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Dice di essere vecchia. “Mi manca il fiato per parlare ancora”, protesta all’ennesima domanda. “Da oggi ho ufficialmente 87 anni”, aggiunge a rinforzo. Ma Letizia Battaglia continua a tener fede al suo cognome. Non lo dice, ma il suo essere “in lotta” le piace e si avverte.

Lucida, combattiva, così tranchant da apparire a volte quasi spietata nei giudizi, a dispetto degli attacchi di alcune femministe per il servizio fotografico del 2020 per Lamborghini, non solo con le sue foto, ma con tutta la sua vita è manifesto dell’emancipazione delle donne in Italia e soprattutto al Sud e in Sicilia. Sposa adolescente, separata quando per i più era quasi bestemmia sociale, fotografa e fotoreporter - anzi “persona che fotografa” - negli anni durissimi della guerra di mafia, con i suoi scatti ha raccontato la città, la sua gente, le sue donne. E in mezzo secolo di carriera, il femminile è rimasto un tema costante nella narrazione fotografica di Letizia Battaglia.

Dietro la macchina fotografica, negli anni, come ha visto cambiare le donne in Sicilia?
Le condizioni dipendono ancora molto dalla classe sociale. La borghesia è sempre stata più standardizzata. Personalmente ho sempre trovato più interessanti i più poveri, i marginali, perché è lì che si trova la vera essenza. Anche lì adesso c’è più libertà. Certo, ci fosse più lavoro ce ne sarebbe di più, ma il cambiamento si vede.

E questo in cosa si traduce?
C’è più apertura, le donne sono anche più belle, hanno preso coscienza di sé stesse e lo mostrano. Anche in famiglia hanno guadagnato spazi di libertà. Ai miei tempi non era così.

Cosa c’era di diverso?
La mia era una famiglia piccolo-borghese. C’era una differenza abissale fra me e mio fratello. Lui poteva fare di tutto, andare a ballare, uscire. Mi sembrava un’ingiustizia.

Ha raccontato spesso che il matrimonio è stato un modo per sfuggire a questa cappa.
Mi sono sposata per ribellione. Poi, c’è voluto coraggio anche per liberarsi da quella condizione.

Coraggio che vede nelle donne di oggi?
Studiano di più, sono più brillanti, hanno voglia di andare oltre e non hanno paura di osare. L’uomo invece è mediamente più spaventato, anche dalle donne stesse.

Eppure, sembrano ancora faticare a trovare spazio.
Perché le donne spesso si limitano a chiederlo. Non hanno coscienza piena del proprio valore. Le donne sono la meraviglia della metà del mondo, ma gli uomini sono più presenti nella direzione delle cose.

Perché ci ha sempre tenuto a raccontare l’universo femminile?
Perché fa parte di una lotta che personalmente ho iniziato forse quando avevo dieci anni.

C’è stato un evento che ha dato il via a quella lotta?
In realtà non è stato nulla di pianificato o teorizzato. Ho sempre voluto essere persona. All’epoca, le donne erano solo “la madre”. Ecco, a me questo non bastava. Con tutti i miei limiti, sono stata anche una madre, ma ho sentito il bisogno e il dovere di essere anche altro. Questo l’ho capito a 39 anni.

E prima?
Prima ero sposata ma non mi piace parlare di quel periodo. Posso dire di essere nata e cresciuta a 40 anni, oggi si può fare molto prima.

Ma succede? C’è chi oggi prende in mano la propria vita? Ci sono abbastanza donne che lo fanno?
Amo i miei workshop al Centro internazionale di fotografia di Palermo anche per questo. Sono un osservatorio. Ci sono tutte queste donne, anche di età molto diverse, che si mettono in gioco, hanno voglia di crescere, imparare, raccontare. Magari all’inizio non sono bravissime, ma hanno voglia, hanno fame.

