Il Tribunale per le Misure di Prevenzione presieduto dal Dottor Raffaele D’Isa, l’1 aprile 2021 ha emanato due misure di prevenzione patrimoniale (ex art. 20 del Codice Antimafia) concretizzatesi nel sequestro di beni per un valore di 650 mila euro a carico di due imprenditori, un italiano e un albanese, Artur Karamuca dimorante sulle colline livornesi di Montenero di 44 anni, e di Gianluca Vivaldi dimorante a Rosignano Marittimo di 53 anni, accusati di una lunga serie di reati fiscali e fallimentari, reati contro il patrimonio e intestazioni fittizie di beni.
Tele provvedimento è stato richiesto dal Procuratore Aggiunto di Firenze Luca Tescaroli e dal sostituto procuratore Fabio Di Vizio ed eseguito successivamente dalle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Livorno nell’ambito di una più ampia operazione denominata “Black Coop”. Il provvedimento di sequestro è stato emanato in concerto con una più ampia strategia istituzionale, basata sul coordinamento dell’Ufficio distrettuale della Procura di Firenze, diretta dal Dottor Giuseppe Creazzo, per le misure di prevenzione e il contrasto ai patrimoni illeciti, che ha lo scopo di impedire, anche attraverso l’applicazione della normativa antimafia, le infiltrazioni criminali nell’economia legale sul territorio toscano.
Tra beni confiscati dalle autorità, una villetta da 128 mq con garage, 5 automobili di lusso, beni preziosi tra cui 10 orologi pregiati e disponibilità finanziarie su conti bancari.
Soddisfatto dagli esiti dell’operazione il comandante provinciale della guardia di finanza di Livorno, il colonnello Gaetano Cutarelli il quale ha dichiarato che “c’è un coordinamento molto importante dell’ufficio distrettuale della procura di Firenze diretta dal procuratore Creazzo per impedire le infiltrazioni criminali nell’economia legale della toscana. Il sequestro di oggi è il frutto di questo”.
Inoltre i due imprenditori erano già stati arrestati il 10 maggio del 2017 e condannati l’anno seguente con rito abbreviato. Al momento dell’arresto i due erano entrambi erano attivi nella gestione di un sistema fraudolento di apertura e chiusura di cooperative impegnate nel facchinaggio e nella spedizione di merci, con centro direzionale a Livorno e a Rosignano Marittimo, e con sede nelle province di Pisa, Roma, Caserta e Napoli, dove oltretutto era stato indagato anche un commercialista di Torre del Greco poi deceduto nel 2016.
Il sistema messo in atto, smantellato nel 2017 con le indagini della Procura di Livorno consentiva di ricavare notevoli proventi dall’evasione fiscale.
Nello specifico, a partire dal 2011, le cooperative di produzione che si succedevano nel corso del tempo erano sempre riconducibili agli indagati, i quali operavano in appalto per un corriere espresso (estraneo alla vicenda giudiziaria) senza onorare i debiti tributari verso l’Erario.
Le attività della polizia giudiziaria, svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della GdF di Livorno aveva messo sotto sorveglianza una serie di operazioni sospette che evidenziavano anomali flussi di denaro. Quindi la polizia giudiziaria ha proseguito ai sensi del decreto legislativo 159/2011, il “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione”, sempre in stretto rapporto con la DDA della Procura di Firenze. Inoltre secondo quanto riferito dalla finanza, le indagini estese anche ai familiari hanno evidenziato “un altissimo tenore di vita, con acquisti lussuosi e viaggi all’estero per una media di oltre 500.000 euro l’anno”, il quale a sua volta denota una forte dissonanza tra i redditi dichiarati (60.000 euro l’anno) e il patrimonio accumulato negli anni, frutto di quei proventi illeciti dell’evasione fiscale.

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