Durante il servizio del TgR Sicilia di ieri si vede Bennardo Raimondi attraversare il grande tendone bianco presso il cimitero dei Rotoli di Palermo per poi fermarsi davanti alla salma del padre: “Gli dico scusa - ha detto - Soltanto di avere un figlio che non ha avuto la possibilità di seppellirlo. Mio padre è quasi venti mesi che è qua e come figlio mi sento umiliato”.
Un ennesimo dolore che si va a sommare alla sua difficile storia fatta di disillusioni e resilienza: Bernardo è un ceramista palermitano che ha denunciato i sui usurai oltre 15 anni fa vincendo la causa da lui intentata ma poi si è visto abbandonato dalle istituzioni e da buona parte della società civile. La sua lotta per la riconquista della dignità sta venendo sostenuta da un progetto della sezione di Padova della nostra Associazione Culturale Falcone e Borsellino (editrice di questa testata) avviato con la responsabile Chiara Linguanotto.
Con Chiara, insieme ad altri membri dell'Associazione Culturale Falcone e Borsellino, siamo riusciti a fornire sostegno economico a Bennardo grazie ad un'ampia campagna di beneficenza nella quale sono state vendute numerosissime opere in ceramica dell'artigiano. Ma la sua lotta è ancora lunga. "Persone come Bennardo, con la schiena dritta, devono essere valorizzate e aiutate da noi semplici cittadini - afferma Chiara in uno scritto che riportiamo in allegato - perché la battaglia per le ingiustizie non deve essere solo la battaglia del singolo soggetto interessato, bensì la battaglia di tutti noi". "Dobbiamo imparare a diventare più umani e meno indifferenti davanti a chi subisce ingiustizie e a sostenere chi ha il coraggio di denunciare", scrive la responsabile dell'Ass. Culturale Falcone e Borsellino di Padova.
Come sconfiggere il pizzo della Mafia
di Chiara Linguanotto
Salve a tutti, sono Chiara e ho voluto raccontare al direttore della rivista AntimafiaDuemila, Giorgio Bongiovanni, una mia esperienza di vita che è iniziata anche grazie a lui. Circa 10 anni fa ho compreso che la mia vita sarebbe stata incompleta se l’avessi vissuta pensando solo a me stessa e alle persone che amavo. Questo stato d’animo mi ha fatto maturare l’esigenza di dover fare qualcosa di concreto e di buono anche verso chi non conoscevo ed era meno fortunato di me.
Iniziai così una ricerca per valutare le diverse associazioni che mi si presentavano a disposizione, per capire come e in cosa operassero attivamente e fu così che incrociai più volte il nome di Giorgio Bongiovanni, presidente di diverse associazioni che si battono a trecentosessanta gradi contro qualsiasi forma di ingiustizia, aiutando con aiuti concreti bambini e persone in stato di indigenza in Italia e Sud America. La sua battaglia principale è la lotta alle mafie e alla criminalità organizzata, sostenendo i magistrati giusti che sono gli unici che possono intervenire dove regni uno squilibrio di giustizia civile e sociale a danno di tanti per il beneficio di pochissimi.
La figura di Bongiovanni mi affascinò così tanto, che trovai in lui un concentrato di valori etici e umani nei quali mi identificai, ma che attorno a me difficilmente avrei trovato.
Decisi così di diventare attivista in particolare per l’Associazione Culturale Falcone e Borsellino della sede operativa di Padova, che dal nord collabora con la redazione di AntimafiaDuemila di Palermo.
Il cuore pulsante di questa associazione è la lotta alle mafie e ai sistemi criminali, attraverso la denuncia costante in tutte le sue forme possibili, con l’obbiettivo di voler accendere i riflettori su ciò che il sistema e le istituzioni, molto spesso complici, vogliono mantenere nell’ombra.
Grazie ad AntimafiaDuemila mi si aprì un mondo e venni a conoscenza di tantissime informazioni, molto spesso celate dalle grandi testate giornalistiche. Grazie a queste notizie compresi che sarebbe stato giusto aiutare concretamente le diverse situazioni di emergenza, andando ad agire sugli effetti (come ad esempio fornire vestiti, cibo, ecc ecc), ma non sarebbe stato sufficiente. Non sarebbe stato sufficiente in quanto, se si fosse agito solo sugli effetti, le situazioni dove regna l’ingiustizia avrebbe continuato a riproporsi finché non si fosse agito sulla causa che lo generava. E al vertice di tutte le ingiustizie sociali in qualsiasi forma e a qualsiasi livello ci sono le mafie.
Quindi realizzai che per dare un reale aiuto, che non fosse solo basato sull’assistenzialismo momentaneo, ma fosse un aiuto nel voler veramente cambiare la vita di molti, bisognava schierarsi a combattere le mafie che rendono volutamente schiavi milioni e milioni di persone. Compresi che dove regna l’ingiustizia regna sempre indisturbata la mafia, quindi per far regnare la giustizia bisogna sconfiggerla.
