di AMDuemila
In un’intervista l’ex pentito avrebbe chiesto la protezione della Polizia, cosa che a quest’ultima non risulta
Proseguono le indagini, indirizzate in primo luogo verso la sua attività, riguardanti l’omicidio dell’ex collaboratore di giustizia Orazio Pino, ex mafioso della cosca del boss catanese Nitto Santapaola, ucciso in un parcheggio di un supermercato a Chiavari martedì sera. Prima ancora di aprire la macchina è stato colpito e lasciato a terra. Accanto al corpo è stato rinvenuto un borsellino con i soldi, ma nessuna traccia di bossoli d’arma da fuoco. Infatti per questo motivo non è stata scartata l’ipotesi che sia stato colpito con uno stiletto. Ma per chiarire la dinamica sarà necessario attendere l’autopsia, che di oggi sarà effettuata. Una prima TAC sul corpo non ha fatto trovare l'ogiva di alcun proiettile, ma sul corpo dell'uomo sono state rilevate tracce metalliche che fanno comunque pensare a un colpo di pistola di piccolo calibro.
Gli uomini della Squadra Mobile di Genova, guidati dal dirigente Marco Calì, stanno eseguendo gli interrogatori dei familiari e colleghi dell’ex pentito. Secondo gli inquirenti la pista più accreditata è quella legata al suo lavoro più recente, mentre resta sul fondo l’ipotesi di una vendetta mafiosa. Gli investigatori hanno vagliato le telecamere di video sorveglianza dei silos, dove l’uomo aveva parcheggiata la sua macchina, e quelle delle vie limitrofe. Le ricerche non si limitano alle immagini di martedì, ma si cercano frame anche dei giorni precedenti al delitto. Tra le persone sentite come testimoni anche il figlio dell'ex sicario della mafia, che ha indicato che il padre aveva avuto nei mesi scorsi dissapori con una ex socia per vicende legate a precedenti società. Nel 2018, Pino era stato denunciato per il presunto furto di gioielli dalla società che aveva con una donna, ma l'indagine era stata archiviata; in quanto la perquisizione che aveva disposto la pm Gabriella Marino aveva dato esito negativo. Gli inquirenti hanno perquisito nei giorni scorsi l’ex socia e il fratello di lei.
L’uscita dal programma di protezione
Grazie alla collaborazione di Pino sono state ricostruite le fasi più sanguinose della guerra di mafia a Catania negli anni ’90. L’uomo era a capo del gruppo di Misterbianco, in provincia di Catania, per la famiglia Pulvirenti, facente capo a Giuseppe Pulvirenti, detto ‘u Malpassotu, contrapposto con la cosca di Mario Nicotra. Dopo varie condanne, due settimane fa aveva chiuso i conti con la giustizia.
Secondo l’Ansa, nel 2009 era uscito dal programma di protezione in quanto aveva concordato una liquidazione economica, grazie alla quale ha messo in piedi la sua attività di gioielliere.
Ieri, il sito 'Estreme conseguenze' ha rilanciato una intervista rilasciata nelle scorse settimane dall'ex collaboratore di giustizia in cui l'uomo diceva di temere per la propria vita perché non avrebbe avuto un falso nome di copertura. Ma agli atti degli investigatori non risulta che avesse chiesto una falsa identità. Anzi, a quanto sembra avrebbe rifiutato l'offerta da parte dello Stato proprio di un nome di copertura.
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