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Le dichiarazioni commissione parlamentare di una testimone oculare, presente il 10 aprile 1991

A quasi trentuno anni dalla tragedia del traghetto Moby Prince, nuove rivelazioni giungono alle cronache riguardo al disastro nel quale morirono 140 persone. A farle è una testimone oculare: la moglie del secondo ufficiale del Moby Prince Lido Giampedroni, Marina Caffarata. La donna è stata sentita lo scorso 26 ottobre in commissione parlamentare d’inchiesta, ma il contenuto della sua audizione è stata resa nota solo negli ultimi giorni dopo alcune verifiche relative alla secretazione delle dichiarazioni rese. Caffarata ha raccontato di essere arrivata a bordo del traghetto col marito e il figlio di due anni, Emanuele, intorno alle due del pomeriggio del 10 aprile 1991. Secondo la testimone, quella mattina uomini dell’equipaggio Moby Prince trovarono a bordo del traghetto due persone non identificate e non autorizzate. Le fermarono e le fecero scendere, senza tuttavia chiamare la polizia. Meno di dodici ore dopo il traghetto partì per il suo ultimo viaggio, con a bordo - secondo una perizia della prima inchiesta - un carico di esplosivo civile sulla cui provenienza e natura si sta ancora indagando. La stessa commissione ha ordinato una nuova perizia: tra le piste da confermare o smentire, secondo fonti autorevoli, c’è anche il trasporto di esplosivi di matrice mafiosa. “Quando siamo arrivati - ha dichiarato Marina Caffarata ai commissari - un marinaio ha detto a mio marito: ‘Sai che abbiamo trovato due a bordo?'”. La notizia, secondo la vedova del secondo ufficiale, fu confermata al marito dal capo dei marinai del Moby Prince, il nostromo Ciro Di Lauro, che avrebbe precisato: “Non sappiamo cosa erano a fare”. Davanti alla richiesta di Giampedroni se avessero allertato la polizia, Di Lauro ha risposto: “No, li abbiamo fatti scendere”.
Nella sua audizione in commissione d’inchiesta, Marina Caffarata ha sottolineato di aver riferito questo episodio al pubblico ministero incaricato dell’indagine, Luigi De Franco, e al coordinatore della polizia giudiziaria della Procura sul caso, l’ispettore Giampiero Grosselle. Ma il racconto della testimone non fu mai preso a verbale. “Circa un anno fa ho scritto questa cosa anche alla Procura di Livorno, via pec - ha aggiunto Caffarata - ma non mi hanno risposto”. Sentito da Ilfattoquotidiano.it il presidente della commissione, Andrea Romano, ha chiarito l’interesse verso l’aneddoto raccontato dalla donna e la necessità di verificarlo tramite l’altro testimone citato, ancora in vita, Ciro Di Lauro. “Prossimamente lo audiremo e certamente gli chiederemo anche un riscontro delle dichiarazioni della signora Caffarata”, ha affermato.

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