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di AMDuemila
Intervista a “Il Fatto Quotidiano” del pm della Trattativa Stato-Mafia e oggi consulente della commissione parlamentare antimafia

“Le mafie meridionali oggi migrano verso i territori dove la ricchezza, la produzione, gli appalti sono più consistenti e proficui; e, come ha scritto anche la Dia nella sua ultima relazione del 2019, gli 'anticorpi' non stanno funzionando come dovrebbero, perché al Nord è ancora forte la tentazione di minimizzare, è ancora modesto l’allarme sociale. Eppure potremmo attingere, per bloccare questa che ho chiamato ‘colonizzazione’, a decenni di esperienza della vera cultura antimafia nelle regioni ‘tradizionali’: cittadini informati e sensibilizzati, società civile predisposta a creare reti di sostegno, indagini veloci, giornalisti liberi, ricorso sistematico a strumenti di prevenzione”. Sono queste le parole del pm della Trattativa Stato-Mafia, oggi consulente della Commissione parlamentare antimafia, Roberto Tartaglia intervistato dal giornale “Il Fatto Quotidiano” ha parlato della minaccia ancora odierna delle mafie al Nord.
Il magistrato ha spiegato che le “capacità delle mafie di trasferire i propri affari in regioni diverse da quelle di provenienza” derivano da “prima” delle importanti inchieste conto le mafie al Nord come l’operazione Minotauro.
Tartaglia, nel corso dell’intervista, ha detto che l’unico meccanismo che può rompere l’infiltrazione delle mafie dentro gli appalti è la “prevenzione”. “In nessun settore come in quello degli appalti pubblici credo che la prevenzione possa essere determinante. La sola repressione, con i suoi inevitabili limiti, non basta. - ha spiegato - Per prevenzione non intendo un sistema di controlli asfissianti, paralizzanti, in grado di ritardare (se non di bloccare) lo sviluppo delle opere pubbliche: questo sarebbe l’ennesimo tributo versato alle mafie. Un sistema di prevenzione fondato sulla vigilanza dei grandi appalti  ed imperniato sul criterio della differenziazione dei protocolli di intervento (non ogni appalto e ogni contesto è uguale a un altro) e della sinergia collaborativa tra stazioni appaltanti e autorità di garanzia - può velocizzare i tempi e le procedure, garantendo il rispetto delle regole. - ha proseguito - La grande sfida è abbinare il dovere della legalità con l’obiettivo dell’efficienza degli appalti”.
Anche per quanto riguarda i partiti politici, per difendersi e riconoscere quelle figure “ambigue”, il consulente dell’antimafia ha auspicato l’utilizzo della prevenzione: “Significa codici di autoregolamentazione, incremento del tasso di trasparenza delle procedure più sensibili, verifica prudenziale delle candidature, anche correndo il rischio di perdere qualche voto”.
Tartaglia ha anche parlato delle operazioni che da Catanzaro a Torino hanno portato agli arresti sia mafiosi, ma anche politici, massoni e imprenditori. Citando, le parole del collaboratore di giustizia Leonardo Messina quando raccontò le parole utilizzate da Totò Riina prima che iniziasse la strategia stragista del biennio ’92-93, disse che ‘Cosa nostra voleva farsi Stato’, ha spiegato che “Sconfiggere le mafie non significa solo lottare contro le sue manifestazioni ‘militari’, - ha detto - ma anche distruggere la continua tentazione di ‘farsi Stato’. Questo secondo risultato è ancora lontano, ma non irraggiungibile”.
In conclusione, il magistrato ha detto che la grave minacce di oggi è la “rassegnazione ad alcune forme di convivenza”.

Foto © Paolo Bassani

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