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Incontro a Cinisi con Don Ciotti, Nicola Morra e Giangiacomo Palazzolo per fare il punto su uno dei pilastri della normativa antimafia

“Il valore etico e culturale del riutilizzo dei beni confiscati alle mafie”. È il titolo scelto per celebrare un’iniziativa di riflessione di confronto e dibattito organizzata dall’Associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato e dall’Associazione Libera contro le mafie a Cinisi (PA), presso “Casa Felicia”: un casolare confiscato alla famiglia Badalamenti. Ospiti dell’evento don Luigi Ciotti, presidente di Libera; Luisa Impastato, presidentessa dell’Associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato; Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia; e Giangiacomo Palazzolo, sindaco di Cinisi. A moderarli il giornalista Toni Mira.
Un dibattito nato per approfondire una vicenda spinosa come quella sui beni confiscati alla mafia a partire dal valore storico avuto dalla legge 646/1982, detta “Rognoni-La Torre”, che introdusse nel codice penale il reato di “associazione di tipo mafioso” e le misure patrimoniali applicabili all’accumulazione illecita di capitali, e dalla successiva legge 109/96 per l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Riscontriamo delle problematiche nell’applicazione di queste importantissime leggi e nella gestione dei beni confiscati. Oggi riteniamo sempre più urgente far crescere il valore etico e culturale del riutilizzo, come segnale simbolico e concreto della lotta alle mafie, per una società fondata su valori democratici.


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Giovanni Impastato


Ad aver reso speciale l’incontro è stata la location scelta. Casa Felicia è un immobile confiscato al patrimonio di Gaetano Badalamenti narcotrafficante capo di Cosa Nostra e mandante dell’omicidio di Peppino Impastato, in questi mesi al centro di una disputa tra Leonardo Badalamenti, figlio di Don Tano e il Comune di Cinisi. Con l’impegno affinché Casa Felicia resti alla collettività. “Chiedo collaborazione affinché possiamo gestire questo bene e che tutto si risolva”, ha detto Giovanni Impastato, fratello di Peppino. “Fin dall’inizio ci siamo opposti - ha continuato Luisa Impastato, figlia di Giovanni - perché pensiamo che possa configurarsi come una sconfitta per le istituzioni e agli occhi delle nuove generazioni. Per questo abbiamo deciso di cogliere l’occasione per avviare riflessione rispetto al tema dei beni confiscati perché siamo convinti che le leggi - come la Rognini-La Torre 109 - siano state e siano strumenti imprescindibili della lotta contro la mafia ma è evidente che ci siano delle difficoltà nella loro applicazione. Difficoltà di diversa natura. A partire dal mancato o sottoutilizzo dei beni confiscati. Difficoltà della gestione economica. Ci sono errori burocratici. Ci sono difficoltà a mantenere in vita le aziende che vengono confiscate le cui conseguenze ricadono sui lavoratori. Questa causa non è solo nostra: è collettiva”.


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Da sinistra: Giangiacomo Palazzolo, don Luigi Ciotti e Luisa Impastato


Il vero interesse di Leonardo Badalamenti
È stata poi la volta di Giangiacomo Palazzolo, sindaco della città, il quale ha voluto fare alcune precisazioni in merito al contenzioso in corso con Leonardo Badalamenti, partendo proprio dalla storia del casolare.
Tutto nasce da un provvedimento a firma di Falcone e Borsellino che sequestrano tutti i beni di Gaetano Badalamenti - ha detto il sindaco -. Nel farlo non viene inserita la particella in cui ricade questo casolare, perché Gaetano Badalamenti non aveva effettuato la trascrizione. Aveva acquisito il bene ma non aveva effettuato la trascrizione perché sapeva che da lì a poco sarebbe arrivato un sequestro, ed ecco che all’ufficio catastale non risulta questo bene. Negli anni ci si rende conto dell’errore. Viene effettuata una correzione materiale, la particella viene inserita ma successivamente Leonardo Badalamenti impugna questo provvedimento e da ultimo si annulla la correzione. Ed ecco che questa particella esce dal provvedimento di sequestro”. Da qui le prime considerazioni del primo cittadino di Cinisi. “Il comune di Cinisi rispetterà qualunque decisione che il provvedimento sceglierà. Altrimenti usciamo dai diritti e dalla legalità”.


