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Donne ancora viventi, all’epoca poco più che bambine, vennero violentate in massa a Capizzi durante la guerra di liberazione in Sicilia da soldati marocchini, inquadrati nell’esercito francese ed incaricati di aprire la strada alle truppe alleate. I “goumiers”, magrebini rozzi, muscolosi e non avvezzi all’igiene fecero irruzione nelle case dei siciliani e stuprarono in più alla volta giovani donne, legando agli alberi padri, mariti e figli, percuotendoli e a volte costringendoli ad assistere a quelle violenze.
Dietro a ciò anche un pregiudizio: libretti per soldati in cui i siciliani venivano descritti come un popolo selvaggio e da colonizzare. Per anni questa storia è stata nascosta da tutti: dalle vittime e dai cittadini per vergogna e per desiderio di rimozione; dai comandi delle truppe alleate che accettarono che la popolazione inerme venisse trattata come bottino di guerra e le donne usate per soddisfare i bisogni più bassi delle truppe; minimizzata dai Governi italiani, dalla “cultura ufficiale” e da alcuni storici di casa nostra.
La denuncia coraggiosa e senza sconti di Marinella Fiume, con Maria Pia Fontana, Giuseppe Vivaldi Maimone, Melinda Calandra Checco ne “Le ciociare di Capizzi”. E ancora dopo anni nessuno ha chiesto scusa. Poi ci chiediamo perché alcuni siciliani non accettano le Istituzioni, vivono di rancori e si trincerano per generazioni dietro quella cortina di “orgoglio e pudore stretti in inestricabile nodo”. 
(Prima pubblicazione: 13 Dicembre 2021)

Tratto da: facebook.com

Foto © Davide de Bari

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