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Al processo depistaggio il generale si trincera dietro tanti “non so” e “non ricordo"

"Venni a conoscenza del caso di Stefano Cucchi dalle agenzie di stampa. Nella riunione che convocai il 30 ottobre del 2009 con i carabinieri che avevano avuto a che fare con Stefano Cucchi fin dall'inizio della vicenda nessuno mi fece riferimento a percosse. Mi fu detto delle sue non buone condizioni di salute, che aveva problemi fisici di carattere generale, era molto magro e con problemi di tossicodipendenza". E' quanto ha affermato il generale dei carabinieri Vittorio Tomasone (in pensione da pochi mesi dopo essere stato alla guida del Comando Interregionale Carabinieri 'Ogaden' e all'epoca dei fatti comandante provinciale di Roma) sentito come testimone nel processo a carico di otto persone accusate di depistaggio e falso per nascondere gli autori del pestaggio in caserma di Cucchi, arrestato la notte del 16 ottobre 2009 per droga e deceduto sei giorni dopo all'ospedale Pertini.
Una testimonianza, quella del militare, sentito presso l'aula bunker di Rebibbia, particolarmente sofferta, con numerosi "non so" o "non ricordo", anche su aspetti sostanziali, come il mancato approfondimento sul motivo per il quale il ragazzo fu arrestato ma non foto-segnalato.
Un atteggiamento che ha fatto irritare il pm Giovanni Musarò, ma anche il giudice Roberto Nespeca che ha richiamato verbalmente il teste, invitandolo a dire la verità e a non nascondere nulla di quanto fosse a sua conoscenza.
Tomasone ha poi proseguito: "Ricordo che la famiglia aveva mostrato la foto del cadavere e per mia esperienza dico che non è facile distinguere le ecchimosi provocate da percosse da quelle che compaiono post-mortem. La foto da sola non poteva dire quello che era accaduto".
E poi ancora: "Non ricordo chi mi rispose che il foto-segnalamento non venne fatto per problemi, ma non approfondii quali fossero questi problemi". Si occupò invece della chiamata effettuata dal piantone della caserma di Tor Sapienza, dove Cucchi aveva passato la notte in camera di sicurezza, che aveva chiamato il 118 "perché sentiva l'arrestato lamentarsi. Chiesi alla centrale operativa la registrazione per accertarmi se nella comunicazione vi fossero elementi", che non trovò.
Rispetto ai contenuti e la modalità della riunione del 30 ottobre Tomasone, rispondendo alle domande del pm, ha testimoniato che "un carabiniere che aveva avuto Cucchi in custodia mi disse 'di aver chiamato il 118 perché il ragazzo lamentava dei dolori'. Ebbi lo scrupolo di ascoltare quella conversazione tra il carabiniere di servizio quella notte e l'operatore della centrale per capire se quanto mi era stato riferito corrispondesse ai fatti. Del resto, bisognava calarsi al clima di quei giorni. Cucchi era morto in ospedale sei giorni dopo il suo arresto ed era giusto capire, al di là delle notizie di stampa, che cosa fosse effettivamente accaduto e quale fosse il ruolo dei carabinieri che avevano avuto un contatto con lui".
Il generale ha anche precisato di non aver "alcun ricordo" delle affermazioni (rese nell'udienza del 26 febbraio scorso) del carabiniere Stefano Mollica che, portando Cucchi dalla caserma di Tor Sapienza a piazzale Clodio per il processo per direttissima, disse in quella riunione che il ragazzo si era alzato a fatica dalla branda della camera di sicurezza e aveva il volto gonfio. Quanto al particolare del mancato fotosegnalamento di Cucchi in caserma, Tomasone, incalzato dal pm, un attimo dopo aver detto 'so che si era oppostò, ha voluto correggere la sua versione e precisare meglio: "Ricordo che mi fu detto che c'era stato un problema, poi risolto col fatto che Cucchi era già stato fotosegnalato in passato. Non chiesi che cosa fosse successo, non ricordo questa questione e non ricordo neppure chi dei presenti in quella riunione mi disse del problema".
Il generale ha anche aggiunto di non sapere nulla del fatto che un carabiniere, sentito gia' a fine ottobre 2009 dalla procura come persona informata sui fatti, era stato invitato a spiegare al superiore della stazione che cosa avesse rivelato al pm Vincenzo Barba, che era titolare del procedimento. Un altro argomento a lungo oggetto della testimonianza di Tomasone ha riguardato l'aspetto medico-legale sulla morte di Cucchi.
"Si è mai interessato della questione?", ha chiesto il pm esibendo un atto interno all'Arma del primo novembre 2009 a firma dello stesso generale, in cui venivano presi per buoni gli esiti (parziali) dell'autopsia, che la procura non poteva conoscere perché aveva affidato l'incarico solo pochi giorni prima. "Mi sono interessato delle notizie medico-legali - ha ammesso Tomasone - attraverso le notizie di stampa. Di sicuro in quei giorni ne parlavo con l'allora colonnello Casarsa (che comandava il gruppo Roma, ndr). Il contenuto del referto cui faceva riferimento la nota di quel primo novembre è stato tratto sicuramente dalle notizie di stampa. Verificavamo dove si poteva. Mi capitava di parlare con i giornalisti. Non so però con chi ne parlasse a sua volta Casarsa".

Foto © Imagoeconomica

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