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di AMDuemila
"Sono stato minacciato per farmi tacere
Durante l'udienza il collaboratore ha riportato anche le parole sentite dall'imputato Siragusa sul delitto

Buttava voci, ripeteva questa frase, "ci dobbiamo dare una lezione a questo avvocato'''. Lo ricorda bene quello sfogo il pentito Francesco Paolo Lo Iacono, sentito ieri per la prima volta al processo celebratosi davanti alla Corte d’Assise di Palermo sul delitto Fragalà. Le grida provenivano dall’appartamento in via San Gregorio di Salvatore Battaglia, il titolare del bar di Palermo per il quale lavorava. A gridare, secondo il collaboratore di giustizia, era il boss di Porta Nuova Gregorio Di Giovanni che manifestava il proprio astio nei confronti dell’avvocato Vincenzo Fragalà con alcuni suoi sodali una sera di febbraio del 2010, pochi giorni prima che il penalista venisse aggredito a bastonate davanti al suo studio legale in piena notte per poi perdere la vita tre giorni dopo in ospedale (il 26 febbraio). “L’ho sentito urlare a casa di Bobbuccio, il titolare del bar dove lavoravo come banconista, che si doveva dare una lezione a un avvocato e mentre andavo via dopo avere portato i caffè dal bar, Di Giovanni ha detto il nome di Fragalà”. Dichiarazioni, queste, che collimerebbero con quelle del collaboratore Francesco Chiarello, il primo collaboratore che ha permesso la riapertura delle indagini sul caso. I particolari, raccontati dal pentito 37enne ai pm Francesca Mazzocco e Bruno Brucoli già ad inizio ottobre, sono stati tali da costringere il presidente della Corte d’Assise Sergio Gulotta a riaprire l’istruttoria dibattimentale per poter sentire Lo Iacono quando il processo ormai si accingeva alle battute finali (la scorsa udienza sarebbe dovuta iniziare la requisitoria). Ma la decisione di parlare coi magistrati, soprattutto riguardo quanto ascoltò quella notte, è costata tanto al pentito. “Sono stato minacciato. Dicevano che i miei figli avrebbero fatto la fine del piccolo Di Matteo”. Intimidazioni che gli fecero fare marcia indietro, "poi a ottobre ho deciso di collaborare perché le minacce continuavano nei confronti della mia famiglia anche da parte della famiglia di Di Giovanni”, e la scorsa estate dopo vari spostamenti Lo Iacono fu messo in una sezione speciale del carcere di Velletri dove si trova anche uno dei sei imputati per l'omicidio del penalista, Antonino Siragusa, uno degli imputati del processo insieme a Francesco Arcuri, Francesco Castronovo, Salvatore Ingrassia, Paolo Cocco e Antonino Abbate. "Siragusa lo conosco da tempo" - ha spiegato il collaboratore di giustizia, anche se in carcere i rapporti tra i due non sono stati affato ottimi - “il suo è un nome noto a Palermo, aveva a che fare con estorsioni, aveva la piazza di spaccio a Borgo Vecchio”. Ed è proprio da Siragusa che Lo Iacono avrebbe appreso altri dettagli importanti su quanto accadde quella sera del 23 febbraio 2010. “Dal corridoio si riesce a sentire tutto, - ha anticipato ai pm il pentito prima di riportare le parole di Siragusa che aveva origliato nei corridoi del carcere - "il giubbotto che indossavo quella sera me l'hanno sequestrato, quella sera che hanno ucciso l'avvocato Fragalà". Siragusa racconta che lui c'era, ma anche Ingrassia, Arcuri, Cocco e Castronovo“. Parole che in aula hanno scatenato l’ira degli imputati collegati in videoconferenza. Sulla vicenda Lo Iacono ha in seguito riportato altri due episodi.

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Vincenzo Fragalà © Imagoeconomica


Durante un’altra esternazione di Siragusa l’ex barista ha detto di aver “sentito che diceva a Giancarlo Giugno (un altro detenuto, ndr) che la sera del delitto Siragusa, con Cocco e Castronovo, era con l'auto della moglie di lui. Dopo l'aggressione sono andati a lasciare l'auto a lavoro da lei, al Bingo del Politeama, e gli altri due hanno proseguito a piedi. Durante l'aggressione - ha continuato - Cocco e Castronovo tenevano l'avvocato, mentre Siragusa e Ingrassia lo colpivano con la mazza, era una sola, ce l'aveva Siragusa. Diceva che quando l'hanno lasciato là non sapeva nemmeno che era morto. Quando hanno finito di picchiarlo, se ne sono andati insieme. E parlò anche delle telecamere, diceva "come fanno a risalire al fatto che eravamo noi quel giorno lì" e disse anche che Ingrassia per non farsi riconoscere aveva anche fatto la dieta”. Infine Lo Iacono ha rammentato un ultimo episodio, questo avvenuto all’interno della cucina della sezione carceraria dove si trovavano. “Sono entrato per prendere dell'acqua e Siragusa stava parlando con gli altri dell'omicidio. È venuto fuori anche il nome di Gregorio Di Giovanni, e certo, il mandante era lui. "Se si pentisse succederebbe una catastrofe", diceva. Ma a Palermo lo conoscono tutti, è soprannominato l'erede di Totò Riina e non si pentirà mai”. In quell'occasione Lo Iacono avrebbe preso la parola, chiedendo direttamente a Siragusa “perché non dici la verità”. Immediata la reazione rabbiosa di Siragusa che “mi ha detto "fatti i fatti tuoi, non sono cose che ti riguardano, un mi rari cchiu confidenza e statti nei tuoi panni"". Lo Iacono ha anche aggiunto: "Siragusa diceva che era stato tradito da lui (da Chiarello, ndr), perché aveva fatto i nomi dei due ragazzi, di Cocco e Castronovo, che però non dovevano uscire. E sempre loro due, da quello che ho sentito, erano andati in ospedale a dire alla moglie di Chiarello che il marito li stava mettendo in mezzo, e lei lo riferì subito al marito”. Sul punto il neo collaboratore di giustizia ha fatto riferimento a un eventuale accordo violato.
A fine esame Siragusa, l’imputato contro il quale Lo Iacono ha puntato il dito per gran parte dell’udienza, ha chiesto di poter rilasciare dichiarazioni spontanee. “Io ho una lettera conservata di Lo Iacono, l'ha scritta 15 giorni dopo che era arrivato a Velletri. - ha detto - Stava male, voleva aiuto e non voleva stare in carcere. Visto che dice che io ce l'avevo con lui e lo trattavo male... mentre io lo sollecitavo a collaborare visto che stava così male, credo si voglia vendicare”.
Dopo di lui, ha preso parola anche Francesco Castronovo, apparso fin da subito particolarmente nervoso. “La Procura questo pentito l'ha trovato dentro al pacco delle patatine?”, una provocazione alla quale è seguita la redarguizione del presidente della Corte.
Ora sta ai giudici valutare il da farsi con queste clamorose dichiarazioni del pentito in modo da riuscire a delineare lo stato dell’arte della questione. Per questo motivo non è escluso che vengano chiamati a deporre altri personaggi coinvolti nella vicenda. Come il massacratore del Circeo, Angelo Izzo, ex pentito che sta scontando l'ergastolo, il quale avrebbero assistito al burrascoso rapporto fra Lo Iacono e Siragusa.

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