di Karim El Sadi - Video
A 35 anni dalla strage di Pizzolungo le riflessioni dell’ex magistrato sopravvissuto all’attentato
Ieri mattina, 2 aprile 2020, a Pizzolungo la memoria non si è fermata. Nonostante tutto. Nonostante il virus che da settimane tiene sotto scacco il Paese e che non ha permesso ai familiari, ai sopravvissuti e a tanti cittadini, di essere presenti, 35 anni dopo, sul luogo in cui scoppiò l’autobomba per rendere onore alle vittime, Barbara Rizzo ed i piccoli gemellini, Giuseppe e Salvatore Asta.
Una cerimonia, seppur ridotta, si è tenuta ugualmente. Perché ricordare quello che è accaduto è un dovere morale, alla luce dei molteplici misteri, per essere accanto nella ricerca di verità e giustizia a Margherita Asta, al giudice Carlo Palermo, il magistrato che la mafia e altre forze occulte volevano uccidere, ai suoi agenti di scorta miracolosamente rimasti in vita insieme a lui.
L’emergenza sanitaria non ha permesso di ritrovarsi ma in tanti, sul web, hanno voluto esprimere un pensiero. Tra questi Carlo Palermo che, in una diretta Facebook, ha voluto fare in modo che quella triste pagina di storia non passasse in sordina dalle menti degli italiani, comprensibilmente occupate dalle notizie sulla crisi, come purtroppo è accaduto per altre ricorrenze (vedi l’anniversario del sequestro Moro di cui quasi nessuno ha parlato).
“Mi mette tristezza stare qui e voi lì, però almeno possiamo sentirci e convivere insieme questo momento”. - ha esordito visibilmente commosso Carlo Palermo, oggi avvocato - Quello che stiamo vivendo oggi è una costrizione terribile che dobbiamo in qualche modo accettare in questo periodo”. Palermo, dopo i primi saluti, ha parlato subito della sua esperienza a Trapani dove divenne sostituto procuratore una volta arrivato da Trento. A Trapani ebbe subito modo di riaprire “fascicoli fermi da anni” nelle stanze della procura. “Iniziai ad andare in tribunale e a prendere possesso di quelle stanze nelle quali c’era stato due anni prima del mio arrivo Ciaccio Montalto”, ha raccontato Palermo. Dunque il magistrato divenne un elemento di disturbo perché ruppe determinati equilibri e silenzi.
Carlo Palermo infatti aveva messo le mani, già da quando si trovava a Trento, su un’inchiesta dai contorni internazionali riguardante grandi traffici di droga e armi che dalla Turchia passavano per la Sicilia per poi arrivare in Francia e Stati Uniti. Probabilmente indagando su qui traffici l’ex magistrato si era avvicinato troppo, senza accorgersene appieno, a personalità di un certo livello rischiando di toccare alcuni nervi scoperti del potere. Sta di fatto che il 2 aprile 1985, appena 50 giorni dopo essersi seduto nella scrivania della procura di Trapani, venne eseguito il violento attentato che portò alla morte una donna ed i suoi due bambini.
Un fardello che Carlo Palermo si porta sulle spalle da 35 anni. Con Barbara e i suoi bambini però morì anche quell’inchiesta. “Mi hanno bloccato - ha detto sospirando l’avvocato - e bloccando me hanno bloccato le mie indagini, i miei poteri di accertamento, il mio entusiasmo e il mio credo nella giustizia e nella verità. E’ stato un succedersi di eventi nei quali prima sono stato attore e poi spettatore. Sono stato costretto a lasciare Trapani. - ha proseguito il suo ricordo - Io non volevo ma era diventata una vita impossibile perché le minacce continuavano a raggiungermi anche dopo l’attentato. Era qualcosa di folle”.
Nel corso della diretta Facebook Carlo Palermo ha detto inoltre di essere stato minacciato “sia prima che dopo Trapani perché evidentemente tra le mani mi trovavo delle chiavi di lettura che erano ritenute pericolose per l’organizzazione che avevo individuato”. Chiavi che però al tempo non era ancora riuscito a leggere. Infatti nel 1996-1997, quando Carlo Palermo da magistrato divenne avvocato difensore nel processo per la strage di Capaci, “mi hanno lasciato in pace quando si sono resi conto che non avevo capito e quindi ero diventato innocuo”.
Per capire a fondo su “cosa è ruotato attorno alla strage di Pizzolungo e le indagini di Trento che l’avevano preceduta ci ho messo vent’anni”, ha confessato Palermo. “Perché il tutto - ha continuato - si racchiude nel fatto che individuai e toccai determinati centri di potere, oltre ad acquisire carte e documenti che erano la fotografia di una realtà mostruosa. Una realtà che riguardava i traffici internazionali, di armi e droga, e gestione del potere a livello planetario. Noi - ha aggiunto - siamo sempre limitati quando ci mettiamo ad esaminare, quando cerchiamo di capire cosa è stato il fenomeno del terrorismo e cosa è quello della mafia in quanto riteniamo che tutto sia circoscritto nel nostro territorio. Ma mai come oggi - ha sottolineato l’avvocato - credo che abbiamo l’opportunità di capire che invece è tutto collegato. Questo è il vero virus presente nel sangue nell’uomo: il potere. Un qualcosa che vale di più del Coronavirus”.