E Letizia Battaglia invece come si è avvicinata al mondo della fotografia?
Ho iniziato a Milano e ho avuto la fortuna di cominciare fotografando soggetti che mi interessavano. Il movimento studentesco, in primo luogo, poi Dario Fo e Franca Rame, Pier Paolo Pasolini. Io adoro Pasolini, l’altra notte (alla vigilia del centesimo anniversario dalla nascita, ndr) sono stata sveglia a vedere film, documentari.

Quando è tornata in Sicilia è cambiato anche il suo modo di fotografare?
Più che altro è venuto davvero fuori. Me ne sono resa conto perché negli ultimi anni sono stata malata, ho passato molto tempo a riordinare il mio archivio. Certo, ho trovato anche molte schifezze - non tutta la produzione di un fotografo è indimenticabile - ma anche scatti che avevo dimenticato. Adesso c’è una mostra di 280 foto a Lubjana.

La fotografia in generale e soprattutto il fotogiornalismo sono tuttora considerati dei mestieri “maschili”. Per lei è stato complicato farsi strada?
Mi scacciavano da tutte le parti.
Magari mi veniva più facile entrare nelle case in cui c’erano donne e bambini, per il resto era tutto complicato. Anche i colleghi non mi consideravano, mi guardavano dall’alto in basso. Ma le mie foto ci sono ancora, quelle di altri no. Però c’è da fare una precisazione...

Quale?
Non ho mai pensato che fosse difficile perché ero una donna e non l’ho usato come alibi. Dovevo fare le foto e in un modo o nell’altro le facevo.

C’è uno scatto a cui è particolarmente affezionata?
Sì, ma non è uno di quelli che tutti conoscono come “La bambina con il pallone”. È una foto che ho fatto in Scozia. C’era questo ragazzino tutto solo, abbracciato ad una scatola su cui aveva disegnato il volto di un altro ragazzino. Cioè aveva una scatola per amico.

Lei ha vissuto di fotografia...
E lo faccio ancora. Quello è il mio lavoro. Ma per il Centro internazionale di fotografia non ricevo alcun compenso. Per la mia Palermo io farei tutto gratis.

Per la sua Palermo è entrata anche in politica.
Fare l’assessore nella mia città è stata l’esperienza più bella della mia vita, il periodo più bello, più di un amore, più di una maternità.
Risolvere i piccoli problemi, migliorare la vita quotidiana di qualcuno o di un quartiere, era una soddisfazione enorme. In questo mi ha supportato molto il sindaco Orlando.

In che modo?
Non avevo esperienza quindi mi lanciavo a capofitto nelle cose, magari volevo ottenere tutto e subito, non conoscevo le procedure. In questo, Orlando mi ha aiutato molto, soprattutto a non fare scivoloni. C’è sempre stata una grande collaborazione.

Da questo ultimo mandato però il sindaco non ne esce benissimo...
La gente forse ha dimenticato.
Quando Orlando non c’era, la situazione in città era orribile. Non ci si ricorda che qui c’è stato un sindaco ammazzato per aver denunciato le collusioni tra politica e mafia come Giuseppe Insalaco, non si ricordano gli anni di Ciancimino. Orlando ha cambiato il nostro modo di vedere la città e la vita in questa città.

Si avvicinano le amministrative. Toccherà comunque trovare un successore...
Palermo è una città complicata, anche ingrata alle volte, con una mafia che si è fatta silente e si è infiltrata anche nelle istituzioni. Ci vuole una persona che abbia esperienza, che sappia leggere le situazioni.

Magari una donna?
Sono convinta che le donne governerebbero meglio perché stanno attente alle piccole cose, ai dettagli. Ma candidare o votare una donna solo perché è donna non ha senso. Deve essere preparata, credibile, con esperienza. In realtà io vedrei bene Fabio Giambrone.

Lei non ha mai pensato alla fascia tricolore?
Io avrei voluto fare il sindaco di Isola delle Femmine, ma soprattutto per via del nome e di quello che evoca. Ma sono vecchia, vent’anni fa forse sì.

Tratto da: La Repubblica del 6 marzo 2022

In foto: un frame tratto dal documentario Letizia Battaglia - Shooting the Mafia

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