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gratteri quante storie 20200523di AMDuemila
“Noi quest'allarme lo abbiamo lanciato da marzo. Ripetiamo come un disco rotto che le mafie sono presenti dove c'è da gestire denaro e potere. E sono presenti dove c'è la possibilità di acquistare ristoranti, alberghi, pizzerie. Tutto ciò che è in vendita dopo e durante questa crisi. Soprattutto sono in grado, avendo grandi disponibilità di denaro, di comprarli grazie (alle risorse) provenienti dal traffico di cocaina”. E’ così che interviene nuovamente il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, in un dibattito della puntata di "Quante storie", andata in onda su Rai 3, insieme al giornalista Giovanni Tizian, nel lanciare l’allarme sull’usura e sui tentativi da parte della mafia di infiltrarsi del tessuto economico del Paese. Secondo il procuratore la ‘Ndrangheta dispone di infinite ricchezze, tutte “concentrate nelle mani del 2 o 3 per cento degli ‘ndranghetisti. I capi mafia hanno soldi come le balle del fieno, il resto dei mafiosi (tra cui quelli che condanniamo per associazione a delinquere di stampo mafioso) sono utili idioti, morti di fame e servitori dei capi locali. Parliamo di questo con cognizione di causa, ci sono intercettazioni ambientali che confermano come nelle disponibilità dei clan ci siano talmente tanti soldi che una parte sono addirittura sotterrati”. Per Gratteri si parla di centinaia di migliaia di milioni di euro “tanto da utilizzare macchinette come quelle che si trovano in banca (per contarli)”.

Le grandi opere
Secondo il magistrato calabrese le grandi opere da sempre sono nel mirino della mafia. “Bisogna controllare a priori le ditte che possono partecipare ai bandi di gara - ha detto - . Coinvolgerei prima le prefetture, poiché le procure non hanno compiti di prevenzione possono intervenire dopo il reato”. Le mafie si “muovono su due direttrici - ha spiegato il procuratore di Catanzaro - La prima è quella dei piccoli prestiti, danno 200 euro per la spesa nei territori dove si presentano come benefattori, e sostengono chi lavora in nero”. E attraverso questo acquistano sempre più consenso: “Perché sono arrivati prima dello Stato. Quando sarà tempo di votare, questi poveracci ricorderanno chi in un momento di difficoltà gli ha teso la mano”. Riguardo alla situazione della Calabria, Gratteri ha osservato che nel territorio “non ci sono servizi, responsabilità di decenni, di tutti. Però posso dire una cosa, secondo l’Istat nel 2017 i calabresi sono quelli che hanno più fiducia nella giustizia in Italia. Non ci potevo credere. - ha aggiunto - Vuol dire che in questi anni abbiamo costruito e investito bene e se continuiamo, siamo sulla strada giusta, non vorrei che adesso si rompa l’incantesimo tra noi e la collettività che di nuovo si allontana dalla giustizia”.

Boss e reddito di cittadinanza
Nei giorni scorsi c’è stata un’operazione della Guardia di Finanza di Reggio Calabria che, insieme all’Inps, ha scoperto boss e gregari essere destinatari del reddito di cittadinanza. “Non mi scandalizza perché accade da sempre - ha commentato il pm antimafia - Gente milionaria, evasore totale, risulta essere nullatenente e per questo riesce ad avere case popolari o il reddito di cittadinanza. Latitanti con la pensione e poi persone in Germania che risultavano lavoratori nella forestale in Sila o in Aspromonte. Si trova di tutto e di più”.
Gratteri si è anche espresso riguardo il caso delle scarcerazioni dei boss mafiosi: “Bisogna capire che un capomafia può comandare anche con il movimento delle ciglia e su di una sedia a rotelle. Se dopo 20 anni al 41 bis non si è pentito, il suo silenzio merita rispetto nella logica mafiosa e i suoi desideri vanno esauditi. Ecco perché è pericoloso. - ha aggiunto - L’ergastolano fa una scelta: è in carcere perché non intende collaborare con la giustizia e spiegare quello che ha commesso con i suoi sodali. Eppure un’alternativa l’avrebbe così come ha fatto Giovanni Brusca (condannato per oltre un centinaio di omicidi tra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo e della strage di Capaci)”.

La crisi: un’opportunità per i clan
Secondo il giornalista de “L’Espresso”, Giovanni Tizian, le cosche mafiose aspettano il "momento giusto per accaparrarsi delle attività locali, commerciali e piccole fabbriche. Il meccanismo è semplicissimo, collaudato anche in tempo di pace ma si acuisce quando c’è una crisi sanitaria che si trasforma in crisi economica e sociale - ha concluso Giovanni Tizian -. Il settore turistico alberghiero per gli esperti perderà 16 miliardi. Cifra enorme. Ed è un settore in cui già le imprese dei clan sono presenti da tempo. Con delle crisi forti di liquidità i criminali si avvicineranno anche in modo affabile. Quell’aiuto, però, non è beneficenza”.

Guarda la puntata integrale: Quante Storie

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