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Parole come Ustica e DC 9 sono termini che hanno sempre generato un’amarezza di fondo, che ricordano altre parole e altri luoghi, come ad esempio: Piazza Fontana, Italicus, Piazza della Loggia, Capaci… Sono quelle macchie che il nostro Paese si porta dietro e che non è ancora riuscito a ripulire”. E’ così che Alessandro Cesare, giornalista del Messaggero Veneto, ha introdotto l’incontro che si è tenuto lo scorso 24 settembre, in occasione del festival del giornalismo a Ronchi dei Legionari. Del resto la Strage di Ustica, il disastro aereo accaduto il 27 giugno 1980, è uno di quei misteri che ancora oggi presenta numerose zone d’ombra.

Presenti all’appuntamento anche Daria Bonfietti, Presidente Associazione vittime strage di Ustica; Antonio Bonvolato, Presidente Associazione Noi dell’Itavia; Luisa Davanzali, figlia di Aldo Davanzali proprietario della compagnia aerea Itavia, Andrea Foffano, analista di intelligence e editorialista e l’artista Francesco Vieri.

Le conseguenze di quella tragedia furono, 81 morti, il dolore di molte famiglie e la distruzione della compagnia Itavia che venne additata agli inizi come unica responsabile e di conseguenza fatta chiudere, come ha ricordato il moderatore, con “una sorta di fallimento di Stato. In Italia più che fare chiarezza si è preferito mettere al primo posto la ragione di Stato e lasciare spazio a depistaggi, false ricostruzioni e alle relazioni internazionali”.
Parlando dei silenzi e dei segreti che hanno avvolto le indagini sul Dc-9, la Presidente Bonfietti ha evidenziato alcuni passaggi: “Tutto quello che dirò è stato scritto dalla magistratura. Oggi sappiamo che il DC 9 dell’Itavia è stato abbattuto all’interno di un episodio di guerra aerea, abbiamo la certezza che quella notte del 27 giugno, dice il Giudice Priore, all’ambasciata Americana si decise quello che bisognava dire al mondo, e al mondo il giorno dopo si decise di dire che era stato cedimento strutturale”.

Purtroppo molti segmenti del nostro Stato non hanno contribuito alla ricerca della verità. Tanto che il giudice Rosario Priore ha dovuto chiedere la collaborazione di esperti all’infuori del nostro Paese. “Il giudice Priore ha incontrato gli esperti della NATO, i quali gli dissero che quel cielo era ben frequentato da aerei Americani, Francesi, Inglesi, Belgi e forse Libici - ha ricordato ancora - "solo dopo, avendo in mano tutte le perizie effettuate, ha concluso che la caduta dell’aereo è da attribuirsi ad un evento esterno in un contesto di guerra aerea”.

Ma la ricerca della verità su quanto avvenne in quella notte sarebbe stata ostacolata anche dagli apparati militari del nostro Stato con la cancellazione di materiale che sarebbe potuto venire utile alle indagini, come ricordato dalla stessa Bonfietti: “Abbiamo avuto negli anni un’altra certezza con la sentenza-ordinanza che ha rinviato a giudizio per alto tradimento i generali dell’areonautica, e quindi ha riconosciuto che qualcuno ha mentito”. “Tutte le incriminazioni e i rinvii a giudizio dei generali dell’areonautica - ha sottolineato la Bonifetti - sono contestati loro dopo l’evento”. La certezza secondo la Bonifetti è che “sicuramente hanno tradito, come dice il giudice Priore, perché non hanno detto quello che in effetti avevano visto. E il giudice Priore è riuscito a dimostrare che avevano questi impianti radar dove si vedeva che c’erano altri aerei oltre al DC-9. Il giudice priore afferma anche che hanno visto e cancellato tutto quello che si poteva cancellare per ‘impedire la ricostruzione dell’evento’. Questo è stato giudicato alto tradimento per i generali dell’areonautica”*.

Certo è che per i familiari delle vittime “non era possibile accettare che quell’aereo fosse caduto per cedimento strutturale, non era possibile accettare che fosse stata fatta fallire un’azienda come l’Itavia”. Ed è per questo che ancora oggi prosegue la battaglia per portare verità e giustizia alle famiglie e a chi perse la vita.

Nel corso della serata è intervenuta anche Luisa Davanzali, figlia dell’imprenditore Aldo Davanzali che creò la compagnia aerea Itavia nel 1958. Senza mezze misure ha puntato il dito contro le istituzioni che in qualche maniera abbandonarono il padre adducendogli ogni responsabilità sul disastro aereo: “Lo Stato ha sacrificato mio padre, non è stato leale nei suoi confronti, è stato scelto come capro espiatorio per la tragedia di Ustica”.
Andrea Foffano ha invece tracciato il legame che unisce avvenimenti come quello di Ustica ad altri casi irrisolti, di rilievo internazionale, come la morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin o la scomparsa di Giulio Regeni.
Noi tecnici possiamo ricostruire quello che è successo - ha detto riferendosi alla strage di Ustica - ma deve essere la politica che poi deve andare a chiedere conto di quello che è accaduto, la politica sarebbe dovuta andare in Francia e negli Stati Uniti a chiedere spiegazioni”. La magistratura, come ha ricordato Foffano, ha sempre fatto il proprio dovere, ma se non c’è la collaborazione della politica non c’è possibilità di continuare il lavoro di indagine se le autorità locali non collaborano. Il caso di Giulio Regeni è lampante: “I nostri giudici sono andati a fare indagini in Egitto, ma non c’è stata nessuna collaborazione da parte delle autorità locali, è lì che avrebbe dovuto intervenire la politica”.
A concludere la manifestazione c’è stata la presentazione dei lavori svolti dall’artista e fotografo Francesco Vieri. Come ha lui stesso ricordato, sicuramente un modo per raccontare la tragica vicenda di Ustica “catturando l’attenzione di chi non l’ha mai vissuta”.

*Per i presunti depistaggi il 30 aprile 2004 la terza corte d’assise di Roma aveva assolto i generali dell’Aeronautica Lamberto Bartolucci, Franco Ferri, Zeno Tascio e Corrado Melillo. Per un un capo di imputazione, nei confronti di Bartolucci e Ferri, riguardante l’informazione alle autorità politiche della presenza di altri aerei la sera dell’incidente, il reato venne dichiarato prescritto. Su quest’ultimo capo di imputazione la procura aveva impugnato la sentenza. Ma il 15 dicembre 2005 la prima corte d’assise di appello di Roma aveva assolto gli imputati “perché il fatto non sussiste”, i generali Bartolucci e Ferri, accusati di alto tradimento in relazione all’omessa comunicazione al Governo di informazioni sul disastro aereo. Il 1° giugno 2006 la Procura generale e il governo avevano presentato ricorso in Cassazione, ma il 10 gennaio 2007 la Cassazione lo aveva dichiarato inammissibile il ricorso. L’assoluzione diventò definitiva.

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