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Dalla latitanza della “Primula Rossa” ai segreti di Cosa nostra (AG). Le ultime rivelazioni della penalista inguaiata per mafia

L’avvocatessa Angela Porcello ha chiesto e ottenuto un incontro con i magistrati della Dda di Palermo a cui ha reso alcune dichiarazioni. È quanto si è appreso nelle ultime ore. Sono passati 3 mesi da quando la legale è stata tratta in arresto nell’ambito della maxioperazione “Xidy”, che ha stretto il cerchio sull'ultimo superlatitante di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro e disarticolato il mandamento mafioso di Canicattì di cui l'avvocatessa sarebbe stata la cassiera e braccio destro del compagno Giancarlo Buggea (già pregiudicato per mafia).
Da quanto si evince, la Porcello davanti ai magistrati ha già fatto riferimento a nomi, circostanze, estorsioni e anche il possibile movente di un omicidio avvenuto proprio a Canicattì, riempendo pagine di verbali: anche se non si tratta di una vera e propria collaborazione con l’autorità giudiziaria. 

A differenza di quanto avvenuto durante l’interrogatorio di garanzia, la Porcello sembra aver compiuto in passo in avanti: ha ammesso di aver fatto parte di Cosa nostra agrigentina, confermando quanto ipotizzato in oltre due anni di indagini dalla Dda palermitana che le contesta il reato di associazione mafiosa. “Ho partecipato sin dagli anni 2015/2016 all’associazione mafiosa Cosa nostra - ha detto - con le medesime modalità che, dalla fine del 2018, sono state documentate dalle indagini preliminari oggetto dei provvedimenti cautelari che mi hanno attinto e dalle conversazioni delle quali sono state diretta protagonista in quel periodo intercettate, il cui contenuto confermo e ribadisco in questa sede”.

Il ruolo dell’avvocato in Cosa nostra inizia qualche anno dopo la relazione sentimentale con Giancarlo Buggea: elemento di spicco della mafia canicattinese, ritenuto vicino al boss Giuseppe Falsone. Il connubio fra le relazioni personali e quelle professionali nel tempo ha dato vita ad un intreccio “pericoloso” che in breve, stando a quanto ricostruito dall’accusa, ha piazzato l’avvocatessa a giocare un ruolo strategico nell’organizzazione, uno degli esponenti di punta dell’organizzazione criminale. Tutto ciò grazie anche a summit tenuti nel suo studio legale con esponenti mafiosi, registrati con delle microspie.
Oltre al suo ruolo da estranea a Cosa nostra, la Porcello ha anche raccontato alcune dinamiche e il possibile movente di un omicidio avvenuto sette anni fa a Canicattì.

Altrettanto interessanti, sono state le dichiarazioni della penalista in riferimento alla “Primula Rossa” Matteo Messina Denaro. La donna non ha detto nulla di sconosciuto ai pm, ma le sue rivelazioni stuzzicano ugualmente un certo interesse. 

Alcune dichiarazioni rilasciate agli inquirenti evidenziavano le coperture di cui gode il latitante nell’agrigentino. Di Matteo Messina Denaro la Porcello non ha avuto “informazioni che potevano andare a localizzarlo”, né ha saputo l’identità di chi favorirebbe la sua latitanza, però ricorda che Buggea ripeteva che “ce l’avevano… come se erano persone che lo proteggevano… questa espressione corrisponde a chi ce l’aveva… a chi si occupava della sua latitanza… ne curava gli interessi…”. Parole che assumono una certa valenza considerando l’amicizia che la Porcello aveva con Lorenza Guttadauro, nipote del latitante (è figlia della sorella), sorella di Francesco Guttadauro, il “nipote del cuore di Messina Denaro”, nonché moglie di Luca Bellomo, considerato uno degli ultimi ambasciatori del latitante.

Il compagno della penalista, Giancarlo Buggea, e Matteo Messina Denaro “si erano incontrati prima dell’arresto del Buggea (in un periodo antecedente al 2004, ndr)”. Nello studio della Porcello, Buggea parlava con lo stiddaro Antonino Chiazza. Volevano esautorare Calogero Di Caro: l’anziano boss di Canicattì. Ma per farlo erano consapevoli che necessitavano del via libera della “Primula Rossa” che poteva essere informato attraverso un canale riservato di comunicazione. A lui riconoscevano il potere di incidere anche nelle decisioni delle altre province. “[…] E quelli di Trapani lo sanno dov’è?”, chiedeva Chiazza. “Minchia - rispondeva in maniera chiara Buggea - non lo sanno? Lo sanno… sua madre, non ti ricordi che… (l’audio era disturbato, ndr)”. Si sentiva Chiazza aggiungere che: “Noialtri con Matteo glielo dovremmo dire… ci volevano altri due che ci andavano…”.

Secondo gli investigatori sarebbe stata una donna a poter attivare il canale di comunicazione. Probabilmente Maria Insalaco, la madre di Luca Bellomo. Ma il condizionale è doveroso in quanto la donna è deceduta nell’aprile 2019. Porcello, invece, ritiene che il riferimento sarebbe ad un’altra donna: “Io credo che questa madre non è sicuro la madre del Bellomo Girolamo… chi sia io non glielo so dire non è avuto contezza ma non è la madre del Bellomo Girolamo… non può esserlo perché la signora camminava con una stampella già quando è venuta da me e poi ci è venuta solo a Canicattì a morire cioè quando è morta”.

Nei giorni in cui moriva Maria Insalaco anche la mamma di Messina Denaro, Lorenza Guttaduro, stava male e fu necessario ricoverarla in ospedale, spiega la Porcello: “Lorenza Guttadauro (la nipote porta il nome della nonna, ndrmi raccontò soltanto che la nonna in ospedale era stata controllata sotto, sopra il letto, nella stanza, dalle forze dell’ordine perché pensavano che ci fossero degli elementi non so biglietti non so qualcosa che potesse far risalire al figlio e lei raccontò di questa nonna quasi in collera”. La Porcello, infine, ha riferito che Giancarlo Buggea aveva saputo “che alla morte della Insalaco all’ufficio postale di Canicattì l’autorità giudiziaria aveva sequestrato tutti i telegrammi necrologici che erano arrivati alla famiglia Insalaco”.


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