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"265 milioni potrebbero non bastare". Necessario nuovo processo d'appello

La Terza sezione civile della Cassazione ha confermato il diritto della compagnia aerea Itavia ad essere risarcita dallo Stato per la strage di Ustica, quando il 27 giugno 1980 precipitò il Dc-9 con 81 persone a bordo. E i 265 milioni di euro dovuti dalle casse statali, come stabilito dalla Corte d’appello di Roma potrebbero non bastare. Così sono stati respinti i ricorsi dei Ministeri della Difesa e delle Infrastrutture accogliendo invece quella società, secondo la quale quei soldi non sono sufficienti a ristorare il danno perché fu costretta alla cessazione definitiva dell’attività per insolvenza dopo uno stop di sei mesi.
Di fatto la Suprema Corte ha convalidato quanto avevano stabilito i giudici civili di merito a ritenere “più probabile” che il disastro di Ustica, dove nel 1980 precipitò il Dc-9 con 81 persone a bordo, sia conseguenza del “lancio di un missile”, condannando i ministeri a risarcire il danno per non aver assicurato la sicurezza nei cieli e l’assistenza al volo. Per decidere sulla ulteriore pretesa risarcitoria di Itavia la terza sezione civile della Cassazione ha disposto un nuovo processo d’appello a Roma che dovrà decidere sulla ulteriore pretesa risarcitoria di Itavia. Secondo Itavia, attualmente in amministrazione straordinaria, nel quantificare il danno i giudici d’appello avrebbero fatto “una indebita confusione” tra il fermo della flotta all’indomani del disastro fino al dicembre 1980 (per il quale il danno è stato riconosciuto) e la revoca della concessione.

Foto © Ansa

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