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di Karim El Sadi - Video
L’avvocato intervenuto a “Crescere Informandosi”

Da questa mattina, 4 maggio 2020, una parte del motore industriale ed economico italiano è ripartito. Oltre 4 milioni di italiani sono ritornati a lavoro nelle fabbriche e nei negozi. Ora però c’è il rischio che in queste attività produttive rimaste bloccate per mesi a causa della pandemia, possano infiltrarsi le organizzazioni mafiose che possono irrorare denaro liquido non senza chiedere nulla in cambio, come afferma l’avvocato ed ex pm antimafia Antonio Ingroia in un'intervista al gruppo Crescere Informandosi. “Il rischio di infiltrazione mafiosa in questa fase di ripartenza del paese è ancora più concreto. - ha esordito Ingroia - Inoltre, premesso che passeranno anni prima di risollevarci, gli snodi più problematici sono quelli tipo economico-finanziario rispetto alla mancanza di liquidità di cui invece dispone abbondantemente la mafia S.p.a che rimane l’azienda italiana con maggiore liquidità, ovviamente di provenienza illecita. La mafia da qualcosa per cominciare a impadronirsi di qualcos’altro. - ha proseguito l’avocato - Inizierà con le piccole imprese ma arriverà anche a quelle grandi”. Sempre su questo punto Ingroia ha parlato anche delle misure di prevenzione di infiltrazioni mafiose disposte dal governo nella fase di lockdown, specie per quanto riguarda i vari appalti inerenti al mondo della sanità.
“I controlli che si sono fatti sono pari quasi a zero nell’immediatezza dell’assegnazione dei vari appalti, come quelli sulle mascherine e forniture sanitarie. E’ una cosa disarmante. Inoltre questi appalti sono stati assegnati a personaggi quantomeno sospetti rispetto ai quali lo Stato doveva fare controlli più stringenti”.
In seguito l’ex pubblico ministero di Palermo ha parlato anche dell'odierna questione delle scarcerazioni dei boss per il rischio di contagio.
“La storia ci insegna che l’Italia è un Paese che più di altri non impara mai dagli errori del passato e come tale è condannata a commetterli nuovamente. Ricordo quando durante una delle stagioni più terribili della nostra nazione, e cioè quella del ’92, il governo dopo la morte del giudice Giovanni Falcone emanò un decreto molto duro nei confronti della mafia. Quel decreto in Parlamento venne convertito in legge e poi venne fatto a pezzi. Se non fosse stato ucciso Paolo Borsellino, e non si fosse creata un’altra onda di emozione, il 41 bis non ci sarebbe mai stato. E oggi sembra di assistere allo stesso spettacolo. - ha spiegato Ingroia - Escono i capi mafia e lo Stato sembra non sollevare un dito. Le dimissioni del capo del Dap, non sono un segnale positivo, ma di resa. Sono stati commessi gravi errori in un sistema nevralgico per la lotta alla mafia. Il paradosso - ha continuato - è che stanno uscendo dal carcere tanti capi mafia, condannati per omicidi, mentre rimangono in carcere esposti al Covid-19 altri poveracci i presunti innocenti in attesa di giudizio. E’ una situazione in cui l’autorevolezza dello Stato scema sempre di più”.
La conduttrice del programma Anna Lisa Maugeri ha poi chiesto al legale cosa pensasse dell’articolo del quotidiano tedesco Die Welt, attorno al quale si era accesa una polemica qualche settimana fa, dove si chiedeva alla cancelliera Angela Merkel di non accettare i prestiti dell’Europa all’Italia per evitare che finissero nelle mani della mafia.
“Su Die Welt penso che sia sintomo dei tempi tristi nei quali stiamo vivendo”, ha affermato Ingroia. Quello sollevato dal Die Welt “è un argomento infondato. Non è che lo Stato di Germania sia da meno se vediamo come la ‘ndrangheta si è diffusa in Germania senza sufficienti resistenze. L’unica consolazione è che questa non è un’idea unanime della Germania. Qualche giorno fa infatti ho letto un articolo su Der Spiegel che diceva ai tedeschi che si sono dimenticati del passato, che non è questo il modo di trattare l’Italia che sta attraversando un momento difficile. Quindi diciamo che c’è qualche ripensamento negli ambienti tedeschi ma è bene che questi ripensamenti si trasformino in qualcosa di concreto che finora non si è visto né dalla Germania né del resto d’Europa”. A fine intervista Antonio Ingroia si è soffermato sul tema della trattativa Stato-mafia di cui si è occupato personalmente nelle prime fasi del processo di Palermo.
“Sino a un quindicennio fa il traguardo lo vedevamo all’orizzonte. E poi improvvisamente è successo qualcosa perché stavamo andando troppo avanti, perché lo Stato italiano non riuscì ad avere la forza di affrontare la verità, ovvero di ammettere anche davanti agli italiani che in tante stagioni della nostra storia è sceso a patti con la mafia. E al di là dei processi, si è scoperto che è sempre stata così la storia italiana. Allora lo Stato deve ammettere le proprie colpe e fare un processo a sé stesso guardandosi allo specchio, che può essere anche un processo politico con una seria commissione d’inchiesta. Quando si imboccherà questa strada significherà che lo Stato italiano ha deciso che la mafia deve essere eliminata. E ciò significherebbe realizzare il sogno di Falcone.
Invece sino ad oggi la strada è stata quella di colpire la criminalità organizzata con violenza quando supera i livelli di guardia, la si contiene come fosse una mareggiata ma la si tiene lì. La mafia - ha concluso - ormai fa parte, purtroppo, del sistema Italia, ne è una componente e quest’ultimo lo accetta”.

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