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Il clan Conte di Bitonto, nel Barese, avrebbe organizzato il traffico di droga come in una "azienda", in cui i vari "adepti" venivano remunerati con stipendi settimanali: dalle 300 alle 500 euro per le vedette, considerata attività a basso rischio ("li beccavano la Polizia e non avevano niente addosso" dicono i sodali nelle intercettazioni); 1.000 euro ai pusher, anche minorenni; 1.500 euro alle guardie armate dislocate sui tetti e al responsabile della piazza che si occupava anche dei rifornimenti. Sono alcuni dei particolari che emergono sull'indagine "Market drugs" della Polizia, che ha portato oggi all'arresto di 43 persone. Le indagini della Squadra Mobile, coordinate dai pm della Dda Ettore Cardinali e Marco D'Agostino, sono partite nel periodo più caldo dello scontro armato tra i clan Conte e Cipriano che culminò, il 30 dicembre 2017, con l'omicidio di Anna Rosa Tarantino, uccisa per errore durante uno scontro a fuoco nella città vecchia.
Tra i destinatari della misura anche il capo clan Domenico Conte, propaggine in provincia del clan mafioso Capriati di Bari. L'organizzazione, secondo gli inquirenti, prevedeva anche custodi della droga e del denaro, prevalentemente donne, steccatori, corrieri e referenti per la contabilità. Lo stipendio veniva consegnato ogni venerdì nella base blindata del gruppo criminale in via Pertini, nella zona 167, una delle due piazze di spaccio oltre quella nel centro storico, dove il capo in persona provvedeva a consegnare la retribuzione e, in occasione delle festività natalizie, dava anche bonus in denaro, bottiglie e panettoni. Il giro d'affari era di 30 mila euro al giorno per circa 40 kg di stupefacenti smerciati tra cocaina, hashish, marijuana e amnesia, "un'erba che ti fulmina il cervello" secondo i pusher. I fatti contestati risalgono al periodo 2013-2018.
"Troppi giovani sono ancora attratti dal mito fasullo della criminalità organizzata", anche perché su certi territori la mafia agisce come "welfare, garantendo a una serie numerosissima di persone lavoro e assistenza" hanno detto il procuratore della Repubblica di Bari Roberto Rossi e il procuratore aggiunto, coordinatore della Dda, Francesco Giannella. Dove lo Stato non riesce ad assicurare capillarmente lavoro, assistenza e benessere, - ha spiegato Giannella - arriva la mafia, garantendo mantenimento alle famiglie dei detenuti, assistenza legale. Nelle zone ad alta penetrazione criminale il welfare lo fa la mafia, non lo fa lo Stato". E la stessa popolazione "in certi territori evidentemente vede in queste organizzazioni qualcosa di più credibile, di più forte dello Stato - ha continuato -  che non viene visto come amico, come alternativa possibile, ma come nemico, invece l'organizzazione criminale come un socio".

Le piazze di spaccio
Secondo gli investigatori la prima e più importante, vero e proprio quartier generale del gruppo, era quella definita "Zona 167", in via Pertini, a Bari, protetta da portoni blindati; l'altra, di nuova costituzione grazie all'apporto di alcuni soggetti "scissionisti", sita invece nel centro storico di Bitonto, area in cui da sempre era operativo l'avverso gruppo dei "Cipriano", sita in via Arco di Cristo e conosciuta come la piazza del "Ponte". Le indagini furono avviate nel settembre del 2017, quando, nella cittadina di Bitonto, si verificarono numerosi scontri armati tra i gruppi "Conte" e "Cipriano", per il controllo delle piazze di spaccio di sostanze stupefacenti ed in particolare per il monopolio nella zona del "Ponte". Gli approfondimenti investigativi che fecero luce sulla morte di Anna Rosa Tarantino, (innocente vittima, raggiunta da colpi d'arma da fuoco in occasione di uno scontro a fuoco causato dal controllo del territorio), dimostrarono l'esistenza di una vera e propria guerra finalizzata al controllo militare dei luoghi di cessione delle sostanze stupefacenti, esistenti, in particolare, nel centro storico di Bitonto, esattamente nella zona prossima a via Arco di Cristo, dove, a cura degli odierni arrestati, era stata allestita una base logistica, dotata anche di sistemi di videosorveglianza, poi smantellata dagli investigatori. Nell'occasione, oltre a far luce sui responsabili degli specifici e violenti episodi delittuosi, oggetto di altri procedimenti, gli investigatori hanno dato corso ad un'indagine che, secondo l'impostazione accusatoria accolta dal gip (fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa), ha accertato come, nella città di Bitonto, fosse presente uno dei più organizzati gruppi di spaccio della Regione.

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