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Sono 38 i provvedimenti cautelari personali, di cui 28 arresti con custodia in carcere, 9 arrestati ai domiciliari e un divieto di dimora nella provincia di Potenza, che sono stati eseguiti nell'ambito dell'operazione "Lucania Felix" coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza e condotta dalla sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Potenza. Le persone coinvolte nell'operazione sono accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti aggravati dall'agevolazione e dal metodo mafioso.
Tra i soggetti arrestati vi è anche Rocco Della Luna della Uil. In una conferenza stampa nel Palazzo della Giustizia del capoluogo lucano, il Procuratore distrettuale, Francesco Curcio, ha evidenziato che Della Luna (che ora si trova ai domiciliari) era "il braccio armato" del clan Martorano-Stefanutti nella gestione dei dipendenti della società "Kuadra"  che in passato è stata affidataria dei servizi di pulizia presso l'ospedale San Carlo di Potenza, il più importante della regione. "Le numerose misure restrittive adottate a valle delle indagini, sulla base di gravi indizi di colpevolezza, che ovviamente dovranno essere consolidati in fase dibattimentale, rappresentano un ulteriore tassello della complessiva azione di contrasto alla criminalità organizzata lucana, che la Direzione distrettuale antimafia di Potenza, grazie all'encomiabile apporto delle forze di polizia, sta conducendo su di un territorio, in cui la presenza criminale, a base marcatamente mafiosa, rappresenta una realtà ormai innegabile che investe, in egual misura, le province di Potenza e Matera" ha detto Curcio, sottolineando che "tutto ciò se da una parte impone che, ad ogni livello, non si indugi ancora in pericolose sottovalutazioni del fenomeno, dall'altra, ha reso e rende costante, su questo importantissimo fronte, l'impegno, quotidiano, professionale e sistematico delle forze di polizia e della magistratura lucane''. Alla conferenza stampa ha partecipato anche il prefetto Francesco Messina, Direttore centrale anticrimine della Polizia, il quale ha sottolineato che "in Italia non ci sono aree libere da sodalizi. I legami tra queste organizzazioni sono maturati durante le detenzioni e questo deve far riflettere".
Alla fase esecutiva hanno partecipato anche gli agenti delle squadre mobili di altri venti capoluoghi di tutta Italia e dei reparti prevenzione crimine di Lazio, Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia, Sicilia e Calabria, di due unità cinofile e di un equipaggio eliportato di Reggio Calabria.
Le misure restrittive sono state applicate nei confronti di persone ritenute gravemente indiziate di appartenere al clan potentino guidato da Renato Martorano e Dorino Stefanutti (anch'essi arrestati).
La Direzione distrettuale antimafia di Potenza ha sottolineato che il sodalizio è ormai "ampiamente riconosciuto dalla 'Ndrangheta calabrese e dai clan mafiosi lucani, siciliani e pugliesi". Dall'inchiesta infatti sono emersi i collegamenti con le cosche calabresi dei Pesce-Bellocco e Grande Aracri, con il clan catanese dei Santapaola e con gruppi criminali pugliesi e lucani. La Procura antimafia di Potenza ritiene anche di aver scoperto "una fitta rete di contiguità e connivenze insinuatasi con persone nelle sfere istituzionali", oltre alla tipica attività di "mutua assistenza" a favore dei detenuti. Infatti, durante la sua detenzione nel carcere di Melfi (Potenza) Stefanutti avrebbe ricevuto "costante assistenza materiale" mentre "impartiva specifiche direttive verso l'esterno, anche attraverso la consegna di 'pizzini'".

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