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I familiari delle vittime insistono per fermare il pericolo dell’inabissamento della verità

Un mese fa il Presidente del Consiglio Mario Draghi, in occasione del 41° anniversario della Strage di Bologna, aveva annunciato in pompa magna che avrebbe declassificato e anticipato il versamento all'Archivio centrale dello Stato di tutta la documentazione concernente l'Organizzazione Gladio e la Loggia massonica P2. Una decisione che faceva riferimento alla documentazione relativa agli eventi stragisti di Piazza Fontana a Milano (1969), di Gioia Tauro (1970), di Peteano (1972), della Questura di Milano (1973), di Piazza della Loggia a Brescia (1974), dell'Italicus (1974), di Ustica (1980), della Stazione di Bologna (1980), del Rapido 904 (1984) conservata negli archivi degli Organismi di intelligence e delle Amministrazioni centrali dello Stato. Fu una notizia appresa con grande entusiasmo da tutti i familiari delle vittime di quelle stragi che da tanti e troppi anni attendono verità e giustizia sulla morte dei loro cari. Peccato, però, che l’entusiasmo stia sempre più scemando e la decisione di rendere pubblici questi archivi stia iniziando a presentare le prime falle.
È notizia di questi ultimi giorni, infatti, la questione della nomina di Andrea De Pasquale come sovrintendente dell'Archivio di Stato. Una nomina che suscita ancora dibattito. Come già noto, la scelta è stata presa - e più volte rivendicata - dal ministro Franceschini il quale, qualche giorno fa, in una lettera ha difeso la sua scelta maturata “esclusivamente in base al curriculum professionale”. Ma ciò non è bastato a placare l’ira delle associazioni dei familiari delle vittime di piazza Fontana, Brescia e stazione di Bologna che a loro volta hanno scritto una lettera per rispondere al ministro Franceschini. Tra i firmatari compare anche don Luigi Ciotti a nome di Libera.
L’iniziativa è mossa dall’incapacità della lettera diffusa dal Ministro Dario Franceschini di “calmare gli animi in quanto omette molte delle criticità sollevate in questi giorni dai familiari delle vittime delle stragi e da tecnici del settore". Ma per il titolare dei Beni culturali le preoccupazioni delle famiglie delle vittime - che avevano parlato di “rischio di compromettere la verità” per il ruolo centrale che ha l’Archivio di Stato nella desecretazione degli atti - “non hanno ragione di esistere”. Le stesse famiglie, invece, hanno messo in discussione proprio il curriculum che De Pasquale aveva esibito all’inizio delle polemiche. Lo stesso che venne tanto apprezzato dal ministro Franceschini.
Nella lettera firmata da Paolo Bolognesi (presidente Associazione tra i familiari delle vittime della Strage della stazione di Bologna), Carlo Arnoldi (presidente Associazione Piazza Fontana), Manlio Milani (presidente Associazione familiari caduti della Strage di piazza Loggia), Franco Sirotti (Strage treno Italicus), Rosaria Manzo (presidente Associazione Strage treno rapido 904) e dalla famiglia del giudice Mario Amato, viene evidenziato come “De Pasquale, pur avendo una formazione in parte archivistica (la divisione più o meno netta tra i due percorsi formativi è cosa recente), è entrato al Ministero in qualità di bibliotecario e, come si vede nel suo curriculum, ha sempre diretto biblioteche e mai un archivio, che ha regole e bisogni diversi. Che la sua prima esperienza dirigenziale nell’ambito sia l’Archivio Centrale dello Stato fa una certa impressione, anche perché ciò ignorerebbe una legge del 2008 che impone di avere un funzionario archivista come direttore dell’archivio". Inoltre l’Archivio centrale dello Stato "si troverà anche a svolgere un importante ruolo nella realizzazione del Pnrr (500 milioni stanziati per il settore dei beni culturali di cui una cospicua parte sarà gestita proprio da De Pasquale)".
In merito alla frase in cui si riconosceva Rauti come “statista”, invece, il ministro ha precisato che “apparve una nota nel sito del ministero” e che “non era opera di De Pasquale”.
Ma Franceschini “omette così di dire che l'inaugurazione, che era prevista nel giorno del compleanno di Pino Rauti e annullata causa Covid, fu sostituita da un video che la figlia girò all'interno della biblioteca nazionale e che il messaggio, preparato dalla famiglia ma diffuso su tutti i canali della biblioteca, descriveva Rauti come ‘organizzatore, pensatore, studioso, giornalista. Tanto attivo e creativo, quanto riflessivo e critico’, tacendo naturalmente dei suoi decenni di attivismo contro lo Stato e la Repubblica”, scrivono le famiglie.
Infine, il Ministro “ignora una importante vicenda in cui è stato coinvolto Andrea De Pasquale come direttore della BNCR: quella degli ‘scontrinisti’, nel 2017 - continua la nota -. Quell'anno 22 ‘volontari’ della Biblioteca Nazionale denunciarono che in realtà lavoravano con turni e compiti specifici, ed erano pagati a rimborso spese attraverso la consegna di scontrini fino a 400 euro al mese. Il direttore non solo non si impegnò per tutelare questi lavoratori, ma non si registra neppure una vera e propria presa di distanze nelle cronache del tempo". "Reiteriamo quindi - proseguono - la richiesta di bloccare una nomina molto contraddittoria, che per motivi tecnici, scientifici e morali non appare all'altezza del compito".
E se a tutto questo aggiungessimo anche le immani difficoltà ad accedere a documenti scottanti, come ad esempio quelli sulla Nato, Gladio e la loggia P2, causate da un sistema labirintico fatto di burocrazia (per poi scoprire che ad ogni modo viene imposto un limite alla desecretazione), allora il risultato che otterremmo sarebbe quello di una grande “pataccata” con a capo un sodalizio di “pataccari”. Si, perché chiamarli furbi non è abbastanza.

Foto © Imagoeconomica

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