama per nome - e non era mai accaduto fino a quel momento perché lo chiamavamo tutti dottor Falcone - lui si girò. Sentiva la nostra voce, chiaramente era provato ma era vivo. Sono stato portato via, non so cosa è successo dopo". "Mia moglie è stata una grande donna che ha deciso di accettare le sorti di quel ragazzo che aveva scelto come marito - ha detto - Aveva capito che il marito, che aveva accettato di far parte di quella scorta, era diventato un morto che camminava. Perché scortando un morto che cammina si diventa tale. Lei l'ha accettato perché era il nostro ideale di legalità; fare qualcosa di concreto a una persona come Giovanni Falcone che era qualcosa di indecifrabile". Sono quattro i superstiti della strage di via Capaci, oltre a Giuseppe Costanza i tre poliziotti: Gaspare Cervello ("che preferisce non parlare più di questa storia", ha detto Corbo), Angelo Corbo e Paolo Capuzza. Per loro, che hanno rischiato di essere ammazzati come i colleghi della prima macchina, non c'è stato nessun passaggio di grado "perché il dirigente se l'era dimenticato...come si fa a dimenticarsene dopo che aveva perso 12 agenti di scorta nel giro di pochissimo tempo. Doveva inoltrare istanza entro sei mesi da quel giorno e non lo ha fatto. Incredibile, eppure è successo. E continuano ad accadere anche oggi cose incredibili".

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