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Ma questa vicenda, ha sottolineato il sindaco Palazzolo, “non può essere ridotta ad una sentenza”. “Nel 2020 - ha aggiunto - Leonardo Badalamenti ha un ordine di cattura internazionale. E nell’agosto 2020 dopo diversi giorni che si faceva vedere a Cinisi arriva in questo casolare con un fabbro e scassina la porta per riappropriarsi di questo bene”. E rivolgendosi al presidente Nicola Morra ha detto: “Non comprendo ancora come un soggetto tale abbia potuto fare questo. Per 3 anni è stato libero di girare in Sicilia e a Cinisi senza che nessuno gli contestasse che doveva andare in carcere in Brasile per scontare 5 anni di carcere per traffico di droga. E mi chiedo: ci sono altre situazioni analoghe in Italia? Se così fosse sarebbe un vuoto dello Stato enorme preoccupante”.
Ma la cosa importante della vicenda è il messaggio. Il Sindaco si dice convinto che Badalamenti Leonardo “non ha un grande interesse per questo immobile”, perché “questo bene che ha un’ipoteca di 2 milioni di euro che Badalamenti Vito - il fratello di Leonardo - deve pagare allo stato italiano. Questo significa che Badalamenti sa perfettamente che non potrà mai avere questo bene immobile”.
A dare manforte alle parole del sindaco Palazzolo è stato il presidente Nicola Morra che ha sottolineato come “far verità è necessario per fare giustizia” e che “l’immobile sequestrato è uno strumento con cui costruire ricchezza (non solo economica)”. E ancora: “Assecondate e supportate l’amministrazione comunale perché questo è un luogo simbolo. Lo stato deve avere comportamenti coerenti”.


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Don Luigi Ciotti


Don Ciotti: “Il sogno di Pio La Torre ha varcato i confini nazionali sbarcando in UE e Sudamerica”
Infine è stata la volta di Don Ciotti il cui intervento è stato una testimonianza che graffia le coscienze, il resoconto di tante battaglie di Libera e della storia dell’associazione antimafia. Una realtà contraddistinta da un forte “Noi”, una collettività, un’unione di intenti che operano per strappare terreno fertile (inteso in termini vasti) alle mafie. una grande storia “costruita tutti assieme”. Ed un sogno, quello di Pio La Torre che “ha varcato i nostri confini sbarcando anche in Europa e in Sudamerica. Il fatto che quel sogno, il sequestro dei patrimoni mafiosi e il loro riutilizzo, abbia varcato i nostri confini è motivo di orgoglio. Oggi però c’è il pericolo della normalizzazione delle mafie. Ci sono semplificazioni all’interno degli apparati del nostro Paesi”, ha sottolineato Don Ciotti. “I beni confiscati sono diventati anche beni culturali, sono una bonifica sociale e culturale del territorio, uno schiaffo alla mafia. Ma atteggiamenti come quello verificatosi qui in questo casolare (da Leonardo Badalamenti, ndr) sono atteggiamenti provocatorie per dire: ‘Ci siamo, siamo qui’. Ma sono avvenuti perché nell’agenda politica questi problemi non ci sono più”. “Bisogna fermarsi a riflettere e interrogarsi perché le scelte fatte sono importanti e fondamentali. Ma molto di quello che abbiamo fatto e stiamo facendo non regge più l’urto del tempo - ha concluso il sacerdote -. Ci vuole una lettura nuova. I passi in avanti fatti in tema di beni confiscati sono insufficienti… E condurre questa battaglia qui diventa importante perché qui si è compiuta una delle pagine più drammatiche del nostro Paese”.


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Da sinistra: Toni Mira, Giangiacomo Palazzolo, don Luigi Ciotti, Luisa Impastato e Nicola Morra

Foto © Pietro Calligaris

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