Il potere occulto e l’emulazione del passato
Durante il suo intervento Carlo Palermo si è soffermato anche sul potere occulto che muove le redini del pianeta. La cosiddetta “Bestia” da cui prende il nome il suo ultimo libro. In breve, secondo l’avvocato, ci sono dei poteri, principalmente costituiti da logge massoniche, che governano le logiche e le azioni dell’intero globo sul modello delle epoche passate. “Quando si parla di poteri occulti non si parla di nemici indicibili che compiono all’improvviso azioni solo per esprimere la propria immaginazione - ha detto Palermo - Avviene sempre un’evocazione di episodi che vengono ritenuti sacri e vengono rinnovati in chiave di attualità dagli adepti di queste organizzazioni occulte, il cui linguaggio è molto più impenetrabile di quello espresso dalla mafia e dai servizi segreti in quanto il segreto assurge a metodo di evocazione e di linguaggio”. “Ecco perché - ha continuato il magistrato - si parla di sapienti e illuminati della massoneria. Si tratta di personaggi che conoscono il passato”.
Secondo l’ex giudice “quando è stata realizzata la struttura Stay Behind non è un caso che sia stato dato il nome Gladio agli apparati che riguardavano il nostro Paese. Gladio è un'evocazione del passato e quando si parla di evocazioni del passato si parla di soggetti chi si ergono a detentori del comando sull’esempio di quelli di ieri per esercitarli oggi”. In tutto questo “l’Apocalisse è il primo evento che viene richiamato da questi poteri occulti della massoneria. E’ lì che si racchiude il conflitto tra il bene e il male che è espresso dai nostri testi antichi a cominciare dalla Bibbia fino all’atto della creazione”. “La contrapposizione originaria presente nelle nostre culture si è trascinata nei secoli e si è sovrapposta a quelle che sono state le finalità di governo nel mondo le quali sono andati a richiamare i principi del passato per esercitarli nel presente utilizzando le armi e gli strumenti che la modernità forniva”. Dinamiche e strategie che hanno riguardato soprattutto il XX secolo che “è stato caratterizzato da periodi di dittature sanguinarie che hanno determinato a livello mondiale quella situazione che è stata retta nella guerra fredda dove si è verificato un bilanciamento di poteri basato sulla ricerca dell’avversario e la paura di questi”.
Il primo avversario dal dopoguerra “è stato il comunismo. - ha spiegato Carlo Palermo nella sua analisi - Poi con la caduta del Muro di Berlino è stato creato un altro equilibrio di potere retto dal terrore: quello dell’integralismo islamico. Il secondo avversario”. Ciò, secondo Carlo Palermo, “è avvenuto dal 1989 al 2001 con il crollo delle Torri Gemelle”. La minaccia dell’integralismo islamico l’ex sostituto procuratore ha affermato di averla intuita “nel 1996 ma purtroppo non avevo individuato le chiavi di lettura che si agganciassero alla realtà. E l’aggancio - ha aggiunto - era proprio quella massoneria di Trapani e ciò che incredibilmente rappresentava sotto il profilo culturale dai tempi della Creazione. Ne “il quarto livello” parlavo di integralismo islamico, massoneria e mafia. Quando c’è stato l’11 settembre ebbi un’altra chiave di lettura e feci un’ulteriore edizione che chiamai 'Il quarto livello.11 settembre 2001 ultimo atto?'".
Quel titolo provocatorio era dovuto al fatto che Carlo Palermo aveva compreso la temporaneità della minaccia integralista. “Il meccanismo del potere è un meccanismo che richiede la contrapposizione ed era evidente che l’integralismo islamico avrebbe potuto costituire lo strumento per giustificare l’imperialismo americano ma poi a un certo punto queste regole avrebbero dovuto coinvolgere altri nemici”. E infatti a pochi anni dalla pubblicazione del libro “i primi ad essere castigati sono stati quelli inquadrabili nell’integralismo islamico e nel mondo arabo successivamente sono seguite le due invasione dell’Irak, ovvero quel territorio che costituiva lo strumento per dare concretezza al nemico da associare all’idea del terrore. E lo stesso è avvenuto con la Libia di Gheddafi”. “Questi - ha concluso Carlo Palermo - sono stati gli interpreti della fase successiva al cambiamento degli equilibri determinati dalla necessità di attuare un bilanciamento dei poteri di governo sul terrore”.
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