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Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino, è stato sentito il 27 gennaio scorso in veste di testimone puro al processo in corso davanti al Tribunale di Catania a carico dell’imprenditore ed editore del quotidiano La Sicilia di Catania Mario Ciancio Sanfilippo, rinviato a giudizio nel giugno 2017 con l’accusa di concorso esterno alla mafia.
La voce di Massimo Ciancimino risente ancora degli effetti dell’ictus che lo ha colpito nel 2019 mentre era detenuto dopo essersi autodenunciato per trasporto di esplosivi. All’inizio della sua deposizione Ciancimino jr ha ripercorso alcune fasi della sua storia giudiziaria: “In questo momento ho prendete un processo per truffa e basta” ha detto, ricordando la sua imputazione al processo trattativa “per concorso esterno” e di essere stato “assolto con formula piena”. Inoltre ha ricordato anche il procedimento giudiziario a suo carico per avere “incolpato ingiustamente il dottor. De Gennaro di far parte di quel triunvirato, di quel ‘grande regista’, come mi aveva raccontato mio padre, che si occupava e decideva su quanto doveva accadere in Italia”.
La vicenda è stata poi collegata a quel documento consegnato da Ciancimino jr ai magistrati, ritenuto in seguito contraffatto poiché era stato aggiunto appunto il nome di De Gennaro.
Massimo Ciancimino per l’accusa di calunnia era stato condannato in primo grado, ma la condanna era stata poi successivamente annullata per prescrizione.
Rispondendo alle domande del pm Antonio Fanara ha raccontato di suo padre come una persona in grado di fungere da “crocevia di interessi” che “andavano da Gladio a Cosa Nostra ai servizi”. Nello specifico di Cosa Nostra Ciancimino jr ha raccontato che il boss Bernardo Provenzano e Don Vito si frequentavano: “Mio padre aveva un rapporto molto intimo con Provenzano”, al contrario di Salvatore Riina che, secondo quando detto in udienza, Don Vito era solito trattarlo con spiccata sufficienza arrivando anche ad aggredirlo verbalmente.
Entrando nello specifico del caso di Mario Ciancio Sanfilippo il teste ha dichiarato di non averlo mai conosciuto di persona al contrario del padre che lo avrebbe “conosciuto in varie riunioni e lo riteneva una persona molto intelligente. Una persona che era riuscita ad avere il monopolio dell’informazione a Catania come mi raccontava nel 2000 (il padre, ndr) a differenza di Ardizzone che aveva permesso l’ingresso di ‘Repubblica’ a Palermo. Lui (Ciancio, ndr) aveva blindato ‘La Sicilia’ di Catania, non si era mai permesso di fare la pagina di ‘Repubblica Catania’. Per cui lo aveva definito un grande imprenditore, un uomo dalla faccia pulita da poter spendere in qualsiasi tipo di situazione. Un crocevia di vari interessi”. “Mio padre - ha detto infine -  non mi ha mai detto che Ciancio è un mafioso anzi lo stimava molto”.
Il nome di Mario Ciancio Sanfilippo sarebbe emerso anche durante i racconti che Ciancimino padre faceva al figlio in riferimento ad una vicenda legata al Giornale di Sicilia: “Ciancio si è interessato dell’editoria a Palermo allor quando, mi ha raccontato mio padre, viene Lucio Galluzzo (capo redattore del Giornale di Sicilia ndr) a casa nostra a chiedere un aiuto” perché il giornale “si trovava in difficoltà economica” e “aveva bisogno di capitali freschi. Mio padre non aveva intenzione di immettere capitali suoi all’interno del ‘Giornale di Sicilia’” per cui “venne naturale chiedere a Ciancio il suo ingresso all’interno del ‘Giornale di Sicilia’ con una quota del 7 - 10 per cento da poter rilevare per dare un po’ di ossigeno al giornale”.
Vito Ciancimino, secondo quanto riportato dal figlio, avrebbe in seguito agito su due linee differenti per far entrare Ciancio all’interno del giornale: una passava attraverso l’uso dei “cavalieri del lavoro” Catanesi “tramite l’onorevole Lima”, l’altra attraverso Benedetto Santapaola su sollecitazione di Salvatore Riina.
Questa seconda linea sarebbe stata adottata “perché Ciancio sembrava titubante” a entrare nel GdS, ha detto il teste.

La linea editoriale del GdS
Vito Ciancimino
, ha raccontato il figlio, attraverso l’entrata di Ciancio nel GdS, avrebbe cercato di far cambiare la linea editoriale del giornale verso un approccio più ‘garantista’, facendo pubblicare anche una serie di memoriali in sua difesa. Il pubblico ministero ha fatto notare che agli atti risulta che uno di questi memoriali era stato pubblicato già nel 1979 mentre le quote societarie erano state acquistate dal Ciaccio nel settembre 1981, circa due anni dopo. “Si vede che mio padre interferì tramite i suoi amici per farlo pubblicare direttamente” ha detto Cincimino Jr, aggiungendo che quindi “le due cose non sarebbero collegate”.

Gli incontri tra Don Vito, Riina e Provenzano
Il ricordo di Ciancimino poi si è spostato all’incontro che sarebbe avvenuto a casa dell’architetto Scardina, “il tutto fare dei cugini Salvo”. A quell’appuntamento, che sarebbe avvenuto tra il 1980 e il 1984, ci sarebbero stati Totò Riina, Bernardo Provenzano, ma anche i catanesi.  “Ho visto arrivare una bellissima Mercedes nera - ha detto - con un uomo accompagnato da un altro. Dopo ho saputo da mio padre che quello era Benedetto Santapaola e che la persona con lui sarebbe stato Ciancio”. A quella riunione ci sarebbe stato anche Costanzo, uno dei cavalieri catanesi. L’oggetto del confronto sarebbe stato l’acquisto del palazzo di vetro, conteso tra ‘i catanesi e i Salvo’. Ciancimino jr ha detto di non aver mai partecipato agli incontri, limitandosi ad accompagnare il padre. Il nome di Ciancio compare infine nelle ricostruzioni di altri tre incontri, uno a Cefalù, “presso l’hotel Cosa Verde” e i rimanenti in due alberghi di Taormina. Ciancimino jr, rispondendo alle domande degli avvocati Carmelo Peluso e Francesco Colotti, difensori di Ciancio, non è stato in grado di mettere a fuoco il ricordo preciso di quegli incontri in cui ha accompagnato il padre. Ma in un verbale del 2009 li ha collocati nel 1981.
Il processo riprenderà il prossimo 22 febbraio alle ore 10.

Foto © Giorgio Barbagallo

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