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Dalle università agli accordi internazionali che fruttano milioni di euro

È sempre più evidente che la feroce mafia nigeriana si sta radicando anche nel territorio italiano, compiendo crimini come il riciclaggio, lo sfruttamento della prostituzione, il traffico di droga, la tratta degli esseri umani e altri reati violenti.

Dal 2018 fino a settembre del 2020 i nigeriani sono stati, fra gli altri cittadini stranieri, le persone che hanno subito più denunce e arresti per associazione mafiosa. Queste associazioni criminali sono nate in Nigeria all’interno delle università e in particolare nel contesto delle confraternite chiamate “cults”. All’inizio si occupavano di combattere fenomeni come il razzismo e l’Apartheid e successivamente si sono trasformate nell’attività mafiosa che conosciamo oggi.
Solo nel 2020 ci sono stati quarantasette fermi per associazione mafiosa da parte della Polizia di Stato di Teramo a danno del gruppo Eiye e settanta arresti fra le città di Ferrara e Torino, che hanno coinvolto la fazione dei Viking e portato all’incarcerazione del boss Emmanuel “Boogye” Okenwa. Anche Palermo è stata teatro della criminalità nigeriana, che controlla una parte del mercato di Ballarò. In questa città infatti sono state arrestate prima tredici persone durante l’operazione “Sister white” e poi altre otto nei mesi successivi. Probabilmente fra queste si trovava anche Churkwuma Parkinson, presunto capo dei Viking.

Il ruolo della mafia nigeriana nei traffici di droga
Come emerso da varie inchieste quindi, il fenomeno criminale nigeriano è largamente presente nel nostro Paese e attraverso le dichiarazioni di un agente della direzione investigativa antimafia (DIA), che ha scelto di rimanere anonimo, si è scoperto come queste stiano cooperando nei traffici insieme alle organizzazioni criminali italiane. Possiamo infatti notare che il fenomeno criminale nigeriano si è diffuso nei paesi Italiani, attraverso le dichiarazioni di un agente della direzione investigativa antimafia (DIA), che ha deciso di rimanere anonimo, si è scoperto inoltre le cooperazioni che queste associazioni hanno con le loro simili.
L’agente ha infatti riportato al giornale “Il Fatto Quotidiano” che tali associazioni firmano accordi politici con il governo nigeriano e nel panorama internazionale si occupano di stringere relazioni con narcos e criminalità albanese per l’importazione di cocaina, eroina e marjuana. Hanno inoltre contatti con la mafia russa, la camorra marsigliese, e in Italia, appunto, con una decina di mandamenti.
Proprio Roma è diventata un importante snodo per il traffico della marijuana proveniente dall’Albania, che frutta ai mafiosi molto denaro che viene successivamente inviato in patria e reinvestito nel narcotraffico.

La globalizzazione della mafia nigeriana
Le associazioni di criminalità nigeriane nate decine di anni fa sotto un unico nome, si sono poi divise con il passare del tempo nei gruppi Viking, Axe, Maphite ed Eiye, che fanno riferimento ad un unico vertice govenativo in Nigeria. Il reclutamento dei nuovi membri in Italia avviene all’interno dei centri di accoglienza, in cui i membri vengono reclutati facendo anche ricorso alla violenza in caso di rifiuto. Le mafie nigeriane hanno avuto da sempre uno stretto collegamento con il fenomeno migratorio, infatti spesso molti migranti fuggono dai propri paesi dopo aver subito violenze e minacce dai gruppi insediati in quei territori, altri invece, come alcune operazioni ci hanno svelato, intraprendono “viaggi” irregolari dalla Nigeria all’Italia che vengono organizzati da membri appartenenti ai cults con l’aiuto di italiani (appartenenti ad organizzazioni locali). Giunti in territorio nazionale gli uomini spesso vengono avviati a vite da mendicanti mentre le donne vengono destinate alla prostituzione. Attraverso questi traffici le varie organizzazioni sono riuscite con il passare degli anni ad aumentare sempre di più numericamente e a insediarsi in quasi tutta Italia e collaborare con le organizzazioni autoctone.

Mafia italiana come modello nella struttura interna e omertà
La struttura interna invece farebbe riferimento ad un modello italiano, come dichiarato dall’agente DIA: “L’organigramma e le gerarchie sono quelle ’ndranghetiste, infatti la suddivisione dei territori, così come i processi decisionali, sono tipiche delle cosche italiane”. Altri punti in comune con la criminalità italiana sono invece l’importanza dell’omertà, fondamentale per mantenere il potere, e la presenza di un rito di iniziazione: “Bisogna sottostare a rigidi codici e superare violenti riti di iniziazione, come il rito ‘magico’ juju, o subire pestaggi, frustate o bere sangue, e pagare una tassa d’iscrizione”, in seguito all’iniziazione le confraternite si impegnavano a mantenere le famiglie, mentre il membro si impegnava solennemente a rispettare le regole dell’organizzazione.
Pertanto possiamo capire quanto si stia radicando la mafia nigeriana in Italia e nel mondo attraverso accordi internazionali, tratte illegali e soprattutto attraverso la convivenza oltre che con la cooperazione con le mafie già presenti nei territori.

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