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di AMDuemila
L’ex magistrato: “L’Italia ha un’economia di guerra che ha bisogno di misure fortissime e una di queste deve essere lo sforamento dei parametri europei"

“Il disastro e i morti di oggi sono sulla coscienza di chi ha distrutto il servizio sanitario pubblico, questa tragedia è un macabro atto d’accusa nei confronti della classe politica che ha governato l’Italia negli ultimi decenni a colpi di privatizzazioni speculative sempre più spinte a disprezzo della tutela della salute”. E’ questo il duro affondo dell’avvocato ed ex pm di Palermo, Antonio Ingroia, in un’intervista al giornale online Wordnews.it, riguardo l’emergenza sanitaria del Coronavirus. “Stiamo attraversando un periodo senza precedenti, sicuramente per la nostra generazione, dal dopoguerra in poi non è mai stata affrontata una emergenza di questo tipo e dimensioni. - ha spiegato - A cui sostanzialmente si è arrivati impreparati. Questo non è un elemento secondario, uno Stato che dovrebbe avere la salute tra i beni primari da tutelare deve essere pronto a fronteggiare catastrofi del genere. E quel che è peggio è che si è scoperto che esisteva un piano di prevenzione da emergenze del genere, ma solo sulla carta. Le strutture non erano mai state adeguate per tempo. Correre ai ripari dopo è, purtroppo, troppo tardi”. Secondo l’ex pm, che istruì il processo sulla Trattativa Stato-Mafia, non essendo “preparati ad un’emergenza quando arriva c’è il rischio che in nome dello stato di necessità affoghino gli altri diritti costituzionali e le altre libertà che sono ossigeno per la democrazia esattamente come sono ossigeno per la vita i respiratori. In questa situazione, premesso che è più facile esprimere giudizi per chi non ha la responsabilità di prendere decisioni drammatiche, rimane il fatto che quando usciremo da quest’emergenza (e presto o tardi ne usciremo, comunque non siamo davanti all’apocalisse che porrà fine alla specie umana per quanto è una terribile tragedia) non saremo più come prima anche sotto il profilo dello Stato di diritto”.

Tutela costituzionale
Quello che fa più paura, per Ingroia è il fatto che “il potere esecutivo in nome del supremo stato di necessità, auto attribuendosi poteri al limite della Costituzione, ha emanato vari decreti d’urgenza uno dopo l’altro che limitano alcune libertà individuali, che nell’eccezionalità della vicenda può anche essere considerato normale, ma molto meno normale ritengo l'assenza di voci contrarie che si oppongano a tutto questo, e che soprattutto i cittadini in preda al panico collettivo chiedano loro stessi che vengano limitati i loro diritti e le loro libertà tutelate in Costituzione. Il rapporto costi/benefici dovrebbe farci riflettere adeguatamente, tenendo conto che le misure di contenimento, peraltro cambiate di giorno in giorno, hanno dato pochi risultati, pur avendo rispettato poche compatibilità costituzionali”. L’avvocato ha poi spiegato che in questa situazione di emergenza bisognava “adottare una pianificazione a livello nazionale (anzi in questa situazione globale) ma che abbia contrappesi stabiliti dai delicati equilibri costituzionali”.

Il ruolo dell’Europa
Ingroia ha anche parlato degli scontri che ci sono stati tra l’Italia e l’eurozona, in particolare l’ultimatum di Giuseppe Conte alla Germania ed altri Paesi. “L’ultimatum di Conte, ‘temo che dovremo fare da soli’ riprendendo le sue parole, è stata una reazione alle parole di Draghi, al quale va dato atto che ha detto parole importanti, serie ed autorevoli e che quella sarebbe la strada da seguire. - ha detto - L’Italia ha un’economia di guerra che ha bisogno di misure fortissime e una di queste deve essere lo sforamento dei parametri europei immettendo liquidità. Questo risveglia il dibattito sulle prospettive e il ruolo del sistema bancario. L’intervento di Draghi è stato recepito soprattutto nella logica delle piccole dinamiche politiche interne e della tenuta del governo, mentre non credo che Draghi in piena emergenza sanitaria stia pensando a diventare Presidente del Consiglio. Sono considerazioni, al massimo, da fare quando terminerà l’emergenza. - ha proseguito - Il rischio paradossale delle sue parole è che mentre si muore di sanità insufficiente, nonostante l’eroismo del personale sanitario, si determini anche la morte per fame tra qualche mese: se l’economia va in ginocchio e il mondo si ferma come potranno vivere i lavoratori? E si pensa a salvare solo i grandi capitali. Per salvare i lavoratori si deve tenere in vita il sistema economico con una sorta di respirazione artificiale e l’erogazione finanziaria da parte del sistema bancario ad interessi zero”.
L’avvocato si è detto critico ed ha maturato negli ultimi anni “considerazioni sempre più negative su questa Unione Europea” in quanto “l’Europa di fatto è stata soprattutto tiranna ed espressione delle lobby finanziarie e di alcuni Paesi. Nulla a che vedere con l’Europa dei popoli e dei diritti sognata da Altiero Spinelli e altri, di fronte a quest’emergenza drammatica i nodi stanno venendo al pettine in maniera disastrosa e non credo che quest’Europa reggerà, sarà tra le più grandi vittime del coronavirus quando si potrà cominciare a riflettere e ripartire dalle macerie, nessuna istituzione europea è stata all’altezza”.
Secondo Ingroia “non è questo il momento in cui guardare così lontano ma non dobbiamo chiudere gli occhi su questa realtà: l’Italia in questi anni ha un cappio stretto al collo e non so quali opportunità ha di tirare la testa fuori dal cappio e quali possibilità ha Conte di farlo. Alcuni di noi siamo stati voci nel deserto in questi anni quando dicevamo che bisognava assumere una posizione ben diversa sull’Unione Europea, così come sulla Nato”. L’ex procuratore aggiunto di Palermo ha detto che “nel dramma attuale” dell’emergenza del Coronavirus “gli aiuti sono arrivati prevalentemente da Cina, Russia e Cuba piuttosto che dai nostri cosiddetti amici atlantici”. Ingroia ha evidenziato il fatto che tutte le attività produttrici sono bloccate, vista l’emergenza, ma quelle delle armi continua a produrre. “Le imprese produttrici di armamenti non sono state fermate e quindi - ha concluso - sono considerate essenziali e strategiche, e che l’industria bellica davanti alla salute dei cittadini e dei lavoratori sia considerata indispensabile francamente non è sostenibile”.

Foto © Imagoeconomica

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