Identificai quindi la battaglia contro le mafie come la battaglia delle battaglie e decisi di sostenere come attivista quei magistrati onesti e giusti che si battono e rischiano la vita ogni giorno, per cercare di estirpare questo cancro che uccide tutto ciò con cui entra in contatto.
Mi colpì in particolare la storia che Bongiovanni ci raccontò del signor Bennardo Mario Raimondi vittima della mafia; vi racconto in breve parte del suo vissuto.
Bennardo è un signore palermitano che ha il dono di avere delle mani d’oro. Acquisì ed imparò in maniera eccellente l’arte della scultura dell’antica arte settecentesca napoletana ed iniziò a realizzare statue, vasi, orologi, presepi in terracotta, argilla e ceramica.
Negli anni '90 decise di aprire un laboratorio tutto suo e gli affari gli andavano così bene che l’attività continuava a crescere e ad assumere dipendenti.
Partecipava a diverse fiere in tutta Italia, a diverse trasmissioni televisive ed iniziò così a farsi conoscere.
Purtroppo delle difficili vicissitudini familiari lo portarono a dover sostenere mille difficoltà economiche, che cercò di tamponare chiedendo prestiti alle banche che puntualmente gli chiusero la porta in faccia.
Così per poter dare un piatto di pasta alla sua famiglia e cercare di salvare l’attività chiese un prestito ad altri, entrando nel vertiginoso girone infernale degli usurai e rimanendone vittima.
Nel 2003, a causa degli alti tassi di interesse chiesti dagli strozzini, fu costretto a licenziare i suoi 12 dipendenti e a vendere tutto ciò che possedeva, compresi i macchinari, arrivando così alla chiusura dell’attività.
Inoltre l’impossibilità di pagare il mutuo gli fece perdere la casa, così, disperato e sull’orlo del suicidio decise di denunciare i suoi estorsori e nel 2006 iniziò la sua battaglia giudiziaria da testimone di giustizia.
Questo gesto coraggioso di denuncia giusto ed etico rappresentò, in una terra omertosa come la Sicilia, un affronto e uno sgarro che non poteva passare indifferente alla mafia, la quale iniziò a perseguitarlo con minacce, intimidazioni, attentati, fino a portarlo al totale isolamento.
Nel 2013 vinse la sua battaglia giudiziaria e vennero condannati i suoi estorsori, ma la sua vita quotidiana restò in balia di mille difficoltà economiche in quanto dei 250.000 euro di risarcimento gliene vennero dati solo 20.000 euro.
Per questo motivo tutti i gruppi di attivisti sparsi in tutta Italia, facenti parte delle associazioni di Giorgio Bongiovanni, sentendo questa esperienza di vita si sono attivati per dare una mano al signor Bennardo, comprando i suoi prodotti e impegnandosi a far conoscere i suoi manufatti in tutto il territorio nazionale, aiutandolo a risorgere come la fenice dalle ceneri, per fargli recuperare la sua dignità e a ridargli l’input per recuperare quel lavoro che la mafia gli ha tolto facendogli terra bruciata, solo perché ha avuto il coraggio di non piegarsi a un sistema criminale che vessa ogni giorno tante persone, che per paura di denunciare e per omertà rimangono nel loro silenzio.
Persone come Bennardo, con la schiena dritta, devono essere valorizzate e aiutate da noi semplici cittadini, perché la battaglia per le ingiustizie non deve essere solo la battaglia del singolo soggetto interessato, bensì la battaglia di tutti noi. Dobbiamo imparare a diventare più umani e meno indifferenti davanti a chi subisce ingiustizie e a sostenere chi ha il coraggio di denunciare.
È importante che noi tutti singoli cittadini sosteniamo quei magistrati giusti, che hanno il potere di cambiare le cose, facendo sentire la nostra presenza e non la nostra indifferenza. È nostro dovere etico e civile: non possiamo sempre pensare che facciano gli altri ciò che è nostra responsabilità. In un paese come l’Italia dobbiamo contrastare le mafie ed educare contemporaneamente alla legalità. Non può esserci futuro senza legalità, non può esserci dignità senza legalità, non può esserci vita senza legalità.
Spero da singola cittadina che il popolo si risvegli da questo stato di ipnosi perenne in cui versa e inizi a dirottare le proprie energie verso delle cause a favore della vita e a metterci sempre la faccia per agire dove regna l’iniquità, l’ingiustizia e l’indifferenza. L’indifferenza uccide come la paura.
Concludo con le parole di Paolo Borsellino: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.
Per info: facebook.com/bennardo.raimondi
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Foto © Emanuele Di Stefano